Carlo Rainaldi (Roma 1611-1691) fu un’importante figura nell’architettura del Seicento romano, anche se tra le meno studiate. Collaborò con il padre Girolamo, “architetto papale” di Innocenzo X, alla realizzazione di palazzo Nuovo in piazza del Campidoglio e a quella di palazzo Pamphili a piazza Navona.
Soltanto dopo la morte di suo padre nel 1655, egli acquistò indipendenza creativa, realizzando le sue opere migliori: la chiesa di Santa Maria in Campitelli (1633-1667), la facciata di Sant'Andrea della Valle (1661-1665), in cui modificò un disegno di Carlo Maderno, e il progetto di notevole valenza urbanistica per le chiese gemellein piazza del Popolo.
Le chiese 'Gemelle'
Le chiese gemelledi Santa Maria in Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, iniziate nel 1662 e terminate nel 1679 con l’intervento di Carlo Fontana, incernierano le tre strade principali irradianti verso il centro della città, via del Babuino, via del Corso e via Ripetta, creando così uno spazio grandioso, che avrebbe accentrato l’attenzione entrando a Roma dalla Porta del Popolo. Ma poiché le aree erano di dimensioni diverse, Rainaldi risolse il problema dell’asimmetria scegliendo una cupola ovale per l’area più stretta di Santa Maria di Montesanto e una cupola circolare per quella più larga di Santa Maria dei Miracoli, ottenendo così l’impressione dalla piazza che gli edifici fossero identici per forma e misura.
Protagonista del barocco romano
Altre opere di Rainaldi furono i progetti per Sant’Agnese in Agone, a cui in seguito subentrò Francesco Borromini, la chiesa del Suffragio in via Giulia (1669-1675), la cappella Spada alla Chiesa Nuova, l'altar maggiore in San Gerolamo della Carità, la facciata e la decorazione interna di Gesù e Maria (1670-1675) e la scenografica abside di Santa Maria Maggiore (1673), in cui l’architetto unì le vecchie cappelle di Sisto V e Paolo V e l’abside medievale fra le due in un grandioso disegno formando un punto di vista che colpiva a distanza. Opera sua è anche la monumentale tomba di papa Clemente IX, sempre a Santa Maria Maggiore. Negli anni settanta e ottanta partecipò a molte imprese minori, come le cappelle in San Lorenzo in Lucina, Santa Maria in Aracoeli, San Carlo ai Catinari, il disegno di tombe e altari ed il completamento di chiese più vecchie. Nel 1660, Carlo aveva mandato disegni a Luigi XIV per il nuovo palazzo reale del Louvre, in un concorso che aveva visto impegnati anche Gian Lorenzo Bernini e Pietro da Cortona.
Rainaldi sviluppò una sua maniera grandiosa tipicamente romana, notevole per le vivaci qualità scenografiche e per una eccezionale simbiosi, estremamente personale, tra il Manerismo con elementi dell’Italia settentrionale e il Barocco maturo dei suoi grandi contemporanei, in particolare Bernini. In realtà Carlo, nato nel 1611, appartiene a una generazione diversa da quella dei tre iniziatori del barocco, Bernini, Borromini e Pietro da Cortona. Questo lo porterà a sviluppare un personale itinerario di sperimentazione spaziale con i mezzi del linguaggio classico, riscoperti nella loro pregnanza e flessibilità sulla scorta di Palladio e degli antichi.
Santa Maria in Campitelli
La più importante delle architetture rainaldiane è la chiesa diSanta Maria in Campitelli, costruita tra gli inizi del 1663 e la metà del 1667. Inizialmente la chiesa avrebbe dovuto essere a pianta ellittica, ma al momento della costruzione il progetto fu modificato, trasformando la navata ellittica in uno spazio biassiale.
Nella pianta finale, la navata longitudinale, a cui si unisce il santuario circolare con il quadro miracoloso della Vergine coperto da una cupola, si apre al centro in ampie cappelle collocate fra cappelle più piccole. Alle cappelle viene dato grande rilievo in alzato grazie alla decorazione con monumentali colonne libere ispirate all'architettura di Andrea Palladio e con le decorazioni dorate degli archi. La navata risulta invece uniformemente bianca ed ha solo pilastri.
Una efficace relazione visiva collega le cappelle al santuario grazie alla ricorrenza della stessa decorazione dorata e della sistemazione delle colonne. In questa straordinaria relazione tra massa, spazio e luce, sottolineate in maniera espressiva, si potrebbe forse leggere un itinerario che interpreta, nel santuario di Santa Maria in Campitelli, il movimento processionale dei pellegrini.
Rainaldi nella critica
Giulio Carlo Argan, in un saggio dedicato a Santa Maria in Campitelli, attribuisce all’architetto una svolta decisiva nell'ambito del barocco: «con le forme della sua architettura – scrive – mira a produrre un'emozione collettiva, così come la musica che accompagna le funzioni tende a determinare uno stato d'animo collettivo: uno stato d'animo in questo caso, di liberazione da una minaccia incombente, da un incubo. Questo crediamo, a volerlo esaminare dal punto di vista della mozione degli affetti, è il pathos della chiesa di Campitelli. Il mezzo della persuasione è il discorso, e per la prima volta una architettura non è sviluppata come la dimostrazione di un teorema o come la rappresentazione dello spazio universale, ma come un discorso».
Aggiunge Paolo Portoghesi che l’architettura di Carlo Rainaldi è da intendere «in senso già "schiettamente moderno", non più "rappresentazione di supremi dettati storici o religiosi", ma "modo di comunicazione umana". Secondo questa tesi l'educazione musicale e i cimenti creativi nel campo della musica sia religiosa che profana potrebbero aver guidato Carlo verso un modo di comporre più libero che ammette correzioni di rotta anche durante la esecuzione e considera lo spazio interno come realizzazione di un percorso psicologicamente programmato».
Rainaldi musicista
Carlo Rainaldi fu infatti anche musicista anche se non è ben documentato da chi il giovane Rainaldi abbia preso lezioni di musica, forse dal padre stesso ma anche al Collegio Romano da Virgilio Mazzocchi e forse più o meno direttamente da Giacomo Carissimi che per decenni insegnò al Collegio Germanico in S. Apollinare. Molto recente è infatti l’attenzione per il Rainaldi musicista, la cui produzione, comprende soprattutto cantate profane per soprano e basso continuo accanto a tre splendidi duetti e due drammatiche Lamentationes per la Settimana Santa.
La datazione delle composizioni musicali rainaldiane, tra il 1640 e il 1670, tra i ventinove anni e i cinquantanove di età, fa capire come la vocazione musicale sia stata per Carlo contemporanea se non precedente quella architettonica. Nel 1640, scrivendo a G.B. Doni Pietro Della Valle, letterato e musicofilo racconta: «Carlo Rainaldi mi promise ultimamente di voler venire a fare un poco di studio sul mio cembalo; e se verrà io non mancherò questi belli studi più che si potrà dal mio canto». Il Passeri ci informa inoltre che suonava squisitamente «il cimbalo, l'organo, l'arpa doppia, la lira, la rosidra e con maniere lievi e soavi». Carlo apparteneva dunque ad una eletta schiera di musicofili che sperimentavano per diletto l'esercizio della musica a testimonianza di un orientamento di gusto volto non solo allo studio della architettura ma curioso di altri aspetti della cultura artistica.