La nascita dell’erotismo moderno
Nel XVIII secolo devono ricercarsi le radici dell’erotismo moderno, inteso come mezzo per il conseguimento del puro piacere, senza implicazioni filosofiche e, soprattutto, religiose. In questo secolo nasce in Francia la figura del libertino, ovvero colui che antepone il raggiungimento del piacere a qualsiasi altro interesse. Come scrive il drammaturgo francese Joylot de Crébillon, “è libertino l’uomo che si serve dell’amore per assicurare il trionfo della propria fantasia a scapito della compagna, che erige l’incostanza a principio e che, cercando unicamente il piacere dei propri sensi e la soddisfazione della propria vanità, non concede nulla al sentimento nell’impresa della conquista amorosa”.
Questa impostazione della vita sentimentale ha un riscontro in pittura nella creazione di un genere artistico che ha il suo soggetto privilegiato nel nudo femminile.
La nuova rappresentazione del nudo femminile
Questo non è certo un tema nuovo di per sé, ma nel settecento cambia il modo di trattarlo. Nei secoli precedenti le donne nude dovevano chiamarsi Susanna o Betsabea, Venere o Danae. Ora invece le opere d’arte possono rappresentare, più semplicemente, donne nude allo specchio o sdraiate sul canapé, senza nessun bisogno di giustificazioni bibliche o mitologiche. Si tratta di quadri perfettamente tollerati, anzi richiesti dalla società settecentesca che mostra così un cambiamento di costume e di moda.
Nella sua Odalisca brunaFrançois Boucher esibisce le grazie femminili senza alcun artificio narrativo, e le forme invitanti e morbide non vogliono rappresentare altro che quel che sono.
Il soggetto può diventare ancora più malizioso e intrigante, come ne La gimblette di Jean Honoré Fragonard, dove tutto lascia supporre che il cagnolino sia l’ignaro compagno di giochi erotici e solitari della fanciulla, che esibisce le sue grazie senza alcuna preoccupazione.
Dai concerti campestri alle feste galanti
Il tema del concerto campestre, caro agli artisti cinquecenteschi e ricco di riferimenti neoplatonici, si trasforma in una metafora degli incontri galanti grazie all’interpretazione di Jeanne Antoinne Watteau. Il suo mondo è popolato di dame e pastorelli di lusso, di fanciulle e cavalieri che amoreggiano all’ombra di un boschetto, magari nei pressi di una statua di Afrodite.
Cornuti e contenti
Era la stessa committenza a richiedere opere con temi sempre più licenziosi. La famosa Altalena di Fragonard fu commissionata dal barone di Saint-Julien, tesoriere della chiesa francese, che chiese espressamente di ritrarlo mentre sbirciava le grazie della sua bella seduta su un’altalena che veniva sospinta da un vescovo. Il barone aveva chiesto l’opera al pittore Doyen, che considerata la licenziosità della scena girò la commissione a Fragonard.
Questi la eseguì con la sola accortezza di sostituire al vescovo un marito cornuto e contento. La classe dirigente richiedeva soggetti spregiudicati che illustravano situazioni di vita reale, per nulla improbabili in una società moralmente tanto accomodante.
L’amore del mistero
A metà Settecento dilaga il gusto del travestimento: le dame amano celarsi dietro velette e ventagli, le signore aristocratiche indossano costumi folcloristici regionali o arricchiscono il guardaroba con abiti ispirati al mondo pastorale o all’oriente. Il ballo in maschera diventa una nuova occasione sociale foriera d’incontri galanti, stimolati dal fatto di sfoggiare acconciature e accessori insoliti e studiati per accendere la curiosità.
La maschera diventa un accessorio diffusissimo nella moda veneziana del XVIII secolo, e ancora oggi la “damina del Settecento” è protagonista di ogni carnevale.
Grazie alla sua tradizione teatrale, alle cortigiane esperte e avvenenti, ai resoconti dei viaggiatori affascinati e alle piccanti memorie di Giacomo Casanova, Venezia diventa la grande capitale della seduzione e dell’erotismo.