Anche Rembrandt, artista brillante e versatile, che affrontò un’ampia varietà di temi, in straordinaria capacità di partecipazione emozionale nei confronti del soggetto rappresentato, perciò di valore universale la sua pittura, subì il fascino della vicenda biblica. In Betsabea con la lettera di David, del 1654, tela conservata al Louvre, come ipotizzato da Freise rappresentò (probabilmente servendosi come modella della governante e balia Hendrickje Stoffels, in seguito divenuta sua compagna di vita), il momento finale della storia, quando, dopo la morte del marito, trascorso il periodo del lutto, Betsabea riceve l’invito del re a diventare sua moglie e si fa preparare dalla propria ancella (interpretazione, questa, confutata, però, dalla Bibbia, in cui si parla di un solo bagno della donna, e sconosciuta alla tradizione figurativa, che al messaggio verbale, Allora David mandò messaggeri a prenderla, aggiunge l’elemento chiarificatore della lettera d’amore).
Qui Betsabea che si prepara all’incontro occupa gran parte del dipinto; ritratta nuda a grandezza naturale, è seduta in primo piano a destra, accanto al bordo della vasca, su una panca coperta da un telo e da una veste riccamente drappeggiata. La testa e le gambe accavallate non seguono il torace e le spalle, voltati di tre quarti rispetto all’osservatore, ma sono ruotate di profilo verso sinistra. Con la mano sinistra si sorregge, nella destra, mollemente posata sul ginocchio, stringe la missiva di Davide, intanto che le lava i piedi una vecchia ancella (della quale sono rappresentati, ombreggiati e segregati nell’angolo inferiore sinistro sulla tela, soltanto pochi elementi: la mano, la testa e il busto).
Ed è Betsabea, con il capo leggermente chinato in avanti, assorta nei propri pensieri, a dominare la scena, assegnando l’artista priorità compositiva esclusivamente al suo corpo nudo, privo di qualsiasi abbellimento, che, illuminato da una chiara luce laterale, è offerto insieme in purezza plastica e delicatezza pittorica, esaltando, così, nonostante la nudità, la “spiritualità” della donna.
Attraverso il corpo femminile, Rembrandt intese esprimere l‘elemento essenziale della vicenda, l’infatuazione di Davide; ritraendo Betsabea in un momento di toccante umanità, illustrare il vero contenuto della storia, non rappresentare la tradizionale consegna della lettera, ma le sue conseguenze.
Betsabea, che stringe la lettera nella mano, con lo sguardo abbandonato a se stessa, in forte tensioneì interiore, in preda al dilemma, ubbidire al re, essere fedele al marito, sola, essendo ininfluente la presenza della vecchia ancella, evidentemente introdotta solo per contrastare con la bellezza e giovinezza della padrona, ed esaltarla (e già nel piccolo dipinto realizzato da Rembrandt nel 1632, purtroppo andato perduto, ma del quale sono rimaste alcune copie, fra cui una, ora custodita nel museo di Rennes, un tempo considerata autografa, Betsabea era associata alla figura ausiliaria della vecchia ancella, infagottata, rimpicciolita, in posizione accovacciata, in allusione all’idea della caducità e transitorietà del tempo), è, dunque, protagonista assoluta, per questo né Davide né il messaggero sono presenti nel quadro, ma chiara collocazione trova la missiva.
Betsabea si offre allo sguardo del lettore in perfetta compostezza; Rembrandt evita gesti agitati, reazioni violente, sarebbero stati inadatti all’evidente tensione interiore della donna che, posta di fronte ad una decisione che solo a lei spetta, alla quale proprio non può sfuggire, medita la risposta.