Il pittoresco nel periodo barocco
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in arte barocca
Origine e significato
Il termine ha storicamente origine in Italia, si afferma come gusto tra Sei e Settecento e approda in Inghilterra dove diventa un vero ideale estetico. Nell’introduzione alla pittura, prima del proemio delle “Vite” (1568), Giorgio Vasari aveva descritto un modo di disegnare a penna detto “alla pittoresca”: si tratta di una tecnica del disegno che mira al senso del colore e al gusto pittorico. Nel corso del Seicento il termine viene utilizzato per descrivere la resa visiva di certi pittori, come Rembrandt. Nel 1660 esce in Italia la “Carta del navegar pittoresco” di Marco Boschini, una guida alla pittura veneziana al suo colorismo, che contiene anche citazioni dell’opera di Rubens, Durer e Velasquez. Il pittoresco si pone tra barocco e romanticismo come un passaggio importantissimo. Prende le distanze dal classicismo perché mira a una ricerca di effetti non sulla ragione ma sul sentimento, sull’emozione e la percezione. Il gusto per le rovine lo avvicina a motivi preromantici, come anche l’immagine della natura spontanea e selvaggia. Il pittoresco, unendosi al sublime teorizzato da Edmund Burke e alla tradizione pastorale della letteratura inglese, vuole offrire una visione suggestiva della vita stessa.
Una nuova visione della natura
Dalla fine del Seicento per tutto il Settecento l’amore rivolto alla natura si basa soprattutto sul piacere dell’irregolarità, dell’intrico, dell’insolito, in opposizione all’armonia del bello classico e neoclassico. Il gusto per le rovine tradisce sentimenti ambivalenti: da un lato un afflato preromantico per la riflessione sulla caducità e finitezza umana, dall’altro lato un rigurgito di classicismo per la nostalgia del tempo passato che le rovine possono suggerire. Questa ambivalenza è chiara nelle opere di artisti come Giovanni Paolo Panini, Sebastiano Ricci, Giovanni Battista Piranesi. La fortuna del pittoresco in Inghilterra inizia con la scoperta della natura selvaggia, con la diffusione del gotico e del sublime, con la moda del Grand Tour e del collezionismo e con la trasformazione dei giardini. Se alla fine del Seicento il termine appare ancora vincolato alla pittura allegorica, nel Settecento è unito alla scoperta della natura secondo un paesaggismo caro ai viaggiatori e ai collezionisti.
I giardini
Nel Grand Tour spicca la figura del viaggiatore sentimentale, fonte di ispirazione per la letteratura inglese del Settecento. I confronti tra il paesaggio inglese e quello di altri paesi, soprattutto italiano, suggeriscono delle modifiche nell’allestimento dei giardini e nel rapporto tra questi e la campagna circostante.I nuovi giardini inglesi, realizzati a partire dagli anni 20 del Settecento, si oppongono al giardino classico francese dove impera la potatura geometrica, la composizione ordinata e simmetrica, contrapponendovi l’uso del capriccio e della rovina. William Kent realizza il giardino di Chiswick con l’obiettivo di ricordare al proprietario, Lord Burlington, i suoi viaggi in Italia. Un altro capolavoro di Kent è il parco di Stowe, dove sono disposti alla rinfusa una piramide egizia, un tempio sassone, una casa cinese, un tempio delle antiche virtù, un ponte in stile palladiano, trofei di ogni epoca e paese, una mescolanza di elementi architettonici classici e del paesaggio con portici sfondati e cupole abbattute tra cipressi, pini, olivi e cespugli fioriti.
Il mondo attraverso una lente
Spesso i viaggiatori pittoreschi erano dotati di una lente chiamata “specchio di Claude”, che ricreava il gusto pittorico nella contemplazione del paesaggio. Era uno specchio concavo dalla leggera colorazione grigia, che mostrava l’immagine riflessa sfumandone i contorni. Il paesaggio vi appariva come in una camera oscura, evocando l’atmosfera coloristica delle opere di un Claude Lorrain. La visione appariva ammorbidita e le distanze appiattite, ma tutte ugualmente a fuoco all’interno di un unico formato miniatura. L’osservatore amante della natura teatralizzava in questo modo la visione.
Differenza tra pittoresco e sublime
Come ha ben spiegato Edmund Burke, il pittoresco è un’estensione del piacevole, riferito ad oggetti e rappresentazioni ritenuti, dalla concezione classica del bello, incapaci di destare un piacere estetico. Il sublime, invece, è un riconoscimento estetico dello spiacevole e del dolore.Sia nel pittoresco che nel sublime esiste il contrasto delle luci e delle ombre; tuttavia, nel pittoresco questo contrasto stimola la curiosità ed accresce la piacevolezza dell’oggetto contemplato, mentre nel sublime questo contrasto è apprezzato perché concorre all’elevazione dell’anima, a quella grandezza capace di dominare il pericolo e la paura che è qualcosa di più del semplice diletto. Nella contemplazione del paesaggio, come nella poesia e nel teatro, il pittoresco punta al semplice piacere dell’osservatore, a dilettare la vista. Il sublime vuole far vibrare la risonanza di un animo grande.