Nel XVII secolo Napoli, governata dagli Asburgo spagnoli, divenne una delle città più popolose e ricche d'Europa, seconda solo a Parigi, con ben 450.000 abitanti e con uno dei porti più importanti. Il viceregno che comprendeva anche la Sicilia era retto da politici spagnoli e da una aristocrazia che svolgeva una vita lussuriosa, nella città partenopea giungevano artisti da tutta Europa; tuttavia, per quanto Napoli fosse tre volte Roma, non divenne un centro propulsivo d'arte ma accolse chi da Roma se ne andava.
La città nel diciassettesimo secolo subì 3 grandi catastrofi: la carestia del 1624, l'eruzione del Vesuvio nel 1631 e la peste nel 1656 che ridusse a metà la popolazione. La vita della città era caratterizzata più che altrove da pauperismo dove contrasti tra sfarzo e sfacelo erano drammatici e caratterizzanti. In quest'ottica l'influenza di Caravaggio e Ribera era più marcata perché si adeguava meglio alla realtà rispetto il classicismo dei Carracci o Reni.
Caravaggio, Sette opere di misericordia, Pio Monte della Misericordia, Napoli
Una scuola pittorica fu fondata solo nel 1755, fino allora gli artisti si formavano con la consueta tradizione medievale della corporazione appoggiata dai gesuiti come la Confraternita dei Santi Anna e Luca de Pittori che, oltre ad insegnare l'arte, assistevano i pittori poveri e bisognosi. La scuola napoletana non si creò attorno a pittori napoletani ma attorno a pittori che, come Caravaggio, arrivarono a Napoli per lavorare.
Fra i più importanti pittori che lavorarono a Napoli ricordiamo: Caravaggio, Gentileschi, Claude Lorain, Poussin, Lanfranco, Salvatore Rosa, Domenichino, Luca Giordano e Ribera che produssero notevoli opere ma, per lo più, ad uso religioso. I committenti laici erano meno esigenti che altrove e la maggior parte delle opere veniva commissionata da aristocratici spagnoli o dai viceré che a fine mandato portavano tutto con se in Spagna come il Conte Monterrey che ritornò nella penisola iberica con 40 navi di opere d'arte.