Rembrandt Harmenszoon van Rijn nasce a Leida nel 1606. Nonostante sia figlio di un mugnaio e cresca nell’orizzonte della piccola borghesia di provincia, coltiva con determinazione la propria passione per la pittura. Non si allontanerà mai dall’Olanda, limitandosi a percorrere la breve distanza tra Leida e Amsterdam; eppure, Rembrandt riesce a confrontarsi su uno scenario internazionale. Affronta con grande originalità i temi più disparati, usando le tecniche più varie: è un disegnatore eccellente, nonché uno dei più grandi incisori della storia (si cimenta soprattutto con la tecnica dell’acquaforte).
A Leida il giovane Rembrandt riceve una prima, rudimentale formazione. Si reca poi ad Amsterdam, sotto la guida del maestro Pieter Lastman che gli insegna lo stile e la composizione della grande pittura classica italiana. Rembrandt mostra subito una predilezione per la pittura “di storia”, e vi si cimenta in competizione con i grandi maestri italiani. Sulla scia di Tiziano, Raffaello, Michelangelo e Leonardo decide di firmare i propri dipinti con il solo nome proprio, tralasciando il patronimico e il cognome. Rientrato a Leida, l’artista si associa con JanLievens: i due giovani pittori lavorano fianco a fianco per alcuni anni. Per ragioni di committenza, Rembrandt dipinge secondo i canoni preferiti dall’ambiente di Leida: opere di dimensioni ridotte, di argomento biblico o letterario, eseguite con precisione estrema in ogni più piccolo dettaglio.
Notato da intellettuali e mercanti d’arte, Rembrandt viene sollecitato a lasciare l’orizzonte provinciale di Leida e a trasferirsi ad Amsterdam. Qui, la sua prima commissione pubblica fa nascere un capolavoro: La lezione di anatomia del dottor Tulp (1632). Il ritratto collettivo è una vera specialità olandese; ai pittori del tempo si chiede di ritrarre gruppi di personaggi per determinate categorie o istituzioni: allegre riunioni di militari per le compagnie di guardie civiche, direttivi di sindaci o di reggenti per le corporazioni, e – appunto – lezioni di anatomia per le scuole di medicina e gli ospedali. Nella lezione di anatomia, il dottor Tulp illustra con la pacatezza dello scienziato l’articolazione nervosa del braccio di un cadavere. Gli astanti si affollano animatamente sulla sinistra del dipinto, con espressioni del viso che spaziano tra l’attento interesse e lo stupore, non privo di un pizzico di disagio.
Lezione di anatomia
La fama di Rembrandt cresce costantemente, e con essa la sua condizione economica. Nel frattempo, anche lo stile dell’artista si trasforma: abbandona il fare minuzioso delle opere giovanili in favore di un’impostazione compositiva monumentale, in dialogo con i grandi maestri del rinascimento italiano ma caratterizzata da un gioco di luci e ombre del tutto personale.
Nel 1642 la sua carriera giunge al culmine con La ronda di notte, dalla composizione varia e dinamica, concepita in termini quasi teatrali, animata da accordi di colore brillante e da riflessi dorati in un risultato di traboccante vitalità pittorica. Ma nello stesso anno, la morte della moglie segna l’inizio di una serie di rovinose disgrazie personali e vicende giudiziarie che portano Rembrandt al completo fallimento (è costretto a vendere all’asta tutti i suoi averi). Il declino di Rembrandt è dovuto anche al mutamento dei gusti del pubblico olandese, poco propenso ad accettare le opere mature dell’artista, apparentemente solo abbozzate e non rifinite, con pennellate libere e grumi di colore.
Il festino di Baltassar (1635)
L’uomo dall’elmo d’oro (1650) dà un’idea della tarda maniera di Rembrandt. La materia è ricca, a impasti molto densi di colore; il chiaroscuro è incupito con fonde tonalità brune rialzate da bagliori dorati e note cremisi; l’atmosfera è raccolta, quasi opprimente; lo stato d’animo dell’uomo ritratto appare venato di stanchezza o sofferenza. Le opere degli ultimi anni sono soprattutto d’ispirazione biblica, e procedono da un’umanità che le esperienze hanno arricchito gradualmente. Un esempio è Giacobbe benedice i figli (1656), ma soprattutto Il ritorno del figliol prodigo (1668) è un capolavoro assoluto per la sua umanità e la capacità di commuovere. Nella parabola del Vangelo, Rembrandt proietta la sua tragica esperienza di anziano padre abbandonato dal figlio; ma al contrario del racconto evangelico, a lui è negata la possibilità di un altro incontro: la morte dell’amatissimo figlio Tito (ritratto in alcuni bellissimi dipinti) avvenuta proprio nel 1668 è il colpo di grazia per l’artista, l’episodio che chiude di fatto la vita del pittore. Rembrandt muore un anno dopo, nel 1669.
Risorsa esterna I dipinti di Rembrandt