Tele, affreschi, incisioni, medaglioni, schizzi su carta: pochi artisti, persino pochi pittori, possono vantare il numero e la varietà di ritratti e autoritratti che conta Gian Lorenzo Bernini .
Molte volte il grande scultore si è guardato allo specchio, narcisisticamente, per lasciare ai posteri la sua immagine: in quei ritratti si coglie tutto il piglio di una personalità orgogliosa e consapevole del proprio stato di grazia, di uno spirito "tutto fuoco" come avrà a dire il suo amico alla corte di Francia, Cavaliere di Chantelou.
Immagini giovanili
E' del gennaio 1622 la prima immagine di Bernini a noi nota: è accanto al padre Pietro, insieme ad un gruppetto di partecipanti alla tumulazione di Paolo V, per il cui catafalco il giovane Gian Lorenzo ha realizzato 20 angeli e 16 allegorie. E' elegantemente vestito e indossa lo spadino.
Pochi mesi dopo appare in un disegno preparatorio e poi in un'incisione di Ottavio Leoni, che lo immortala tra gli intellettuali della corte pontificia e lo qualifica "Neapolitanus": nell'inicisone indossa la Croce di cavaliere di Cristo, che riceve a soli 23 anni da Gregorio XV.
Poco dopo Bernini dipinge quello che pare essere il suo primo autoritratto: l'artista scruta con occhi quasi ipnotici lo specchio e, al tempo stesso, lo spettatore dell'eternità. E' da notare il fondo di tonalità verde, comune a molti ritratti giovanili dello scultore e probabilmente mutuato da certa pittura manierista toscana che doveva aver conosciuto negli anni fiorentini.
Intorno al 1630, il suo spirito autocelebrativo lo porta a ritrarsi nelle vesti di David condottiero, citando l'analogo autoritratto di Giorgione: si presenta con il corpo di profilo e la testa girata verso lo spettatore, in una torsione dinamica tutta barocca; ha in mano lo spadone indicato nel passo biblico e l'armatura con il volto dell'angelo protettore.
All'apice della carriera: l'immagine celebrativa
Nel suo passaggio romano(1629-1635) il pittore e teorico tedesco Joachim Von Sandrart lo ritrae tra gli intellettuali e artisti più illustri dell'Urbe nel suo trattato l'Accademia Todesca: eseguire un ritratto a Bernini è immancabile per i turisti "intellettuali" della prima metà del '600 come 100 anni dopo sarà d'obbligo per i viaggiatori del Grand Tour ritrarre le sue opere magnificenti in giro per Roma. In quegli stessi anni (1628) viene immortalato da Guido Abbatini persino in un affresco sotto le Logge delle Reliquie, nell'atto di mostrare il progetto della struttura ad Urbano VIII.
La persona di Bernini è essa stessa un monumento all'arte e contiene in sè qualcosa di sacro, ineffabile, il segreto stesso di quel talento che tanti artisti (e lui stesso) cercano forse di carpire e di fissare sulla tela per sempre in quei ritratti.
Uni degli autoritratti più belli si presenta dimezzato: era unito in origine a quello dell'amante Costanza Bonarelli, amata apassionatamente e poi odiata al punto di sfregiarla in volto per gelosia. Lo sguardo penetrante nel volto affilato guarda fisso lo spettatore, mentre il corpo si presenta di profilo stagliandosi sul solito sfondo verde marcio. In questo periodo si colloca un altro bell' autoritratto, realizzato a matita su un foglio e donato al cardinale Flavio Chigi.
All'inizio degli anni trenta si colloca il ritratto dipinto dal genovese Giovan Benedetto Castiglione, che soggiorna a Roma tra il 1632 e il 34: Bernini è ritratto in abiti eleganti e ricercati, con un grande cappello alla moda, alto colletto e una massiccia catena d'oro. Molti contemporanei ci descrivono lo scultore come un uomo sofisticato, che spendeva grandi fortune per gli abiti da indossare nei palazzi degli amici altolocati e delle committenze più in vista, amante dell'eccentrico e dei gioielli vistosi, che spesso rappresentavano una parte del pagamento per i suoi busti celebrativi.
L'effige di Bernini campeggia persino su un medaglione di Francois Cheron, che lo ritrae ancora energico e dotato di una fluente capigliatura, mentre sul retro vi è un enigmatico emblema ancora non decifrato.
Le proporzioni dell'ego di Bernini sono facilmente intuibili da questo episodio: durante il soggiorno parigino, la prima volta che il suo accompagnatore Chantelou lo conduce davanti al potentissimo Ministro delle Finanze di Luigi XIV Colbert, Bernini estrae un foglio ed inizia a tracciare le linee di un ritratto a sanguigna. Il cavaliere francese pensa che l'artista voglia imoressionare e far sfoggio di capacità e perizia eseguendo velocemente un ritratto del ministro da donargli.
In realtà sta eseguento un autoritratto allo specchio, che ha l'ardire di donare effettivamente a Colbert: non c'è da stupirsi se i rapporti tra i due saranno sempre tesi e Bernini sarà da molti considerato a corte un megalomane sbruffone.
Immagini della maturità e della vecchiaia
Più volte il suo allievo prediletto, Giovan Battista Gaulli detto Baciccia, che tradurrà in pittura l'estetica architettonica berniniana, riprende il volto del maestro: il primo è del 1666 e ritrae Bernini a mezza figura, con la mano destra alzata nell'atto di argomentare, proprio come aveva spiegato ai suoi allievi che dovesse essere impostato un ritratto verosimile.
Nelle Vite del Pascoli apprendiamo infatti che il Baciccio dipingeva in uno stile tutto contrario al generale e comune; e diceva averlo appreso dal Bernini, il quale nel ritrar le persona non voleva che stessero ferme e chete, ma che parlassero".
Nel 1674 Cheron esegue un'altra medaglia celebrativa: Bernini, avvolto in un ampio mantello, si presenta già stempiato e sull'allegoria del verso della medaglia campeggia un motto che ben descrive ai posteri come venisse percepito l'anziano artista a quel tempo: "Singularis in singulis - in omnibus unicus". Nemmeno il Re Sole era stato omaggiato con una tale dichiarazione di superiorità su un medaglione celebrativo: il suo "nec pluribus impar" suona al paragone decisamente più dimesso e meno pretenzioso!
L'ultimo stadio dell'artista è ben testimoniato dal ritratto a mezzo busto del Baciccia, poi ripreso in altre due tele più grandi e solenni, a figura più completa, sempre con l'elegante abito grigio da aristocratico, la mano gesticolante e la bocca dischiusa nell'istante prima di iniziare un discorso.
Il pizzetto leggermente mosso, il sopracciglio sinistro un pò inarcato, gli occhi gonfi e arrossati, le gote subizze, il colletto in movimento: sono tutti particolari che ci fanno pensare ad una ripresa dal vivo, magari proprio durante una lezione nella sua a quel tempo ancora viva e affollatissima bottega. Alla soglia degli 80 anni il "regista del barocco" cova ancora sotto la cenere delle rughe quella personalità "tutta fuoco" con la quale aveva incendiato l'intera Europa e l'aveva fatta ardere di meraviglia e rinnovamento.
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