Il tromp-l'oeil è un'espressione francese che vuol dire inganna occhio e viene usata per indicare quei dipinti, generalmente sovrapposti, in cui la riproduzione di oggetti della vita reale viene attuata con uno studio così accurato della prospettiva, degli effetti luce, dei colori, da dare l'illusoria sensazione di realtà.
Anche se la tecnica era già in uso nell'antica Grecia, nell'antica Roma e nel periodo rinascimentale (la Stanza degli sposi, nel castello di San Giorgio a Mantova, opera del Mantegna ne è un esempio), il tromp-l'oeil divenne una moda nel periodo barocco e nel Settecento.
La retorica dello "stupore"
Il linguaggio pittorico si appropria del codice retorico e allegorico per essere massimamente convincente e comunicativo, ma quest codice è come sintetizza il Cavalier Marino, teso ad un unico scopo "il fin, la meraviglia". Lo stupore e la spettacolarità sono ancora maggiori se resi tramite dell'illusione, in un gioco sottile tra reale e fantastico. In questo ambito si inseriscono le soluzioni decorative così dette a "quadro riportato" o quadrature , in cui la scena è inserita in una quadratura o cornice architettonica dipinta, spesso con vari elementi ornamentali come festoni, putti, motivi geometrici o figure di nudi.
Capostipiti di questa pittura "illusionistica" sono il carro del Sole che Guido Reni dipinge nel 161, seguita dall'Aurora di Guercino sul soffitto del Casino Ludovisi (1623), ma è con il Trionfo della Divina Provvidenza (1633-39) con il quale Pietro da Cortona "sfonda" il soffitto di Palazzo Barberini su commissione di Urbano VIII: è un opera complessa, strabiliante, dove l'illusione scenografica delle figure che si muovono sullo sfondo del luminoso cielo aperto e le strutture a finta architettura raggiungono una compiutezza puramente barocca e superano ogni altra invenzione illusionistica precedente. L'idea complessiva del Trionfo della Divina Provvidenza e i suoi elementi decorativi diventano un repertorio replicato con varianti per tutto il secolo.
La cupola che si vede, ma non c'è
Al culmine delle tecniche di illusionismo pittorico c'è la soluzione che Padre Pozzo sceglie per la chiesa dei Gesuiti di Sant'Ignazio nel 1685: per la cupola non viene realizzata una vera e propria struttura archittetonica ma un dipinto prospettico su tela. La calotta è illusionistcamente percepita e contemporaneamente vista come reale, ma è importante evidenziare che in questo caso non c'è esplicità volontà di ingannare l'occhio (tanto che l'unico punto di vista che permette di osservare la cupola perfettamente costruita è la navata, cioè lo spazio destinato al fedele), ma la deliberata volontà di stupire tramite un artifico palese, un mirabile esercizio della tecnica prospettica e pittorica utilizzato ad arte e disvelato nel suo stesso apparire autentico.
Il confine concettuale, sottile ma sostanziale, tra inganno e stupore didascalico in senso barocco è esplicitato mirabilmente dalla parole del cardinale Pallavicino, grande estimatore d'arte e mecenate di Bernini, che nel 1645 aveva scritto:" e generalmente ogni professor d'arte imitatrice tanto più è lodevole, quanto più inganna; avvegnanchè uell'inganno stesso poi conosciuto, generando nuova ammirazione, divien maestro di verità".
L'opera è il riflesso delle sperimentazioni scenografiche che Pozzo aveva condotto per alcuni anni su finte cupole e dagli studi di matematica e di cosmologia di Galileo e Keplero, che portano all'applicazione della geometria descrittiva in campo architettonico e quindi la prospettiva verso nuovi sviluppi.
Esempio di tromp-l'oeil, opera di Andrea Pozzo, nella chiesa San Francesco Saverio di Mondovì.