Michelangelo Merisi è a Roma da quasi tre anni quando, nell' autunno del 1595, accetta l'invito del Cardinale Francesco Maria del Monte ad entrare al suo servizio e frequentare la sua residenza di Palazzo Madama. All'interno del palazzo, oggi sede del Senato, il cardinale custodiva una ricca collezione di strumenti musicali e di spartiti antichi incentrata, com'era uso dell'epoca, soprattutto sulla produzione dei secoli XIV e XV.
La collezione, che faceva bella mostra di sé in un sontuoso salone espressamente dedicato alla musica, deve di certo aver colpito Caravaggio che aveva avuto facoltà di poter visionare i singoli pezzi e sfogliare i numerosi spartiti manoscritti ogni volta che lo volesse.
Inoltre il pittore poteva respirare all'interno del palazzo un clima stimolante e incontrare personaggi interessanti della scena intellettuale dell'Urbe, soprattutto in occasione dei frequenti concerti organizzati dal cardinale, ai quali egli stesso prendeva parte. "Sappiate che io suono di chitarriglia et canto alla spagnuola", scriveva a un amico ed era in contatto con i più importanti musicisti e cantanti della Roma di Clemente VIII, tra cui spiccavano Emilio de' Cavalieri e il castrato spagnolo Pedro Montoya, cantore nel coro della cappella Sistina. Pare che Michelangelo fosse rimasto fortemente colpito dalla bellezza e dall'espressività del cantante e che addirittura lo abbia utilizzato come modello in qualche tela.
Non è quindi causuale che la prima opera realizzata da Caravaggio alla committenza del Cardinale del Monte sia di carattere musicale. Giovanni Baglione (1566–1643), pittore e biografo di artisti, che operò principalmente a Roma tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, uno dei biografi del Caravaggio nonché suo acerrimo nemico e concorrente, descrive così questa prima tela: "una musica di alcuni giovani ritratti al naturale, assai bene". Si tratta del Concerto di giovani e nell'accuratezza con cui ritrae gli strumenti e lo spartito che uno dei personaggi tiene in mano, il pittore dimostra già una chiara familiarità con l'ambiente musicale della Roma di fine '500. La città all'epoca era una fucina artistica e culturale vivacissima e le occasioni di ascoltare virtuosi provenienti da tutta europa erano all'ordine del giorno, nelle chiese come nelle residenze private. Nell'ambiente aristocratico il talento musicale era tenuto in alta considerazione e in questo clima il cardinale Del Monte aveva un ruolo di primo piano: tuttavia egli non era l'unico musicofilo e mecenate appassionato, ma condivideva questo interesse con Ferdinando dè Medici, il cardinale Alessandro Montalto e il nipote del papa, cardinale Pietro Aldobrandini.
Per il Concerto di giovani è fuori dubbio che il Caravaggio abbia preso a modello degli strumenti e delle partiture presenti nella collezione di Palazzo Madama. Nonostante il cattivo stato di conservazione, possiamo riconoscere il brano trascritto sulla partitura del dipinto, effettivamente facente parte della ricca biblioteca musicale del cardinale: è un madrigale di Jacques Arcadelt (1505-1568), compositore fiammingo che dal 1539 fu attivo a Roma, prima presso la Cappella Giulia poi come maestro della Cappella Sistina.
Anche la seconda opera realizzata per il cardinale, il Sonatore di liuto, ha soggetto musicale e anche in esso compaiono due madrigali stampati nel medesimo libro primo di Arcadelt ma di due autori a lui contemporanei: il fiammingo Jaques de Berchem e il fiorentino Francesco de Layolle, organista e compositore che fu, tra le altre cose, maestro di musica di Benvenuto Cellini. Il quadro rappresenta un giovane suonatore di liuto con lo spartito musicale posato sul tavolo, accanto a uno splendido vaso di fiori in cui si scorge il riflesso di una finestra:: "E questo", conclude Baglione, "[ Caravaggio disse] che fu il più bel pezzo, che facesse mai".
Tuttavia esiste una seconda versione di questo dipinto, eseguito per Vincenzo Giustiniani, in cui sullo spartito sono ritratti brani differenti dalla versione Del Monte: quattro madrigali di Arcadelt.
Ancora alla committenza del cardinale, Caravaggio realizza l'Amor Vittorioso, catalogato negli inventari di Palazzo Madama semplicemente come “Una musica”. Nella tela uno splendido violino e un gigantesco chitarrone, anch'essi elementi della collezione Del Monte, troneggiano in voluto disordine ai piedi del dio fanciullo, tra squadre e armature. Posato tra gli oggetti, vi è anche uno spartito, riconoscibile questa volta con minor matematica certezza: il manoscritto non è in primo piano e le dimensioni delle note sono ai limiti della leggibilità, tuttavia si può pensare con molta probabilità che possa trattarsi di un brano per liuto e voce di Noel Balduin, autore molto in voga al tempo.
Nel suo angusto e misero alloggio al numero 22 di vicolo dei Santi Cecilia e Biagio (oggi del Divino Amore), nel malfamato Rione Campo Marzio, Michelangelo cerca di sbarcare il lunario, tra una committenza illustre e l'altra ma spesso non è neppure in grado di pagare l'affitto spendendo ogni suo avere al gioco o con le prostitute di cui il quartiere pullula. Viene più volte sfrattato e per rivalersi del mancato pagamento il padrone di casa fa' l'inventario dei suoi beni: dentro un baule di cuoio nero, ci sono un paio di pantaloni e un giubbotto stracciati, una chitarra, un violino, due specchi, dei libri, un pugnale e un paio di orecchini. Tutti oggetti ritratti nei suoi quadri. Gli strumenti musicali, inoltre, rivelano come il pittore si dilettasse personalmente anche nella musica, suonando da autodidatta melodie popolari di ispirazione spagnola come ricercari, passacaglie e follie, molto in voga a Roma in quel periodo e di certo ascoltate da sonatori ambulanti tra i vicoli del suo quartiere.
La musica non abbandonerà mai Caravaggio, neppure quando dovrà fuggire trafelato di notte da Roma, accusato dell'omicidio di Ranuccio Tommasoni: tra i pochi beni che arrafferà di fretta ci sono di sicuro i due flauti (e forse un piccolo violino) che verranno ritrovati accanto al suo letto, nell'ospedale della Confraternita di Porto Ercole alla quale era stato affidato in preda alle infezioni intestinali e in cui concluderà la sua travagliata esistenza il 18 luglio 1610.
Musica, Storia e Divinità
La presenza di spartiti reali è un elemento che conferisce storicità e veridicità a tutte le scene musicali del Caravaggio, che altrimenti sarebbero idilliache e atemporali, collocando nello spazio e nel tempo figure eteree o addirittura ultraterrene, come nel caso dell' Amore vittorioso. I personaggi del Concerto di giovani sono abbigliati secondo fogge decisamente fuori moda per il tardo XVI secolo, che in qualche modo vogliono rimandare all'antichità classica, e addirittura sono affiancati da un Cupido, che contribuisce ad accentuare il carattere simbolico e senza tempo: tuttavia la pesenza degli strumenti e dello spartito di Arcadelt riporta la scena arcadica su un piano tutto umano e la colloca nella Storia, tanto che il Cupido, in secondo piano rispetto agli elementi musicali, sembra quasi un giovanetto della compagnia e non più una divinità.
Il Caravaggio, pur risentedo del clima controriformista che, specialmente nella città papale, volle dare grande impulso alla musica, elevandola a perfetta forma della celebrazione di Dio e a somma disciplina dell'elevazione dell'animo, inverte come solo lui sa fare il senso ascendente delle melodie protobarocche: le note non sono più un mezzo attraverso cui l'uomo si eleva a Dio, ma raffinato e mirabile prodotto umano capace di portare sulla terra la divinità e di incastonarla nella Storia, ponendola quasi su un piano paritario alle sue ribelli e meravigliose creature.
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