Esponente autorevole della grande stagione della ritrattistica inglese, Joshua Reynolds nasce a Plympton Earl, nel Devonshire, nel 1723. Il padre, Reverendo Samuel Reynolds, professore di latino, è il primo maestro del ragazzo, che dimostra ben presto uno spiccato interesse per i manuali di pittura e prospettiva come il Saggio sulla teoria della pittura di Richardson. A 12 anni lascia Plympton per andare a Londra dove diventa allievo di Thomas Hudson, ritrattista alla moda; ma nel frattempo guarda con attenzione alla pittura di Hogarth e Ramsay. Dopo 3 anni di soggiorno Joshua torna nel Devonshire, e qui dà inizio alla sua prima attività artistica, dipingendo quadri mediocri sullo stile del maestro.
Decisivo per la sua carriera è il viaggio in Italia: nel 1749 s’imbarca su una nave diretta ad Algeri, ma un incidente lo trattiene a Minorca per cinque mesi e giunge a Roma solo nel ’50. Durante la permanenza nell’Urbe nel biennio 1750-52, interrotta solo da brevi sostea Firenze, Bologna e Venezia, è particolarmente attratto dalla statuaria classica e dalla pittura del Cinquecento: dall’opera di Raffaello (anche se la sua parodia feroce della Scuola di Atene dipinta da Raffaello nelle Stanze Vaticane potrebbe far pensare a una volontà di prender le distanze dal solenne decoro che caratterizza l’arte cinquecentesca) e soprattutto di Michelangelo, per il quale nutrirà sempre una profonda ammirazione, considerandolo il sommo genio dell’arte. Di fatto Reynolds, anche se respinge la qualifica di accademico, guarda con sincera ammirazione all’arte classica, sia antica che moderna. Una delle cause maggiori del cambiamento di gusto nell’arte inglese del ‘700 risale appunto all’esperienza italiana di Reynolds, poiché per la prima metà del secolo i pittori anglosassoni avevano guardato soprattutto alla scuola olandese e fiamminga. Il suo stile pittorico assolutamente personale si giova della lezione dei grandi cinquecentisti veneti, da Tiziano a Paolo Veronese, oltre che della pittura di Rembrandt, Rubens e Van Dyck.
Nel 1753 Reynolds si stabilisce a Londra assieme al suo aiuto italiano, Giuseppe Marchi, che gli rimarrà al fianco per tutta la vita. Il successo non si fa attendere: non soltanto “sir Joshua” diviene il ritrattista più ricercato e più pagato d’Inghilterra, ma anche la massima autorità nel campo dell’arte e della cultura, fino a diventare nel ’68 il primo presidente dell’Accademia Reale. Si allontanerà da Londra soltanto per un breve viaggio in Belgio e Olanda nel 1781, dal quale riporterà un vivo interesse per le risorse drammatiche del colore e per il gesto momentaneo e impetuoso, che ha ammirato nei quadri di Rubens. Lavora instancabilmente, impiegando allievi e assistenti, per sostenere le vertiginose richieste della sua clientela, ansiosa di farsi ritrarre. Negli ultimi anni della sua vita soffre di una graduale perdita della vista, finché nel 1789 è costretto ad abbandonare il lavoro. Muore tre anni dopo e viene sepolto nella cattedrale di San Paolo, con funerali grandiosi.
Lady Suzanna Beckford, 1756
“Dannazione! Ma quanto riesce ad essere vario!”, esclamò nei suoi confronti Thomas Gainsborough. I ritratti di Reynolds offrono infatti una varietà vertiginosa di immagini, le quali si adeguano alla classe sociale del committente raffigurato. Il ritratto della Signora Scott, ad esempio, è l’immagine della sofisticata donna “alla moda”.Con le tele di Reynolds, il genere del “ritratto di società” assurge alla dignità di una vera e propria epica, che fa dei personaggi più degli esempi che degli individui, accentuandone il significato storico-morale. Gainsborough e Reynolds lavorano entrambi nella capitale inglese, e sono istintivamente due amabili rivali, seppur molte opere di Reynolds a partire dal ’74 –anno dell’arrivo a Londra del concorrente – risentono della forza ritrattistica e paesaggistica di Gainsborough.
Il programma estetico di Reynolds è esposto nei Discorsi accademici: quindici conferenze sull’arte in cui il maestro sottolinea anzitutto l’importanza che ha l’arte del passato nella formazione del giovane artista. I suoi ritratti ripetono spesso modelli classici, come Il Commodoro Keppel (1754) che si rifà all’Apollo del Belvedere. Reynolds eccelle anche nel ritratto infantile, che grazie a lui raggiunge in Inghilterra i suoi più alti risultati e una diffusione prima sconosciuta. Giocati sui toni del carminio, dell’ocra, dell’oltremare, questi esiti raggiungono le vette di una insuperata poesia come nel celebre ritratto di Miss Bowles.
Se i ritratti erano considerati all’epoca un genere inferiore rispetto alle “pitture di storia”, Reynolds ha saputo unire i due generi artistici: il personaggio esegue un’azione o un gesto che non si localizza in un tempo cronologico ma diventa immagine, simbolo di un’idea. La pittura non ha una funzione dimostrativa, e neppure realistica: attraverso il soggetto il pittore vede la società nella sua figura storica. Crea dei ritratti che non intendono esaltare né l’eroismo, né la grandezza dell’uomo, ma soltanto riprodurre i tipi di una società umana “rispettabile”, sempre riproponibile nei secoli. Come riferisce il Roberts, ancora intorno al 1900 poteva succedere d’incontrare in Inghilterra delle vecchie signore che si riferivano abitualmente al pittore chiamandolo “sir Joshua”, come se si trattasse di un membro del loro stesso circolo, scomparso solo da poco.