Sarebbe troppo sintetico separare la pittura da cavalletto, la pittura di interni di chiese e di palazzi e la pittura illusionistica dell'epoca barocca.
Anche la grande pittura decorativa, che corre sulle pareti, i pennacchi e le cupole o finge la loro presenza e fa entrare le nuvole e il cielo all'interno delle mura, fa parte dell'impeto pittorico del barocco.
Giovanni Lanfranco, Il concilio degli dei (1624-25), Galleria Borghese, Roma
Fra i successori dei Carracci, alcuni si distinsero per il talento e la personalità: Giovanni Lanfranco fu un eccellente decoratore barocco per la cura dell'aspetto tecnico, per l'abilità nella prospettiva e per l'audacia negli scorci. Lavorò, dopo Domenico Zampieri, detto il Domenichino, alla Gloria del Paradiso nella cupola diSant'Andrea della valle; nel duomo di Napoli, terminò Il Paradiso della cupola nella Cappella di San Gennaro.
Il Domenichino (1581-1641) sviluppò un temperamento molto diverso, meditativo e rigoroso nella costruzione e nell'espressione, capace tuttavia dell'emozione più profonda come testimonia "L'ultima comunione di San Gerolamo" (1614 Vaticano), una delle espressioni più alte della vecchiaia e del tema eucaristico.
Guido Reni (1575-1642), stabilitosi a Bologna nel 1614, divenne maestro della pittura chiara, dalle tendenze classicheggianti e drammatiche. Il suo registro fu molto vario, dall'armoniosa Aurora del casino Rospigliosi Pallavicini (1613, Roma), al ritratto della madre, notevole per la vita interiore e la schietta dignità, passando per Il massacro degli innocenti, di un patetismo intenso.
Franceso Albani (1578-1660) mostrò un talento ingegnoso e aggraziato; Giovanni Francesco Barbieri, dettoGuercino, possedeva una personalità più forte, notevole nell'espressione della vita religiosa (San Guglielmo d'Aquitania, 1620, Bologna) quanto nelle immagini di seduzione (L'Aurora, 1621, Roma, casino Ludovisi);Pietro da Cortona fu in grado di unire le fonti antiche, la fermezza e la chiarezza della composizione e il sentimento drammatico. A Roma partecipò alla decorazione ad affresco di Santa Bibiana, rappresentando, in particolare, il rifiuto della martire di sacrificare agli idoli e dipinse L'Elogio di Urbano VIII sul soffitto del grande Salone di Palazzo Barberini e contribuì notevolmente allo sviluppo della residenza monarchica decorando l'appartamento dei pianeti a Palazzo Pitti, incarico portato a termine da Ciro Ferri.
Tuttavia il barocco non esercitava un dominio assoluto: a Roma, Andrea Sacchi (1599-1661), allievo di Albani, predicava la semplicità e Carlo Maratta (1625-1713) accentuava questo atteggiamento di reazione.
Il genovese Alessandro Magnasco, detto il Lissandrino (1667-1749), sviluppò un'arte originale, brillante, violenta, fantastica, spesso caricaturale. I pittori di scuola napoletana univano il barocco e l'impeto decorativo in scene di battaglie o di marine, nè è un esempio Salvatore Rosa (1615-1673), e nelle grandi composizioni come testimoniano le opere di Luca Giordano (1632-1705) e di Francesco Solimena (1657-1747). Giordano godette di una tale fama che soggiornò per dieci anni alla corte di Madrid.
La decorazione illusionistica rimaneva una tendenza fondamentale; Giovanni Battista Gaulli, detto il Baciccia(1639-1709), nella chiesa del Gesù, dipinse La gloria del nome di Gesù nella navata e L'adorazione dell'Agnello nell'abside. Il Baciccia fu, rispetto al XVII secolo, un maestro del trompe-l'oeil e, rispetto al XVIII secolo, un precursore della sua grazia e dei suoi colori.
Il frate gesuita Andrea Pozzo (1642-1709) provò fino a quale punto la decorazione con prospettive finte e l'architettura effimera fossero inseparabili. Rappresentò nella navata di Sant'Ignazio a Roma, la gloria del fondatore della Compagnia (1685); il suo trattato Perspectiva pictorum et architectorum (1693) diffuse modelli di chiese e di altari per le diverse celebrazioni della vita religiosa e anche schemi di composizione per l'architettura illusionistica.