Per l'arte e la pittura del seicento, come nel secolo precedente, tutto iniziò in Italia, in particolare a Roma dove la chiesa cattolica, aiutata dai gesuiti, riaffermò la sua forza dopo i colpi ripetuti della Riforma.
Così Gianbattista Passeri nel 1673 ci racconta: ‘Quando Urbano VIII diventò papa, si palesò davvero in che misura fosse ripresa l'epoca d'oro della pittura romana'. I pontefici si sentivano eredi dell'Impero Romano e volevano riportare la capitale alla grandezza antica. Arrivarono così artisti da tutta Europa per studiare, lavorare e creare; difficilmente un pittore italiano andava all'estero, se non su ricca commissione. Per approfondire leggi anche: La Controriforma e la pittura.
A Roma trionfarono sicuramente la magniloquenza chiassosa del Bernini, la potenza cupa, contenuta, come emergente dall'ombra, di Caravaggio, il gusto del monumentale, del trompe-l'oeil e delle prospettive immense di Andrea Pozzo, pittore dell'illusione, dello spazio, dell'espansione.
Caravaggio, Madonna dei Pellegrini (1603-1605), Chiesa di Sant'Agostino, Roma
Il mutamento culturale della città si ebbe già con l'elezione di Paolo V Borghese nel 1605; i papi successivi rinforzarono la controriforma e con Scipione Borghese si unì, alle esigenze del potere, anche una ricca propensione al lusso. Ogni nuovo pontificato era segnato dalla costruzione di una nuova villa, una cappella di famiglia e di nuove chiese o collezione d'arte. Roma divenne quindi la metà degli artisti ambiziosi e non solo grazie agli incarichi e alla possibilità di ascesa sociale.
Urbano VIII divenne papa a soli 55 anni e, spinto dal gusto per il lusso, utilizzò artisti come Bernini e Borromini per smorzare l'austerità della controriforma.
San Pietro fu ricostruita e trasformata per essere la maggior chiesa del mondo cattolico.Tra le nuove chiese ricordiamo Santa Maria della Pace, Il Gesù, S. Ignazio, S.Andrea al Quirinale e S. Carlo al Corso poiché furono arricchite da grandiosi affreschi.
Immenso fu il fermento suscitato dall'apparire del Caravaggio a Roma; l'importanza della sua rivoluzione luminosa trascende i limiti della sua epoca: due secoli di pittura europea sarebbero inconcepibili senza di lui.
Caravaggio seppe fare della luce la trama stessa delle sue opere; è proprio la luce che fa emergere dall'ombra una linea, un gesto, un'espressione, un colore che mette in evidenza composizioni dove la linea obliqua svolge un ruolo fondamentale; quest'ultima, che si trova al cuore di questo chiaroscuro teatrale o intimo, dà la misura del talento potente, originale e audace del pittore.
Una folla di pittori subì il fascino di questo incompreso e solitario artista: Orazio Gentileschi e la figlia Artemisia, Giovanni Battista Caracciolo detto il Battistello, sensibile rappresentante della forte scuola napoletana, per ricordare soltanto alcuni dei più significativi.
Per altra via la scuola dei bolognesi Carracci segnò un rinnovamento, superando lo stilismo manieristico cinquecentesco. Il classicismo dei Carracci sfociò, da un lato, nella grande decorazione barocca, che ebbe il suo modello nella Galleria Farnese dipinta a Roma da Annibale Carracci, creatore anche del paesaggio “eroico”, dall'altro, nella pittura dei seguaci bolognesi, che segnarono un sempre maggior distacco dalla corrente caravaggesca, con il Domenichino, pittore di un rigoroso equilibrio, con Guido Reni, dalla idealistica eleganza e con Francesco Albani, autore di Allegorie dalla grazia arcadica e manierata.
Una malinconica sensibilità al colore e alla luce del Caravaggio ebbero il Guercino il giovane, Giovanni Lanfranco, con il suo virtuosismo di decoratore e Pietro da Cortona, aperto al colorismo tonale della scuola veneta.
Tuttavia Roma, città simbolo, non è tutta Italia: da Torino a Venezia, da Milano a Napoli, è il paese intero che contribuisce allo sviluppo del Barocco.