Trascurando quella che sarà la particolarissima parentesi mozartiana si può affermare che l'opera buffa tardo-settecentesca visse il suo momento di maggior splendore con l'attività di due compositori appartenenti alla celebre quanto florida Scuola Napoletana: Giovanni Paisiello e Domenico Cimarosa. Fatto tesoro delle premesse fissate da Carlo Goldoni, i due alfieri dell'opera buffa impararono a sfruttare il nuovo lato patetico della commedia scrivendo pagine che seppero presto imporsi sul gusto del pubblico europeo di Vienna, Napoli, Venezia e San Pietroburgo.
Opere come Il Barbiere di Siviglia (1782), Nina ossia La pazza per amore (1789) di Paisiello o Il matrimonio segreto (1792) di Cimarosa si imposero quali pietre di paragone per qualsiasi compositore che decidesse di impegnarsi nell'opera buffa rimanendo tuttavia insuperate fino al passaggio della meteora rossiniana. Furono pochi i compositori che riuscirono a ricavarsi uno spazio all'interno della produzione italiana della seconda metà del settecento dominata da Paisiello e Cimarosa, tra questi vanno ricordate le due gradi personalità di Antonio Salieri, autore di molte opere buffe tra cui Le donne letterate (1770), La grotta di Trofonio (1785), Falstaff (1799)e Pasquale Anfossi, autore di rinomati lavori come La finta giardiniera (1774) e Il curioso indiscreto (1777).
Dal Matrimonio segreto di Giovanni Paisiello(1792): tezetto Cosa farete
La produzione di questo periodo, che abbraccia gli ultimi tre decenni del XVIII secolo, è caratterizzata da una totale maturazione del genere comico e quindi da una raggiunta consapevolezza musicale che si fossilizza su tipi ben delineati. L'orchestrazione dei nuovi lavori è ricca di sfumature e utilizza tutti gli elementi dell'orchestra dando ai fiati particolare importanza, soprattutto nelle arie languide di solito affidate al soprano. Anche la divisione del ruoli subisce una concreta affermazione fissandosi sugli stereotipi della pupilla oppressa (soprano), del tutore barbogio (basso buffo), dell'innamorato (tenore di mezzo carattere) e del deus ex machina che si adopera affinché l'atteso lieto fine possa trionfare (basso cantabile o baritono buffo).
Sono dunque questi gli schemi dell'opera buffa che dall'Italia si allargherà in tutti gli stati europei coinvolgendo nei suoi mirabolanti giochi molti compositori stranieri. Tra questi spicca in particolare Franz Joseph Haydn che si dedicò con attenzione proprio al repertorio italiano mettendo in musica alcuni libretti di Carlo Goldoni tra cui Lo speziale (1768)e Il mondo della luna (1777).
L’espandersi dell’opera buffa negli stati europei contribuì certamente allo sviluppo del teatro comico in lingua tedesca prima praticato solo nella forma del Singspiel, sorta di opera in musica composta da arie, duetti e terzetti intervallati da dialoghi recitati. Ma la grande rivoluzione tedesca aspettava Wolfgang Amadeus Mozart, genio indiscusso del panorama operistico di fine secolo che fece dell’opera italiana l’espressione più alta del teatro musicale contemporaneo. I viaggi compiuti dal giovane Salisburghese col padre in Italia e la frequentazione di alcuni tra i maggiori esponenti della cultura napoletana, tra i quali Niccolò Piccinni, fecero di Mozart soprattutto un appassionato dell’opera buffa, genere che saprà sviluppare con un un’inventiva senza precedenti. A parte alcuni lavori giovanili, ancora saldamente legati allo stile napoletano come La finta semplice, i capolavori di Mozart, raggruppati nella celebre trilogia su libretto di Da Ponte, Le nozze di Figaro (1786), Don Giovanni (1787) e Così fan tutte (1790), si posero immediatamente su un altro piano drammatico esaltando l’aspetto patetico delle diverse vicende senza mai cadere nel manierismo o nei facili effetti orchestrali. L’opera buffa mozartiana si apre quindi alle nuove tematiche sociali, basti pensare alla profondità di certe pagine de Le nozze di Figaro, forse il lavoro più critico e innovativo di Mozart.
Le nozze di Figaro (1786) di W.A.Mozart, atti I e II
Perché l’estro del Salisburghese possa dirsi almeno eguagliato bisognerà attendere il primo decennio del XIX secolo con l’avvento del più grande esponente della rinata opera buffa italiana: Gioachino Rossini, autore di capolavori indimenticabili quali L’Italiana in Algeri (1813), Il barbiere di Siviglia (1816), La Cenerentola (1817), senza dimenticare le riuscitissime prove giovanili de La cambiale di matrimonio (1810), La pietra di paragone (1812), L’inganno felice (1812) e La scala di seta (1812). Attraverso Rossini l’opera buffa italiana riacquista lo scettro del comando strappandolo definitivamente ai compositori stranieri, ma non per questo ne dimentica le esperienze. Come Mozart anche Rossini seppe ispirarsi ai maestri contemporanei sviluppandone però la scrittura fino ad arricchirla di uno spessore drammatico e comico prima impensati. L’opera buffa, che nel passare degli anni si è sviluppata nel dramma giocoso, si arricchisce di nuovi colori irradiati da orchestre meglio sfruttate, soprattutto nelle introduzioni orchestrali. L’opera buffa ottocentesca inoltre porta nella struttura innovazioni fondamentali che non abbandonerà più come l’eliminazione del recitativo secco, sostituito da ariosi e scene, e l’inserimento di elaborate cavatine accompagnate da un’orchestra sempre più presente, più arricchita di effetti. Merito particolare di Rossini fu proprio quello di aver introdotto un nuovo modo di considerare l’accompagnamento orchestrale che nelle nuove partiture gareggia con i cantanti. Anche alle voci si richiede maggior elasticità sviluppando così vocalità più estese di quelle settecentesche, soprattutto più malleabili.
Altra personalità di primo piano nella produzione comica della prima metà dell’Ottocento è Gaetano Donizetti, autore dei due soli capolavori che furono in grado di competere con le creazioni di Rossini: L’elisir d’amore (1832) e Don Pasquale (1843), quest’ultima comunemente riconosciuta come l’ultima vera opera buffa della nostra storia musicale.
L’avvento del Romanticismo, con le sue esigenze drammatiche e i suoi straordinari trasporti emotivi, non permise all’opera buffa di prodursi oltre la seconda metà del XIX secolo se non attraverso lavori ibridi, ispirati vagamente alle produzioni semi-serie di Rossini e Donizetti i quali si ritirarono presto dalla scena musicale sorpassati proprio dalla neonata opera romantica, straordinario contenitore di emozioni in grado di comprendere nelle sue pagine sia il buffo che il drammatico.