Sognando una “english school”
Il successo, seppure all'inizio controverso, dell'opera di Purcell fece nascere nella fantasia di intellettuali e musicisti l'idea di costituire una vera e propria scuola belcantistica britannica da contrapporre a quella italiana, dilagante ed eccssiva.
I wit (così erano noti i “begli intelletti”londinesi), e primi fra tutti gli scrittori Joseph Addison e Richard Steel, non facevano altro che infarcire le pagine del Tatler e dello Spectator di acide e velenose critice contro l'opera di stampo italiano e contro gli eccessi stilistici e melodrammatici dei castrati.
Il gota culturale della Londra georgiana, che poteva annoverare nomi quali John Gay, Alexander Pope e Johnatan Swift, amava disquisire di ogni questione, artistica o mondana che fosse, sulle pagine dei giornali di critica letteraria, a suon di caustiche recensioni, tanto da rendere questo genere e più in generale il giornalismo critico un'”invenzione” squisitamente britannica. Ecco come Gay parla a Swift dell' inarrestabile ascesa dell'opera italiana: « Non si può dire “Io canto” se non si è eunuchi o italiani. Adesso, sono tutti giudici in materia di canto, come ai tempi vostri lo furono in materia di poesia; e gente che non è in grado di distinguere un motivo dall'altro discute tutto il giorno delle differenze di stile( ... ) A Londra, a Westminster, in tutte le conversazioni mondane, si consacra ogni giorno il Senesino come l'uomo piú grande che mai sia vissuto ».
Addison aveva tentato di riprendere gli stilemi di Purcell in un'opera, Rosamond, su suo libretto in inglese e musiche di un mediocre compositore, certo Thomas Clayton, ottenendo un bruciante insuccesso.
Intanto, a ulteriore scorno dell'autentica britannicità della musica volcale a Londra, la fondazione dell' Academy of Vocal Music (che nel 1726 prese il nome di Academy of Ancient Music) era stata affidata nel 1700 a due compositori tedeschi, Johann Christoph Pepusch e Johann Ernst Galliard. Tuttavia i due teutonici cercano di conformarsi alle tendenze della critica e si misurano, con alterni successi, in sperimentazioni di “true british style”: Galliard, pur senza molti consensi, compone l'opera Calypso and Thelemacus sullo stile di Purcell e su libretto inglese del poeta John Huges, mentre Pepusch avrà immortale gloria per aver musicato la Beggar's Opera di John Gay, uno dei più alti e originali esempi del teatro britannico.
Tuttavia non si può dire che questi tentativi “importati” abbiano costituito le solide basi di una scuola di genere e quando, nel 1710 George Friedrich Handel farà la sua prima apparizione nella capitale inglese, il trionfo dell'opera italiana eclisserà ogni altro genere.
L'Orfeo teutonico
Hendel di Hannover, l'uomo di maggiore ingegno e di piú alto talento musicale che sia esistito dopo Orfeo : così scriveva sul suo diario, il 31 agosto 1731, il visconte Percival.
Questo tedesco corpulento e irascibile, che parlava inglese con un forte, bizzarro accento teutonico, aveva viaggiato molto prima di approdare sulle bianche scogliere di Dover: era nato nel 1685 ad Halle, lo stesso anno di Bach e Domenico Scarlatti, e si era subito spostato ad Amburgo, attirato dall'attività del teatro stabile. Lì conobbe Telemann e Mattheson, suo amico-rivale nonché primo biografo ufficiale del musicista: con quest'ultimo, durante la rappresentazione dell'opera di Mattheson Cleopatra, scoppiò una furiosa lite e i due finirono quasi per uccidersi a colpi di spadino.
Tuttavia si riappacificarono e rimasero in ottimi rapporti, a riprova dell'indole istintiva e iraconda ma fondamentalmente cordiale di Haendel.
Soggiornò anche per diversi anni in Italia, tra Firenze e Roma, ove incontrò Scarlatti e Corelli ed apprese gli stilemi e le tecniche del virtuosistico “belcanto”. Successivamente tornò ad Amburgo impiegato presso la corte del principe elettore e infine, nel 1712 ebbe licenza di recarsi in Inghilterra“purchè vi restasse per un tempo ragionevole”. Questo “tempo ragionevole” durò per il resto della sua vita
Il pubblico inglese,che si stava appassionando all'opera italiana nonostante il dissenso degli intellettuali, lo aveva già conosciuto per il suo Rinaldo, rappresentata nel 1711 con un grande successo. Di lì a pochi anni si sarebbe ritrovato l'antico datore di lavoro, il principe elettore di Amburgo, sul trono d'Inghilterra col nome di Giorgio I: da quel momento inizierà un sodalizio artistico che porterà Haendel ad essere attivo non solo come musicista di corte, ma anche come apprezzato autore d'opera per i teatri metroplitani, come virtuoso, impresario e personaggio mondano della Londra dei “wit”.
Nonostante gli intelletuali nutrissero un profondo disgusto per il genere dell'opera italiana di stampo bononciniano proposto da Haendel, si guardarono bene dal criticare apertamente un artista che aveva il favore del re e del pubblico borghese metropolitano, oltre che uno strabiliante stipendio di 600 sterline sborsato da Giorgio e dalla Principessa del Galles: ecco una caterva di recensioni positive e di giudizi edificati sull'attività di Burlington House a Piccadilly, ritrovo di Haendel e dei suoi seguaci e sede di ricevimenti e concerti. Così ne parlava John Gay:
Resta ancora il bel palazzo di Burlington;
dentro vi regna la bellezza, fuori la Proporzione ...
Lí Hendel pizzica le corde, e la melodia struggente
trasporta l'Anima, e fa fremere ogni Vena …
Nel frattempo dalla sua penna usciva un fiume ininterrotto di musica operistica, più di 60 melodrammi scritti a ritmo infaticabile. Ecco cosa scriveva il librettista italiano Giacomo Rossi di questa produttività senza precedenti: « Il signor Hendel, l'Orfeo del nostro secolo, mentre componeva la musica non mi dava quasi tempo di scrivere e con mia grande meraviglia vidi un'intera opera messa in musica da quel genio sorprendente, con il massimo grado di perfezione, in appena due settimane ».
Questo è spiegabile anche per il fatto che non tutta la muisca di Haendel era originale, e la cosa era nota ai suoi contemporanei destando molto meno scalopre di quanto potrebbe causarne oggi. Riprendere arie o interi atti da opere precedenti era una cosa comune e universalmente accettata tra i musicisti e il pubblico del XVIII secolo e in fondo il tedesco di Halle, impegnato come impresario, “talent scout”di cantanti e compositore di corte era quasi giustificato a servirsi di musica altrui a causa della scarsa disponibilità di tempo. All'inizio della sua carriera fece passare come suo materiale di Keiser, Graun e Urio mentre, con il sopraggiungere della malattia che lo renderà cieco, i suoi plagi diventano più frequenti e numerosi, anche se il materiale originale risulta spesso migliorato e infarcito di virtosismi.
Nel 1733 l'abate Prévost scriveva: « Alcuni critici, tuttavia, lo accusano di aver preso molte belle cose da Lully, specialmente dalle nostre cantate francesi, che egli sapeva con abilità, dicono quei critici, mascherare nello stile italiano. Ma si tratterebbe di un peccato veniale, anche se fosse accertato ».
I caratteri dell'opera händeliana
Lo stilema operistico proposto da Handel è di tipico stampo italiano, con un libretto a tema classico o mitologico e personaggi molto artificiosi e stereotipati, non caratterizzati nel loro ruolo ma di volta in volta resi malvagi, dolci, vendicativi o romantici dal tono delle arie cantate. La trama è priva di azione e dal punto di vista teatrale piuttosto statica: una serie di “cammei” musicali dove il pathos è tutto interno alla musica e non alla vicenda, una sorta di “concerto in costume”, come felicemente lo descrisse un contemporaneo.
Queste caratteristiche non sono note di demerito, ma vanno lette alla luce dell'atteggiamento del pubblico nell'epoca di Haendel: andare a teatro non era lo stesso, composto, elitario diversivo di oggi. Il pubblico non si aspettava certo di dover seguire attentamente una trama né i cantanti di recitare un ruolo più o meno credibile all'interno di una vicenda: durante lo spettacolo si giocava a carte, si chiacchierava, si passeggiava, si mangiavano arance e noccioline, si sputava a volontà, si fischiava e si urlava il cantante che non piaceva. Gli stessi cantanti non esitavano a uscire dal personaggio, a salutare gli amici nei palchi, a chiacchierare quando non cantavano.
Il momento di massima attenzione si raggiungeva però con l'aria del da capo a cui Handel seppe dare particolare risalto: in quest'aria il cantante ripercorre l'intero pezzo, ripetendolo aggiungendo abbellimenti ed evoluzioni vocali quanto più possibile funamboliche e virtuosistiche, improvvisando gare estemporanee con gli strumentisti dell'orchestra. Fondamentalemnte le opere di Haendel sono una serie di “da capo”, inframmezzati da sparuti duetti e sporadici interventi strumentali, ove tutta la riuscita della rappresentazione era affidata alla bravura e alla teatralità dei cantanti, spesso castrati.
Le “macchine da canto”
Haendel, che fu impresario di numerosi teatri e alla guida di varie compagnie, era sempre alla ricerca di nuove “macchine da canto”: così infatti erano considerati i castrati, degli esseri contro natura che avevano l'unico scopo di produrre suoni celestiali, in pratica strumenti musicali in carne ed ossa osannati e vezzegiati come semidei.
In inghilterra i castrati erano stati introdotti in sostituzione delle donne, alle quali era vietato cantare musica sacra, ma Haendel ne diffuse e ne incoraggiò l'uso, secondo l'esempio italiano, anche in contesti profani, ove tuttavia potevano essere impiegate anche cantanti di sesso femminile. I castrati potevano vantare, grazie al loro apparato polmonare maschile, un controllo e una tenuta del fiato unici, e questo si evidenzia su al cune partiture haendeliane scritte espressamente per questi cantanti, ove alcune note risultano “tenute” per più di 30 secondi. E' questo il periodo in cui i cantanti diventano “vip”, personaggi mondani ultrapagati e acclamati da folle di “fans”, capricciosi e viziati.
E' questo il caso di Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni, due cantanti scoperte da Haendel e spesso utilizzate nelle sue opere anche in coppia: acerrime rivali, si azzuffarono pubblicamente con calci e tirate di capelli durante una rappresentazione dell'Astianatte di Bononcini organizzata da Handel nel 1727. Il pubblico gradiva particolarmente questi “fuori programma”, parteggiando per l'una o per l'altra e schiamazzando nel parapiglia generale, mentre la stampa fu ben lieta di riportare colpo per colpo « il completo e fedele resoconto della terribilissima e sanguinosissima battaglia tra Madama Faustina e Madama Cuzzoni ». Haendel stesso, nel pieno spirito della serata e in accordo col suo temperamento irascibile e violento, era intervenuto nella lite urlando che che la Cuzzoni era una diavolessa, che Faustina era « la figlia viziata di Belzebú », e che tutt'e due erano delle donnacce. Dopo il successo della serata, in molti proposero di far scontrare le due donne di nuovo.
Il declino dell'opera italiana e il trionfo dell'oratorio
La passione per l'opera italiana fu completamente soffocata a Londra dal successo della Beggar's Opera di Jhon Gay con musiche di John Christopher Pepusch, una taglienta critica al governo di Walpole in forma di commedia con intermezzi cantati e ballati rappresentata per la prima volta nel 1728. Questo primitivo esperimento di “musical” politico-sociale è rimasto da allora in cartellone sino ai nostri giorni, segnando una fortuna e un apprezzamento senza precedenti nella storia del teatro nonché il tramonto della stagione operistica haendeliana. A nulla valsero i tentativi del musicista tedesco, che spese 10.000 sterline per un nuovo, fallimentare allestimento al King's Theater, e che dovette dedicarsi ad una nuova forma, già ben nota e apprezzata dal pubblico britannico: l'oratorio in inglese.
Alcuni attribuiscono a questo cambio di orientamento una svolta religiosa o mistica, ma probabilmente i motivi erano ben più pratici: l'oratorio era un forma teatrale a tema biblico, che ben poco aveva di religioso e che era già stata proposta in Inghilterra con grande fortuna; inoltre egli poteva sfruttare la sua esperienza in ambito di allestimenti teatrali e la sua fama come virtuoso, intervenendo come solista all'organo e accorpando alle esecuzioni uno o due suoi concerti. Con questa formula, Haendel ebbe un grande successo, nonostante la cecità incipiente, ed iniziò ad organizzare dei festival annuali dove ogni compositore partecipante doveva misurarsi con la forma dell'oratorio haendeliano, di cui mirabili esempi restano il Messiah e il Sansone.
Complice il grande attacemanto per gli inglesi alla grande musica vocale sacra, considerata vero patrimonio britannico comune, e la fama e la credibilità di cui ancora godeva come personaggio pubblico, Haendel tenne ancora una volta in scacco tutto l'operato dei musicisti a lui contemporanei, proponendosi come modello e “trendsetter”. Nessuno fu così forte da emanciparsi stilisticamente almeno fino alla fine del XIX secolo.
Mori il 14 aprile 1759 e tutta l'Inghilterra ne fu sinceramente addolorata. Su di lui si scrissero innumerevoli ed elaborati necrologi; rappresentativo del grande vuoto artistico lasciato da questa perdita è quello che apparve sul “Public Advertiser” il 17 aprile, completo di acrostico del suo nome:
He's gone, the Soul of Harmony is fled!
And warbling Angels hover round him dead.
Never, no, never since the Tide of Time,
Did music know a Genius so sublime!
Each mighty harmonist that's gone before,
Lessen'd o Mites when we his Works explore.
(E’ scomparso, l'anima dell'armonia è fuggita: / E gli angeli, cantando melodiosamente, si librano sulla sua salma. / Mai, mai da quando scorre il fiume del tempo / la musica conobbe genio tanto sublime! / Ogni possente creatore di armonie venuto prima, / si riduce a una briciola quando esaminiamo le sue opere.)