Le origini di Henry Purcell sono abbastanza oscure, a causa della scarsità dei documenti biografici. Nato nel 1659, è forse figlio dell’omonimo cantore della Cappella Reale e maestro dei coristi nell’Abbazia di Westminster, Henry Purcell, morto nel 1664. Ma c’è un altro ipotetico padre, Thomas Purcell, morto nel 1682, anch’egli cantore nella Cappella Reale.
Anche il giovane Purcell comincia la sua carriera come corista nella Cappella. Dal 1674 e per i tre anni successivi viene impiegato come organaro nell’Abbazia di Westminster. A 18 anni, nel 1677, viene nominato Compositore per i Violini, ossia per l’orchestra d’archi del sovrano, che era nata a imitazione dell’orchestra di Versailles.
Nel 1679 sostituisce John Blow come organista a Westminster. Nel 1682 diviene uno dei tre organisti della Cappella Reale. Già dal 1675 Purcell comincia a pubblicare alcune antologie di arie per voce sola. Nel 1683 succede a Hingston nella carica di sovrintendente agli strumenti del re. Nel corso della sua vita compone opere d’occasione per celebrare compleanni e varie ricorrenze della famiglia reale. Il resto della sua produzione comprende opere teatrali, arie e opere di musica sacra. Nell’autunno del 1695 Purcell si ammala, ma non abbandona la composizione e lavora alle musiche per il “Don Quixote” di Durfey. Muore il 21 Novembre 1695, lasciando alla moglie Frances tutti i suoi averi. Dei due figli sopravvissuti, uno – Edward – continua la tradizione di famiglia in qualità di organista. D’altra parte anche il fratello di Henry Purcell, Daniel, è un apprezzato musicista.
Ode for Queen Mary Birthday (1693)
Odi celebrative e d’occasione
Nel 1680 Purcell scrive le fantasie a 4 voci per viole e un’ode per il ritorno di Carlo II a Londra. In seguito scriverà altri componimenti per il sovrano e i suoi successori, Giacomo II e Guglielmo III. Opere simili vengono scritte per gli altri membri della famiglia reale, e per occasioni particolari come il centenario del Trinity College di Dublino (1694). La composizione di odi in onore del re o altri membri della famiglia reale non era in uso prima del Commonwealth: sembra essere stata suggerita dall’abitudine italiana di onorare i governanti nel prologo di un’opera celebrativa, attitudine che viene poi ripresa anche dai compositori francesi. Ma l’ode inglese del XVII secolo è unica nel suo genere: prende la forma di una cantata con parti strumentali più interventi di solisti e del coro. Le odi vengono composte per il Capodanno, i compleanni, i matrimoni e il ritorno del re a Londra. I testi sono per lo più banali, ma in alcune odi – come quelle per il compleanno della regina Maria – Purcell coniuga perfettamente la profondità dell’ispirazione con la pompa esteriore. E riesce nell’intento di rendere musicalmente grandi delle composizioni con testi mediocri. Fra i lavori che non riguardano la famiglia reale, il più importante è l’ode per il giorno di Santa Cecilia, Hail, bright Cecilia (1692). La santa era stata adottata come patrona della musica probabilmente all’inizio del XVI secolo, e in seguito si erano istituite in tutta Europa diverse celebrazioni in suo onore. L’ode contiene virtuosismo e grandiosità in misura tale da rasentare le opere Handeliane, e rappresenta il vertice della produzione corale di Purcell.
Dalla Musica per il funerale della regina Maria, Canzona
Opere teatrali
L’attività teatrale di Purcell ha inizio nel 1680 con le musiche per il dramma di Nathaniel Lee, Theodosius. Ma la maggior parte delle opere teatrali vengono composte negli ultimi 6 anni della sua vita. La tradizione del teatro inglese mal sopporta il genere dell’opera teatrale prodotto sul continente europeo. Oltretutto, durante la guerra civile e il periodo repubblicano (1642-1660) i teatri rimangono chiusi, anche per l’opposizione all’attività teatrale avanzata dai Puritani per motivi di moralità pubblica. Per questo motivo, le rappresentazioni teatrali all’epoca di Purcell consistono essenzialmente in commedie, nelle quali la musica strumentale e le canzoni costituiscono un elemento accessorio secondario. Di conseguenza, la maggior parte della produzione musicale di Purcell per il teatro consiste di brevi pezzi che possono essere staccati dal loro contesto ed eseguiti separatamente. Le opere che fanno sentire maggiormente il loro peso musicale sono cinque: Dioclesian (1690), King Arthur (1691), The Fairy Queen (1692), The Indian Queen (1695) e The Tempest (1695). La terza e la quinta opera sono tratte da opere shakesperiane (il “Sogno di una notte di mezza estate” e, ovviamente, “La Tempesta”). Comune a questi lavori è la grandiosità della vicenda e dell’apparato scenico, caratteristica che li avvicina all’opera veneziana. La grandiosità dello spettacolo è mutuata sia dall’opera italiana che dal gusto francese. La musica è di qualità molto alta. In queste opere i personaggi principali non cantano, così Purcell non è costretto a tener conto delle eventuali deficienze musicali degli attori e può sviluppare l’orchestrazione come meglio crede ed è capace di fare. Oltre alle 5 opere sopra citate, Purcell compone musica vocale e strumentale per più di 40 commedie.
Tre anni dopo la morte di Purcell, Henry Playford pubblica una collezione di sue arie, alcune tratte dalle opere teatrali, altre indipendenti. La collezione in due volumi è intitolata “Orfeus Britannicus”, nome che indica la stima riservata a Purcell come compositore di arie. Nella prefazione all’opera, scritta dallo stesso Playford, si legge: Lo straordinario talento dell'autore in ogni tipo di musica, è sufficientemente conosciuto; ma egli fu particolarmente ammirato per la musica vocale, e dimostrò un ingegno particolare nell'esprimere l'energia delle parole inglesi, appassionando e destando ammirazione in tutti i suoi uditori.
Dall'opera Timon of Athens, Masque,curtain tune on a ground
Le opere di Purcell, contrariamente a quelle di stampo italiano che introdurrà Haendel in seguito, non hanno tutte un tema classico-mitologico, ma si rifanno ai cicli cavallereschi di tradizione britannica, come King Arthur, o introducono il tema tipicamente barocco del fascino di terre e culture lontane, come in Indian Queen, ove gli elementi realistici appresi dalla conquista coloniale inglese si mescolano a quelli fantastici e leggendari delle
civiltà precolombiane. Un'altra fonte di ispirazione squisitamente "british" è il teatro shakespeariano che Purcell utilizza ad esempio in The Fairy Queen, versione rivisitata di "Sogno di una notte di mezza estate".
Musica sacra
I Puritani non approvano l’uso della musica in chiesa, a parte gli inni (ossia i salmi in versi). Così, negli anni della guerra civile e del Commonwealth avviene una rottura con la tradizione musicale precedente. Gli anthems composti nell’epoca che va dal regno di Elisabetta I fino a Carlo I continuano ad essere cantati nelle cattedrali e nella Cappella Reale, ma presto si aggiungono lavori scritti da giovani musicisti che adottano il nuovo stile. Purcell cresce in quest’epoca di passaggio, e la sua produzione di musica sacra risente della transizione: le prime composizioni sono in stile “a cappella” con accompagnamento d’organo, mentre altre presentano ariosi per una o più voci soliste. La sezione affidata ai solisti si chiama “verse”, e gli anthems che ne fanno uso sono chiamati verse-anthems. In alcuni, come “Rejoice in the Lord alway”, la vivacità e l’energia musicale di Purcell raggiungono livelli spettacolari.