La Parigi del XVIII secolo viveva ancora sull'onda stimolante avviata nel '600 con la creazione dell'Accademia Reale di musica, affidata a Lully fino al 1687, anno della sua morte, e ben presto trasformata nel più nitido istituto di conservazione e diffusione del repertorio francese.
All'inizio del Settecento l'ondata sciovinistica si attenuò, anche per l'effetto dell'opera di apertura favorita dai letterati musicofili. I teatri si aprirono a lavori non francesi e numerosi mecenati offrirono alla musica occasioni ufficiali sempre più importanti.
Nel 1725 con il Concert Spirituel iniziò la prima programmazione concertistica pubblica. Tale rassegna fu attiva fino al 1791 e in seguito diverrà lo speccho più preciso dei mutamenti di gusto musicale dei parigini. I contatti con l'estero si intensificarono, soprattutto con l'Italia e la Germania, incoraggiando la conoscenza e il confronto con i vari stili nazionali.
Nel primo periodo i programmi erano dedicati ai mottetti e alla musica strumentale che impegnava i solisti di passaggio nella capitale. Verso il 1750 il cartellone era pieno di lavori sinfonici e concerti con partecipazione vocale. Altre organizzazioni musicali pubbliche furono Il Concert des Amateurs, il Concert de la Loge Olympique, il Cercle de l'Harmonie.
La polemica dei Buffi
Nel 1729 vi fu a Parigi la prima apparizione dei Buffi o buffonisti, cantanti, componenti piccole compagnie, che verso la metà del XVIII secolo, portarono gli intermezzi musicali italiani in Francia. Qui erano denominati bouffons e causarono la polemica dei buffi. La prima apparizione dei buffi ebbe luogo nel 1729 all'Opera di Parigi; due soli attori-cantanti, Rosa Ungarelli e A. M. Ristorini, presentarono Serpilla e Baiocco, overo il marito giocatore e la moglie bacchettona (intermezzo in un atto su musica attribuita a Pietro Auletta).
La Querelle des bouffons, la polemica dei buffi, aveva dato origine a due partiti: il coin du roi, ossia il palco del re, sostenitore delle tradizioni francesi, con a capo Fréron e d'Alambert, e il coin de la reine, palco della regina, sostenitore degli italiani (La serva padrona di Pergolesi e altri intermezzi rappresentati a Parigi), capeggiato da Grimm, Diderot, d'Holbach e J. J. Rousseau.
Una delle conseguenze della polemica fu il rapido sviluppo dell'opéra-comique favorito da J. J. Rousseau, Montigny, Philidor e Grétry.
Mozart a Parigi
La Parigi del Settecento non doveva essere una città facile da comprendere, appena risvegliata dai romanzi di Rousseau. Leopold Mozart, in visita nella capitale francese nel 1763 con il piccolo Wolfgang, ne colse soprattutto gli aspetti negativi: l'avidità di piacere, l'esaltazione dell'adulterio, gli eccessi della moda, non trascurando neppure la musica, dato che secondo Mozart padre "tutta la musica francese non vale un soldo".
Tuttavia al piccolo Mozart fu riservata un'accoglienza particolarmente benevola: Luigi XV e Maria Leszczynska lo invitarono a Versailles e qui il giovane prodigio si divertì a farsi baciare dalla regina e dalle principesse, arrabbiandosi se la marchesa di Pompadour respingeva i suoi baci. Come testimonia il celebre quadro "Un tè dal Principe Conti", dove il piccolo Mozart intrattiene al pianoforte una scelta società, le sale dell'aristocrazia parigina dovevano echeggiare di musica e letizia.
Fondamentali furono per il grande compositore, gli incontri musicali, come quello con lo slesiano Johann Schobert clavicembalista del principe Conti e apprezzato compositore. Il buon esito di questo primo soggiorno parigino è attestato soprattutto dalla pubblicazione di quattro Sonate per clavicembalo e violino, apparse all'inzio del 1764 come opera prima; le prime due sonate sono dedicate alla seconda figlia del re, Madame Victoire de France, il cui nome "resterà stampato nel mio ricordo con quei tratti incancellabili incisi nel cuore di tutti i francesi".
Quattordici anni dopo il pubblico parigino non si accorse neppure di Mozart, in visita per la seconda volta nella capitale francese, ormai considerato solo un ex fanciullo prodigio; ogni tentativo di trovare un impiego stabile presso qualche nobile e di farsi notare negli affollati salotti parigini si era risolto un fallimento, e poi il compositore era capitato a Parigi proprio nel momento delle più accese polemiche teatrali che caratterizzarono spesso l'ambiente parigino, come venticinque anni prima la Polemica dei Buffi. La contesa questa volta era fra i seguaci di Christoph Willibald Gluck con la regina Maria Antonietta, sua ex-allieva, in prima fila, e i vecchi appassionati dell'opera italiana, cioè gli enciclopedisti, che avevano eletto come loro campione Niccolò Piccinni. I termini della polemica era semplici: da un lato un ideale di teatro in cui la musica fosse al servizio del dramma, dall'altro un teatro in cui il canto e la musica, anzi il più seducente melodismo, fossero padroni assoluti. Gluck, protetto dalla regina, ebbe la meglio ma poco tempo dopo ebbe sorte completamente opposta.
Ciò che emerge dalla vita musicale della Parigi del XVIII secolo è comunque una grande apertura rispetto al secolo precedente nei confronti non solo degli altri paesi ma anche dei diversi stili e dei cambiamenti del gusto, e una forte attenzione rispetto alle dispute salottiere che animarono la città negli anni immediatamente precedenti la Rivoluzione.