Il 1685 diede i natali a Handel, J. S. Bach ed al figlio di Alessandro Scarlatti, Domenico che si distinse come uno dei maggiori virtuosi e compositori di musica per clavicembalo.
Seguendo le orme paterne nel 1701 è già maestro di cappella reale del regno di Napoli ma segue il padre a Firenze per ritornare nella città partenopea dando al pubblico l’opera Ottavia ristituita al trono.
La vita pellegrina non lo abbandona però, sempre presso il padre conosce Roma e Venezia, dove ebbe modo di conoscere Handel e Vivaldi. Dal 1709 è maestro di cappella a Roma della regina Maria Casimira di Polonia, e lì compose una quindicina d'opere, tra le quali: Tetide in Sciro, Ifigenia in Aulide, Ifigenia in Tauri, Amleto, La Dirindina.
Assunse la nomina di coadiutore in San Pietro nel 1713 ed ottenne l’anno successivo la nomina di maestro di cappella, carica che mantenne fino al 1719, quando parti per l’Inghilterra. Serve anche Giovanni V a Lisbona dove soggiorna nel 1715 scrivendo musica sacra per cerimonie ed altre varie occasioni. Nel 1724 ritorna in Italia rimanendo tuttavia sempre operoso in Portogallo.
Nel 1729, per seguire la corte nei suoi spostamenti, lo troviamo a Siviglia e poi a Madrid.
Per il suo strumento d’eccellenza scrive ben 555 sonate e nel 1738 pubblicò a Londra una raccolta di 30 Essercizi per gravicembalo, dai quali pare che Handel abbia trovato ispirazione. Si ricorda anche la celebre tenzone di Roma, ma accettata la supremazia del tedesco nell’organo Scarlatti confermò la sua sul clavicembalo.
Come presentazione dei suoi esercizi Domenico Scarlatti scrive al lettore, e temerario esecutore:" Non ti aspettare, che tu sia dilettante o professore, di trovare in queste composizioni un'intenzione profonda, ma piuttosto un'ingegnosa facezia dell'arte per esercitarti ad un gioco ardito sul clavicembalo"
Sonata K 30 in sol minore detta la fuga del gatto
Non una riga per spiegare da dove derivi la sua idea di struttura dei brani e sviluppo armonico, nota assai cercata vista l’enorme differenza d’approccio, del tutto innovativa agli strumentali. In effetti mentre Bach compose i suoi preludi, fughe e partite per clavicembalo, seguendo lo schema standard della suite di danza, Scarlatti rifiuta la tradizione, inventa un linguaggio personale: egli non rispetta né la cornice della suite di danza come la rispettano anche Couperin o Rameau distinguendosi perciò in modo radicale dai compositori del suo tempo. In questa luce il compositore partenopeo è un genio unico. Lo stile dei lavori per clavicembalo è profondamente originale e unico, precursore di una tecnica e di un linguaggio moderno della tastiera, e in questo scarsamente assimilabile a quello dei suoi contemporanei.
Sonata 120 in re minore
La linea melodica e musicale è semplice di per se ma brillante e ricca di invenzioni sorprendenti. La quasi totalità delle sue sonate sono strutturate in un solo movimento, che tecnicamente viene chiamato "Monotematico e bipartito", asservito ad un tempo di danza per di più derivato dal folclore andaluso. Questa influenza iberica si ritrova negli aggregati armonici, nella predilezione per certi intervalli, nel particolare clima timbrico, nelle imitazioni di strumenti quali le chitarre o le castagnette.
La tastiera viene sfruttata a fondo e richiede una nuova posizione delle mani ed un'eccellente indipendenza delle dita. Alcune sonate sono addirittura "crudeli", perché prevedono posizioni delle dita innaturali ed arditi incroci di mani. Il virtuosismo non appesantisce però la pagina ricca di ornamenti e abbellimenti che fanno trionfare il ritmo con effetti ossessionati e la ricerca di suoni nuovi, di timbri, di registri strumentali impensabili fino ad allora sul clavicembalo. Lo stile innovativo e libero delle composizioni in tarda età disintegra il contrappunto arrivando a precedere lo stile classico avvicinando il napoletano a C.P.E. Bach con sonate politematiche che con l’uso di polifonia e omofonia sottolineano il contrasto di temi e toni, la polifonia non rappresenta quindi più uno stile d’obbligo ma un elemento tecnico facoltativo.
Questi sviluppi li usa sulla Sonata bipartita in cui la modulazione passa dalla tonica alla dominante nella prima parte e sulla modulazione inversa sulla seconda parte. L’armonia usata è tipica napoletana e gli accordi usati con la cosi detta acciaccatura, tipica dei compositori partenopei che consiste nella percussione dell’accordo con abbellimenti di note dissonanti, ma Scarlatti non è interessato alle dissonanze e sfrutta queste note per creare una sorta di pedali interni che sostengono l’armonia. Questa tecnica deriva dalla tecnica chitarristica spagnola che il compositore ebbe modo di assimilare.