Cenni biografici e opere
Nato a Jesi il 4 gennaio 1710, figlio dell'agronomo Francesco Draghi, Giovanni Battista Pergolesi (così chiamato dal paese d'origine del bisnonno, Pergola), avendo dimostrato grande talento artistico, fu inviato quindicenne, con l'aiuto di alcuni nobili jesini, a studiare musica presso il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, a Napoli, dove divenne allievo di Francesco Durante per il contrappunto e la composizione.
Un dramma sacro, La conversione di San Guglielmo d'Aquitania e un oratorio, La Fenice sul rogo ovvero La morte di San Giuseppe , eseguiti nel 1731, gli valsero la protezione di due nobili napoletani, il duca di Maddaloni e il principe di Stigliano, grazie ai quali potè far rappresentare al teatro San Bartolomeo la sua prima opera seria, La Salustia (1731).
L'anno successivo scrisse per il teatro dei Fiorentini un'opera buffa in dialetto napoletano, Il fratello innamorato su libretto di Gennarantonio Federico , cui arrise un singolare successo.
Nel 1733 fu rappresentata al teatro San Bartolomeo una nuova opera seria, il prigionier superbo, insieme con l'intermezzo La serva padrona , destinato a raggiungere in pochi anni una vasta rinomanza europea.
Nel 1732 Pergolesi aveva avuto la nomina di maestro aggiunto e organista della cappella reale di Napoli: in adempienza agli obblighi di questo incarico compose due messe, i salmi per soli, coro e orchestra Confitebor tibi Domine , Dixit Dominus Domino meo, Laudate Pueri Dominum, alcuni mottetti tra i quali spicca, per l'intensa e commossa espressività, l'antifona Salve Regina , in do minore.
Le successive prove melodrammatiche di Pergolesi, entrambe su libretto di Metastasio, l'Adriano in Siria rappresentato a Napoli nel 1734 con l'intermezzo Livietta e Tracollo e l'Olimpiade , rappresentata a Roma nel 1735, ebbero scarso successo nonostante si pongano come le più compiute realizzazioni dell'autore nell'ambito dell'opera seria.
Largo favore incontrò invece Il Flaminio , un'opera buffa in dialetto napoletano per la quale il musicista si giovò di nuovo della collaborazione del Federico.
Verso la fine del 1735 Pergolesi, già gravemente ammalato di tisi, si ritirò presso il convento dei francescani di Pozzuoli dove compose, poco prima della morte, lo Stabat Mater per soprano, contralto, archi e organo, una delle sue opere più celebri.
Si spense il 16 marzo 1736.
Stabat Mater (1736)
L'opera di Pergolesi comprende anche cantate e opere strumentali (un concerto e una sonata per violino, una sonata per violoncello, due sonate per organo).
La grande fama acquistata dal musicista in tutta Europa portò ad attribuirgli per una serie di ragioni, cui non furono estranei anche interessi commerciali di poco scrupolosi editori settecenteschi, un numero imponente di opere. Solo in tempi recenti la critica ha potuto pervenire ad un equilibrato giudizio critico sulla produzione del musicista, sottolineando la rilevata originalità della sua esperienza estetica e la sua importanza fondamentale nello sviluppo storico della musica europea nella prima metà del Settecento.
La serva padrona
“La serva padrona” ha una posizione di tutto riguardo nella storia dell'opera: ad essa, infatti, si fanno risalire le origini dell'opera buffa, che ebbe nella seconda metà del Settecento un grande sviluppo e raggiunse con Rossini la sua perfezione.
Consisteva, all'origine, in due “intermezzi”, inseriti sa Pergolesi, secondo l'uso del tempo, tra i tre atti della sua opera seria Il cavalier superbo, rappresentata al Teatro San Bartolomeo di Napoli il 28 agosto 1733 su libretto di Gennarantonio Federico.
Accolta trionfalmente sin dal suo primo apparire, La serva padrona fece in pochi anni il giro dei teatri italiani e europei, e giunse persino a Baltimora, in quelle che erano ancora delle colonie britanniche.
L'esecuzione parigina del 1752, accolta entusiasticamente dagli intellettuali che lavoravano all' Enciclopedia, suscitò la celebre querelle des bouffons, vivace polemica tra sostenitori della musica francese e quella italiana, nella quale Jean-Jacques Rousseau si schierò decisamente per quest'ultima.
Dalla Serva padrona, Stizzoso mio stizzoso
Trama della serva padrona
I personaggi della Serva Padrona solo solo tre: Uberto (baritono o basso), la sua servetta Serpina (soprano) e Vespone, un servo che non parla.
Nel primo intermezzo è delineata la psicologia dei personaggi principali: Uberto è un vecchio scapolo brontolone, Serpina è giovane, graziosa e prepotente, e rimbecca volentieri il padrone (Stizzoso, mio stizzoso), che è ben decisa a sposare.
E vi riesce nel secondo intermezzo, ricorrendo ad una elaborata commedia, alla quale costringe Volpone a partecipare travestito da soldato: si finge promessa a questi, suscitando dapprima gelosia (A Serpina penserete) e poi, con le minacce del supposto Capitan Tempesta, il timore del povero Uberto, che finisce per rassegnarsi alla sua sorte.