Un approccio tecnico
La severa morale protestante, improntata all'autodisciplina e al lavoro come strumento di elevazione e riscatto dal peccato, lascia un'impronta profonda non solo nelle forme e nei luoghi (chiesa e casa), ma anche nell'approccio metodologico al fare musica. Accanto all'esaltazione di un sano "dilettantismo" domestico come forma di intrattenimento morigerato e alternativo alla frequentazione dei teatri e dei luoghi mondani, si sviluppa un'attenzione ai problemi di metodo più vari, dalle questioni armoniche, alle migliorie tecniche degli strumenti sino alle metodologie di insegnamento.
Negli ambienti protestanti fare musica, comunque e dovunque la si faccia, è una cosa seria, un'occasione di cantare e lodi del Signore, di elevazione tramite un accrescimento culturale ed un esercizio costante ma soprattutto di rendere un buon servizio alla comunità che beneficia e partecipa delle "conquiste" del singolo.
E' per questo motivo che la rigorosa attenzione ai più variegati problemi di metodo e alle strategie per risolverli si traduce nella forma più divulgativa possibile: quella della trattatistica, complice anche l'invenzione della stampa che rendeva possibile la divulgazione di scritti e pensieri e che tanta parte aveva avuto nella diffusione capillare della dottrina protestante in ogni angolo di Germania.
Uno degli esempi più rappresentativi di questo ci è fornito dal Syntagma Musicum di Michael Praetorius, dato alle stampe nel 1619: suddiviso in tre parti, la prima e la terza sono in latino e riportano note storiche su forme e tecniche compositive, nonché ricche descrizioni ed illustrazioni di tutti gli strumenti musicali allora conosciuti. La vera innovazione è nella seconda parte, scritta in tedesco ed incentrata su quella che per la prima volta viene denominata organologia: vengono analizzate con rigore scientifico tutte le caratteristiche acustiche e meccaniche degli organi dell'epoca, le tecniche di costruzione e le prassi esecutive in modo organico e talmente dettagliato da costituire ancora oggi una delle principali fonti sull'argomento.
Sulla tecnica organistico-clavicembalistica, trade d'union tra il mondo della musica sacra e quella degli ambienti mondani nonché vera "ossessione" della trattatistica tedesca tra il 6-700, si inseriscono i contributi di Buxtheude e l'Hexacordium Apollinis di Pachelbel, una intera raccolta didattica di studi eseguibili indifferentemente con clavicembalo o organo (“Organo vel clavato cymbalo”).
Alle tecniche di esecuzione si affiancano le questioni armoniche e i tentativi di risolvere le eterogeneità legate all'accordatura degli strumenti e ai valori degli intervalli musicali a seconda delle diverse aree geografiche, allo scopo di rendere fruibili le composizioni stampate ad una più ampia fetta possibile della comunità.
Gli intervalli e "l'accordatura naturale"
La scala musicale come la conosciamo oggi, composta da otto suoni naturali e cinque alterazioni (diesis e bemolli) non esiste da sempre: la sua codifica risale all' inizio del XVIII secolo e al determinante contributo che J.S.Bach ha dato all'armonia e alla teoria musicale con la pubblicazione del Clavicembalo ben temperato nel 1722.
In Germania infatti, come anche nel resto d'Europa, non era individuabile un sistema unitario che stabilisse delle distanze tra i suoni uguali per tutti: per dirla in modo semplice la "distanza sonora" ad esempio tra il do e il re variava a seconda dell'area geografica, dell'estensione dello strumento in questione e al sistema a cui si faceva riferimento. Erano infatti stati messi a punto alcuni metodi per cercare di standardizzare e sistematizzare i rapporti tra le note, ma erano sempre rimasti relegati a realtà locali, ben lungi dall'essere universalmente diffusi ed adottati.
Risultava da ciò una grande confusione: ad una stessa nota intesa come segno grafico e collocata sul pentagramma, corrispondevano suoni differenti, con la conseguente impossibilità di "importare" composizioni concepite su un certo sistema in realtà che ne utilizzavano altri. Inoltre questo stato di cose comportava che i suoni che noi oggi consideriamo "omofoni", ovvero scritti in modo diverso ma corrispondenti ad una medesima frequenza (ad esempio do diesis e re bemolle) non coincidevano, costringendo musicisti ed esecutori ad aver a che fare con molti più suoni di quelli codificati oggi.
La mancanza di un linguaggio comune e di un sistema convenzionale di riferimento non solo rendeva difficile la comunicazione tra musicisti e la diffusione di composizioni in aree geografiche lontane tra loro, ma aveva anche dei risvolti sull'accordatura degli strumenti: non esisteva infatti come oggi un tipo di accordatura universale, con la quale si potessero eseguire pezzi di tutte le tonalità, ma l'intera accordatura cambiava completamente a seconda della tonalità della composizione. Quest'ultima veniva detta "accordatura naturale" perché si basava sulla distanza reale (in frequenze) e non convenzionale tra i suoni.
Ciò rendeva l'eseguire musica un'operazione macchinosa e contorta, ad appannaggio di quei pochi che conoscevano le complesse ( nonché pressoché infinite) tecniche di accordatura. Per gli strumenti a fiato o ad arco, meccanicamente più semplici o dotati di una estensione minore, il problema era relativamente di più facile risoluzione, ma risultava drammatico per strumenti complessi come quelli a tastiera.
L'interesse di cui godevano questi strumenti in Germania e le migliorie che gli stessi subirono alla fine del XVII portò naturalmente molti musicisti teutonici ad interessarsi al problema e a postulare delle possibili soluzioni.
Il "temperamento equabile": soluzione di un'enigma millenario
A partire dalla fine del '500, per ovviare al problema della suddivisione degli intervalli e nel tentativo di creare un sistema standardizzato ed universalmente riconosciuto ove ad uno stesso segno grafico (la nota sul pentagramma) corrispondesse un unico suono con una frequenza ben determinata, numerosi musicisti, filosofi e matematici europei tentarono di formulare delle teorie. Persino Vincenzo Galilei, padre di Galileo, si cimentò nell'impresa, ma senza approdare a risultati che risolvessero il problema in modo permanente ed esaustivo. Molte questioni rimanevano aperte, prima fra tutte quella della divisione dell'ottava in intervalli matematicamente uguali. Bisognerà attendere l'inizio del XVIII secolo e gli studi del filosofo e matematico tedesco Gottfried Leibniz per avere le basi dell' attuale sistema musicale e di accordatura: Leibniz infatti, applicando alla scala musicale dei logaritmi, riuscì a suddividerla in 12 intervalli uguali (con uno scarto praticamente trascurabile) che saranno in seguito chiamati semitoni.
Grazie a questa intuizione, le distanze tra i suoni risultano ben individuate e certe, ma soprattutto sempre le stesse indipendentemente dalla tonalità e dalla scala di riferimento.
La pubblicazione della scoperta di Leibniz nel 1709 suscita in Germania reazioni tiepide: la maggior parte dei numerosi virtuosi della tastiera tedeschi (considerati tra i migliori d' Europa) sono scettici e preferiscono mantenere i tradizionali e complessi metodi di accordatura non temperati, poiché non credono che uno strumento ad intonazione fissa come l'organo o il clavicembalo possa con quel sistema suonare adeguatamente bene in ogni tonalità. Temono che l'errore matematico, trascurato da Leibniz per far risultare identici i 12 intervalli possa tradursi in inevitabili “stonature” e preferiscono non rischiare: ancora nel 1720 il temperamento equabile è pressoché sconosciuto o ignorato.
Nel 1722 però accade qualcosa che cambierà per sempre il modo di fare musica nel mondo: Johann Sebastian Bach si trova a Kothen come maestro di musica da camera del principe elettore Leopoldo. Ha già composto per lui quattro dei celeberrimi concerti brandemburghesi, le suites per violoncello solo e le partite per violino: ha solo 32 anni, ma la sua fama è giunta in tutta la Germania ed è considerato dalla nobiltà e dagli “addetti ai lavori” già una specie di mostro sacro, un punto di riferimento di stile, metodo e gusto.
Bach si mostra interessato al neonato temperamento equabile messo a punto da Leibniz e lo sperimenta sul campo, eseguendo su un clavicembalo accordato (o per dirla col suo linguaggio temperato) secondo il nuovo metodo preludi e fughe in tutte le tonalità e dimostrando che il passaggio da una tonalità all'altra era privo di stonature ed “errori” percepibili dall'orecchio umano.
Queste composizioni, eseguibili indifferentemente su organo o clavicembalo secondo l'usanza inaugurata da Pachelbel, vengono trascritte e si diffondono rapidamente in miriadi di copie manoscritte tra gli studenti e i musicisti del brandemburgo prima, e di tutta la Germania poi: nasce così il primo nucleo del Das wohltemperierte Clavier, oder Praeludia, und Fugen durch alle Tone und Semitonia (Il clavicembalo ben temperato, ovvero Preludi e Fughe in tutti i toni e semitoni). Bach utilizza già nel titolo la denominazione dei nuovi intervalli perfetti teorizzati da Leibniz, schierandosi come aperto sostenitore dell'accordatura equabile ed esponendosi come illustre garante di riuscita ed affidabilità della stessa.
Con uno sponsor così illustre, la teoria dei toni e dei semitoni viene ampiamente accettata e si diffonde rapidamente anche negli ambienti accademici: quando nel 1744 Bach compone ad uso degli studenti di musica un'analoga raccolta di preludi e fughe, quasi tutte le tastiere germaniche sono ormai “ben temperate” ovvero accordate secondo il nuovo metodo universale.
Nella storia della musica tuttavia il Clavicembalo ben temperato rappresenta una pietra miliare non solo dal punto di vista teorico e tecnico, ma è paradigmatico anche dal punto di vista stilistico: Bach sviluppa in modo mirabile il genere “imitativo” dei temi, realizzando costruzioni armoniche solide ma al tempo stesso complesse ed in continua evoluzione. I temi si snodano, trasformandosi ed arricchendosi, in fraseggi apparentemente infiniti ma ognuno dotato di una sua irripetibile unicità: un vera “scultura musicale” costituita dai suoni, dai loro rapporti di ombra e di luce, di vuoto e di pieno, di orizzontalità dei disegni melodici e di verticalità delle ripercussioni acute o gravi.