La polifonia, individuata come genere sacro d'elezione dal movimento controriformista, trionfa anche in ambito profano e popolare, frammista ai nuovi elementi del “recitar cantando”, come l'uso di sequenze danzate e di scene recitate.
Accanto al Madrigale, forma tradizionale di ispirazione rinascimentale, si diffondono le villanelle e le frottole, nonché danze come ciaccone, gagliarde, passacaglie, forme di estrazione popolare che nel corso del barocco saranno introdotte presso le corti e inserite nei contesti della musica colta.
Giacomo Gastoldi (1555- 1609) e Orazio Vecchi (1550- 1605) si innestano in questo contesto: il primo per i suoi Balletti e la sue Canzoni ballate usate per accompagnare spettacoli di danza e mimo, il secondo per le sue Canzonette e per il suo Amfiparnaso, una via di mezzo tra madrigale e melodramma. Con questo titolo l'autore si attribuiva la definizione di doppio Parnaso, sia della poesia sia della musica, essendo il lavoro una esemplare fusione tra teatro e musica in base allo stile polifonico “a cappella” (senza accompagnamento strumentale).
Ogni personaggio dell'opera viene espresso da cinque voci, consentendo così di approfondire le varie sfumature psicologiche dei personaggi stessi. I linguaggi usati sono molteplici, infatti l'italiano è mescolato con alcuni dialetti (bergamasco e veneto), per meglio accentiuarne il carattere di comprensibilità e di vicinanza al teatro popolare, come anche l'uso della satira e della parodia.
Un'altra figura di spicco nello sviluppo della musica profana italiana ed in particolare della villanella è il veneto Baldassarre Donato (1530- 1603), che compose villanelle e madrigali “leggeri” nello stile delle chanson francesi, con melodie orecchiabili basate su ritmi incrociati tipici delle danze popolari e non sulla polifonia ed il cromatismo tipici del madrigale protobarocco italiano.
Anche il mantovano Salomone Rossi (1570-1630), compositore presso la corte dei Gonzaga e vittima della Grande Peste del 1630, è ricordato per i suoi numerosi libri di danze quali Gagliarde, Brandi e Correnti, molto in voga all'epoca, insieme al napoletano Andrea Falconiero (1586-1656), che in seguito a viaggi in Italia e in Spagna fu uno dei primi in Italia a sviluppare composizioni sul tema popolare de La Folia. Fu anch'egli vittima della terribile pestilenza che colpi' la città partenopea tra il 1628 e il 1630.
Tuttavia è la Roma della Controriforma la più vivace fucina musicale dell'europa cattolica: l'eredità di Palestrina e la presenza di numerosi mecenati e alti prelati musicofili hanno permesso anche alla musica profana di fiorire nei palazzi come nei vicoli.
I cardinali Aldobrandini e Del Monte furono tra i più attivi promotori della scena musicale romana e favorirono i talenti di compositori del calibro di Luca Marenzio (1553- 1599) e Girolamo Frescobaldi (1583-1643), animando la scena culturale della capitale e favorendo intellettuali poliedrici come Athanasius Kircher: il Mondo e le sue “maraviglie“ (1602- 1680).
Marenzio, maestro di cappella presso gli Aldobrandini prima e presso gli Orsini poi, fu autore di madrigali spirituali “a cappella” che, pur rispettando i dettami controriformisti di chiarezza e semplicità, denotano una grande ricchezza e complessità formali ed una notevole aderenza armonica alle immagini contenute nei testi. Fu anche compositore profano e per le occasioni mondane organizzate dai cardinali nei loro palazzi compose madrigali e villanelle ispirandosi allo stile colto della musica “reservata” cinquecentesca, mettendo in musica molti testi poetici di Francesco Petrarca.
Frescobaldi fu un virtuoso dell'organo e ricoprì il ruolo di organista prima presso Santa Maria in Trastevere e poi presso San Pietro. Influenzato della lezione monteverdiana e affascinato dai virtuosismi vocali del neonato melodramma, volle trasporre nella musica strumentale la fioriture tecniche di quella vocale, nel tentativo di suscitare solo con gli strumenti le stesse emozioni e sensazioni che il canto regalava al pubblico. Sono famosi a tal proposito i suoi Ricercari, forma musicale variata e fiorita che avrà grande diffusione per tutta la prima metà del XVII secolo, e le Toccate e partite d'intavolatura di cimbalo .
Anche Stefano Landi (1587-1639) ovvero Il poeta della Morte fu un beneficiario del mecenatismo e dell'ospitalità di cardinali e nobili romani: nato a Roma, spese nell'Urbe quasi tutta la sua carriera, passando dai Borghese al cardinale Maurizio di Savoia, ai Barberini. Questi ultimi furono i suoi contributori più importanti tra il 1620 e il 1630 e per loro scrisse la sua opera più celebre, il Sant'Alessio (1632). Profondo interprete della Controriforma, denota nella musica sacra maggiore dimestichezza e innovazione rispetto a quella profana: i suoi madrigali e le sue arie si discostano poco dallo stile rinascimentale se non per l'uso del basso continuo, mentre nei Mottetti, nei Vespri e nel Magnificat lo stile è più originale e sperimentale, sempre conformemente ai dettami conciliari.
Il Sant'Alessio risente anch'esso dell'impulso dato al “recitar cantando” e si articola come un dramma musicale in 3 atti su libretto di Giulio Rospigliosi (il futuro papa Clemente IX), rappresentato per la prima volta il 23 febbraio 1632. Si discosta dai temi classici e mitici del nascente melodramma poiché descrive le vicende storiche della vita di S. Alessio, proponendo una caratterizzazione psicologica di tipo nuovo nell'ambito del teatro d'opera. Gli elementi della nascente opera lirica ci sono tutti: danze e sezioni comiche si alternano ad arie serie, recitativi e ad un lamento in forma di madrigale, raggiungendo una innovativa ed originalissima fusione di polifonia e monodia.
Molti furono i musicisti che, da altre parti d'Italia, si recarono a Roma per perfezionare il loro stile ed attingere alle innovazioni e ai caratteri della scuola romana durante la prima metà del XVII secolo.
E' questo l'esempio del bussetano Tarquinio Merula (1595-1665), che nella capitale ricoprì il ruolo di organista in Santa Maria Maggiore e in San Giovanni e a cui si deve probabilmente il nome della via Merulana, che egli percorreva quotidianamente per recarsi a servizio nella basilica Laterana. Compositore di madrigali, canzonette e dialoghi musicali (un nuovo genere di “recitar cantando” in botta e risposta) che certamente risentirono dell'influenza landiana, fu tra coloro che più contribuirono nel secondo quarto del Seicento a rendere ben differenziati aria e recitativo.