Prima della straordinaria fioritura artistica poi mitizzata nel termine "classicismo" Vienna era ancora "provincia italiana". La decadenza della Hofkapelle segnò una sorta di capitolazione dei musicisti locali di fronte all'importazione disordinata di autori e stili. Nell'ultimo trentennio del Settecento il ruolo dell'Italia come fulcro dell'Europa musicale venne declinando contemporaneamente all'ascesa della triade viennese, Franz Joseph Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart, Beethoven, che non era isolata ma rappresentava la punta più avanzata di una serie di esperienze musicali importantissime e di un'intera generazione di autori, in parte provenienti dalla cosiddetta scuola di Mannheim, in parte attivi come pianisti e compositori nella capitale austriaca.
L'attivismo frenetico della Vienna di fine '700 si specchiava nella disponibilità dei mecenati e nell'intensa presenza esecutiva dei concerti pubblici, in particolare di quelli organizzati nel periodo di Quaresima e di Natale, quando cioè i teatri erano chiusi, da Gassmann, fondatore nel 1772 della Tonkunstler-Sozietat.
Nel 1765, in occasione delle nozze fra Giuseppe II e Maria Giuseppina di Baviera, andò in scena la prima rappresentazione dell'opera di Metastasio intitolata il Parnasso confuso corredata dallo spartito di una stella nascente del firmamento musicale: Christoph Willibald Gluck.
Senonchè questo riformatore del melodramma non si riconobbe più nei libretti del Metastasio e trovò in Ranieri de' Calzabigi, che era un funzionario delle finanze austriache, un altro letterato italiano capace di fornire testi meglio corrispondenti alle intenzioni del compositore. L'opera Alceste, frutto della loro collaborazione, andò in scena per la prima volta al teatro di corte di Schonbrunn nel 1767.
Il soggetto era ispirato, come sempre, all'antichità classica, tuttavia quest'ultima non servì più da supporto per scene-madri riferite all'attualità, ma da fondale per ideali atemporali. I nuovi eroi e le nuove eroine non incedevano più sul palcoscenico come se fossero alla corte del Re Sole, ma cercavano, sulle orme degli antichi, intesi ora come personaggi-simbolo di un'esemplare luminosità, di accostarsi alla loro eletta semplicità oppure umile grandezza.
L'imperatrice Maria Teresa, pur disposta a vedere la tradizione piegata alle esigenze della modernità, esitò ad approvare la nuova musica. Già nel 1762 aveva assistito a Vienna alla rappresentazioni dell'Orfeo ed Euridice di Gluck, e quest'opera non le era particolarmente piaciuta. Poi però, quando le dissero che il pubblico non risparmiava le lodi, volle vederla e ascoltarla una seconda volta e, dopo lo spettacolo, donò al librettista Calzabigi un anello di brillanti e al musicista Gluck cento ducati.
Tuttavia il giudizio dell'imperatrice non mutò: "Gluck e gli altri sanno a volte comporre uno o due buoni brani, ma tutto sommato continuo a preferire gli italiani... Nel campo della musica strumentale lavora anche un certo Haydn che ha delle idee straordinarie, pur essendo appena agli inizi".
Maria Teresa non si rese conto che proprio nel periodo del suo governo stava nascendo a Vienna "l'epoca d'oro della musica", soprattutto di quella strumentale. Haydn scrisse nel 1755 i suoi primi quartetti per archi e nel 1759 la prima sinfonia. Infine, nel 1773, nella capitale dell'impero di Maria Teresa, scoccò l'ora di Mozart.
Il giovanissimo musicista c'era già stato undici anni prima, quando tutti lo chiamavano ancora "Wolferl": nel 1762, a solo sei anni, gli era stato consentito di suonare il piano di Schonbrunn, davanti a Maria Teresa. "Wolferl è saltato in grembo all'imperatrice, le ha gettato le braccia al collo e l'ha baciata con trasporto. Per farla breve, siamo stati con lei dalle tre alle sei" scrisse Leopold Mozart.
A Maria Teresa il piccolo era piaciuto ed era stata subito incantata dal bambino, giudicando stupefacente il suo virtuosismo, ovvero l'aspetto che maggiormente apprezzava in ogni musicista. Non si era resa conto di aver assistito al debutto di un genio e, in seguito, non lo volle come musicista di corte.
Quando nove anni dopo, nel 1771, il figlio Ferdinando, governatore della Lombardia, le chiese di poter assumere alle sue dipendenze e condurre con sé da Vienna a Milano "un salisburghese" di nome Wolfgang Amadeus Mozart, "un giovane che suona il pianoforte con bravura straordinaria e compone musica graziosa", Maria Teresa gli scrisse: "Non saprei in che qualità lo possiate assumere, perchè non credo davvero che abbiate bisogno di un compositore o d'altra gente disutile al vostro seguito. Se tuttavia questo dovesse farvi piacere, non ve lo voglio negare. Quel che dico valga solo a dissuadervi dall'addossarvi il peso di persone inutili, e guardatevi inoltre dal conferire a gente simile dei riconoscimenti che attestino che sia stato al vostro servizio. Nuocerebbe alla buona fama di questo servizio se questa gente se ne vantasse poi girovagando e mendicando per il mondo; tenete inoltre presente che quel giovane salisburghese ha una numerosa famiglia".
L'imperatrice insomma giudicò Mozart come un qualsiasi suonatore ambulante, di quelli che si ascoltano en passant, per distrarsi e divertirsi, e questo perchè gli spettacoli, grandi o piccoli, erano pur necessari, come aveva già osservato in un'altra occasione, per far passare meglio il tempo nelle altrimenti noiose residenze.