La commissione dell'opera
Le statue del gruppo dell’Annunciazione per il Duomo di Orvieto furono commissionate al Mochi agli inizi del ‘600 in tempi diversi.
Ai Sopranisti dell'Opera del Duomo, Mochi, fu raccomandato dal duca Mario Farnese, la cui famiglia era originaria della zona ed aveva una forte influenza in città.
La prima opera scolpita dall’artista fu l’Angelo annunziante, commissionato nel 1603 e collocata nel 1605 sopra la Balaustra accanto alla porticina verso la Capella nuova del Duomo.
La Vergine annunziata fu commissionata nel 1608 ma non collocata immediatamente all’interno del Duomo per opposizione del cardinale Sannesio, vescovo di Orvieto, anche se i committenti erano soddisfatti del lavoro dell’artista.
Le due figure sono indissolubilmente legate, sia dal punto di vista formale che spirituale ma furono rimosse nell’Ottocento dalla loro collocazione all’interno del Duomo e sistemate nei depositi del Museo dell’Opera del Duomo, in una posizione che non aiuta a comprendere alcuni valori importanti come quello della luce.
Ora si trovano nel complesso di S. Agostino disposte con l'originale disposizione.
Le statue
L’Angelo e la Vergine sono alti rispettivamente 185 e 210 cm., mantengono un buono stato di conservazione anche se L'Angelo presenta una piccola mutilazione dell’indice della mano destra. Esso probabilmente teneva un giglio di cui rimane lo stelo. Nel panneggio di entrambe le statue è presente qualche lieve forellino, in punti in cui il marmo è più sottile, probabilmente serviva a provocare un riverbero della luce che filtrava attraverso la Cappella di San Brizio.
L'Angelo dell'annunciazione
Questa statua è stata definita da alcuni critici e fra questi Philippe Daverio, la prima statua barocca e credo che questo primato se lo meriti, sia per il linguaggio usato che per la scena nel complesso teatrale ma addirittura cinematografica.
L’Angelo è colto nel momento in cui sta scendendo dal cielo, appoggiato su una nuvola che lo sorregge dando anche una dimensione spaziale alla scena. Il panneggio è turbinosamente mosso dal volo, mentre col braccio indica quella che all’interno del Duomo sarebbe stata la fonte di luce, ossia la Cappella Nuova, indica quindi Dio.
Il marmo è lavorato con estrema perizia e perfetta armonia delle proporzioni mentre i dettagli e l'agilità della scena rendono la figura viva e possente nella sua grazia ed esuberanza. Il volto è estremamente espressivo e magnetico nella sua perfetta bellezza.
La Vergine
L’espressione dell'Angelo rivela una irruenza e allo stesso tempo una sorta di corruccio, dovuto probabilmente alla reazione della Vergine. Questa infatti non è un’ascoltatrice paziente del messaggio divino, ma viene colta in piedi, appena alzata dalla sedia, che è ancora in bilico e alla quale rimane impigliato l’abito, con il libro di preghiere stretto al seno come protezione, e con le gambe rivolte nel senso opposto all’Angelo, quasi pronta per fuggire.
L’espressione non è di rassegnazione ed unisce il timore per il sopraggiungere dell’Angelo ad uno sdegno fiero e quasi altero, che ne fa una reale “regina dei cieli”.
Pochissimi elementi, una sedia ed un libro, connotano la scena dal punto di vista spaziale e realistico. Addirittura la parte inferiore della sedia sembra sfondata, a sottolineare la massa poderosa della Vergine, che non è certo una presenza esile a confronto dell’Angelo. Anche questa differenza ha una sua ragion d’essere: l’Angelo è di dimensioni minori perché è ancora in cielo e quindi più lontano.