Musica barocca e barocchi musicisti alla corte di Luigi XIV
Nella Francia di Luigi XIV re di Francia la musica era protagonista ovunque: in chiesa, a corte, nei palazzi del Marais, ai balli campestri, nelle taverne. Molte erano le dame che si dedicavano al canto, alla danza, allo studio del liuto o del clavicembalo, discipline obbligatorie nell'educazione delle fanciulle della buona società.
Protettrici delle arti, le nobildonne incoraggiavano i musicisti: Mademoiselle de Blois, figlia del Re e di Madame de Montespan, studiava clavicembalo con Delalande che le dedicò alcune sue composizioni; appassionata di musica come suo marito, il futuro Reggente, quando i musicisti del Re suonavano presso Madame de Maintenon non si lasciava mai sfuggire l'occasione di essere presente. Madame de Montespan offriva concerti tutte le sere, stratagemma infallibile per attirare Luigi XIV e fece conoscere alla corte una clavicembalista di soli quindici anni, Mademoiselle Jacquet, i cui virtuosismi mandavano tutti in visibilio.
Mademoiselle de Guise ospitava nel suo palazzo a Parigi uno dei più grandi compositori e organisti dell'epoca, Marc Antoine Charpentier, affidandogli la direzione dei concerti.
La regina Maria Teresa d'Austria, per contro, manteneva i suoi musicisti più per tradizione che per gusto personale, in ciò raro esempio nella famiglia reale.
Il delfino, al contrario, era presente a tutte le opere, in sintonia con la moglie, protettrice del grande clavicembalista d'Auglebert; il loro figlio, il duca di Borgogna, imparò a suonare il clavicembalo sotto la guida di Couperin; la sua giovane moglie prendeva invece lezioni di danza da Raynal ed era ascoltatrice instancabile degli artisti che Luigi XIV metteva a sua disposizione; il Re si recava spesso a far visita alla nipote dove ascoltava frammenti d'opera di Lulli.
Molière nella sua commedia “Il borghese gentiluomo”, consigliava al protagonista “di dare un concerto di musica ogni mercoledì e ogni giovedì, di avere tre voci, una alta, una contralta e una bassa, che saranno accompagnate da una viola, da una tiorba, da un clavicembalo e da due violini”.
Alcuni musicisti davano concerti privati, ma in generale erano attirati da Luigi XIV; al Louvre, la corte danzava e cantava nell'appartamento dei sovrani; nel castello delle Tuileries, il “teatro delle macchine” costruito da Vigarani ospitava le opere di Lulli; a Fontainebleau, la Corte si riuniva nella galleria dei cervi; a Versailles, invece, non vi era un luogo fisso per gli spettacoli: i concerti si svolgevano indifferentemente nel maneggio della grande scuderia, davanti alla serra, nella corte di marmo, sulle sponde del Grande Canale, e naturalmente all'interno del palazzo.
Il re e la sua corte assistevano tutte le mattine a una messa bassa durante la quale si poteva ascoltare l'orchestra della Cappella. Il sovrintendente e compositore della camera del Re, Lulli, imponeva il suo gusto a proponeva dei “miserere” e dei “Te Deum” di sua composizione. A fianco dell'organista si schieravano violini, violoncelli, contrabbassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe e timpani; gli intenditori zittivano i chiacchieroni per apprezzare meglio i talenti della grande banda o della piccola banda dei violini del re.
I musicisti della camera avevano un trattamento privilegiato poiché vivevano a stretto contatto con il sovrano da quando si svegliava a quando si coricava; suonavano a palazzo tutte le sere, nelle tribune dei balconi dorati del salone di Marte e Luigi XIV ne chiamava spesso alcuni in camera sua per un concertino improvvisato e ciò, per il compositore Couperin, significò il successo e la gloria.
La danza
Fin dal XVI secolo esisteva uno spettacolo completo, tipico della Francia, chiamato balletto di corte. Si trattava di una festa che aveva come filo conduttore un tema tratto il più delle volte dalla mitologia e che si svolgeva in uno scenario fantastico: grotte, conchiglie giganti da cui sorgevano le ninfe, palazzi in fiamme con draghi, mostri marini, carri volanti. In questo spettacolo, protagonista era la danza, arte favorita di Luigi XIV; la coreografia era opera di un maestro di ballo, che si avvaleva di poeti per i testi, e della musica di Lulli.
I costumi realizzati in tessuti preziosi - raso, velluto, mussola - erano ornati di gioielli, veri o falsi. La Notte indossava un manto cosparso di stelle; il Fiume portava una gonna di canne e alghe; un'acconciatura eccentrica e una maschera espressiva - comica, tragica, ripugnante - perfezionavano l'artificio.
Luigi XIV prendeva parte attiva a questi balletti, dotato di una spontanea eleganza e di un vero talento per la danza. In queste occasioni le distinzioni gerarchiche sparivano: una duchessa si accompagnava a un danzatore professionista, il grande signore a una ballerina di teatro.
Le dame lavoravano intere settimane per preparare i loro travestimenti; Mademoiselle de Blois "ama la danza appassionatamente e vi fa spicco fra tutte le persone del secolo; balla durante gli intervalli del Signore di Pourceaugnac e del Borghese gentiluomo" (Sourches).
Il balletto di corte raggiunse il suo apogeo nelle grandi feste di Versailles e quando il re nel 1670 abbandonò le scene, Lulli ne approfittò per far evolvere lo spettacolo verso la tragedia-balletto, dai contenuti meno frivoli.
Non si deve però credere che la danza del XVII secolo avesse sempre un aspetto così spettacolare: alcuni cantanti e pochi suonatori erano spesso sufficienti a formare un'orchestra al cui suono tutti ballavano, anche ragazzi e ragazze che si univano ai divertimenti degli adulti. Ogni occasione era buona: un matrimonio, un battesimo, una qualsiasi festività, durante il carnevale soprattutto.
Famosi, in questa epoca, erano i balli mascherati di corte: il Delfino cambiava otto o dieci costumi in una sola serata; la duchessa di Borgogna diventava, di volta in volta, spagnola, sultana, lattaia, fattucchiera; la fantasia non mancava: ci si travestiva da pulcinella, da persiano, da Flora, da Inverno, da vaso cinese e persino da comignolo. La corte dovette ricordare a lungo l'anno 1669, quando tremila maschere affollarono una festa data in onore del Delfino.
I balli dell'epoca erano lenti, gravi; grande era l'importanza data ai movimenti delle braccia e alle riverenze che richiedevano leggiadria e grazia; i lunghi strascichi delle dame non semplificavano certo le cose.
Il ballo non era solo divertimento per chi vi partecipava, ma anche spettacolo per chi vi assisteva. Ecco come si svolgeva un gran ballo a corte: "Il re si pone a lato dell'orchestra, con la regina al fianco (in assenza di questa, con la prima principessa di sangue reale). Ognuno, secondo il rango, si mette in fila dietro alle loro Maestà. Vengono scambiate le riverenze, quindi il re e la sua dama aprono le danze. Dopo di che ballano la gavotta; seguono le danze a coppie, come la corrente, eseguita appena dopo il ballo d'apertura". Altri balli in voga erano la pavana, il minuetto, la giga, la passacaglia e la gagliarda. Un secolo dopo uno dei balli più amati sarà il minuetto.
I " balli regolati", ai quali ciascun ballerino partecipava a turno, erano sottomessi a regole severe: quando si rifiutava l'invito di una persona non si poteva accettare quello di un'altra; si dovevano onorare soprattutto le maschere, che nascondevano personaggi di alto rango; era sconsigliato dondolare la testa e battere i piedi in cadenza.
Il Teatro si rinnova
All'inzio del secolo, tra un passaggio e l'altro delle compagnie italiane e francesi, gli appassionati di spettacolo dovevano accontentarsi di applaudire buffoni infarinati e mascherati: Guglielmone, Turlupino, Tabarino.
A Parigi venivano allestite due sale teatrali, una all'Hotel de Bourgogne l'altra al Petit Bourbon ma con l'avvento di Corneille, il cardinale Richelieu, per proteggere gli artisti, creò l'Académie Francaise.
Con il grande drammaturgo, il repertorio teatrale si rinnovò in maniera rivoluzionaria e audace. Il teatro prima di Corneille proponeva ancora balletti di corte di soggetto ridicolo, farse grossolane o commedie in italiano ma con le sue opere il modo di fare teatro si inchinò alle regole auree degli antichi: unità di luogo, di tempo e d'azione.
Presto il pubblico si appassionò ai nuovi eroi delle tragedie, protagonisti delle opere di Corneille come El Cid, Cinna e Orazio. Le Compagnie gelose l'una dell'altra si contendevano gli attori e le prime donne del momento, mai prima di allora la storia del teatro fu così densa di innovazioni e di fasto.
Borghesi e studenti affollavano le platee; gli elegantoni i palchetti; i nobili, per mancanza di spazio, si assiepavano ai lati della scena.
Lo spettacolo iniziava sempre con una tragedia, seguita da una commedia, interpretate entrambe in costumi contemporanei; la durata degli atti era limitata a quella delle candele: una mezz'ora circa; le entrate in scena erano quanto mai tumultuose: fischi, claque, canzoni; i giornali uscivano con dettagliati resoconti delle prime.
I teatri aprivano tre giorni a settimana e interrompevano le recite durante i giorni di festa e in quaresima. In occasione di uno spettacolo eccezionale, si arrivava a pagare sei luigi per un palchetto
I commedianti del Re, al palazzo reale, avevano alla loro testa il più illustre uomo di teatro del momento, Molière, autore, attore e regista, che riportò un successo dietro l'altro con opere come: Le preziose ridicole, La scuola delle donne ecc.
Le "magnifiche tre" della compagnia di Molière, la ricercata e intelligente Béjart, la maliziosa Armande sposa di Molière, la raffinata marchesa du Parc, erano sempre presenti ad ogni festa reale: a Versailles, a Fontainebleau, a Saint-Germain, a Chambord.
Molière si dedicò alla creazione di uno spettacolo completo e per il sovrano e la Corte ideò due commedie-balletti: "Georges Dandin" e "Il Borghese gentiluomo"; Lulli ne compose le musiche ma quando il musicista si dedicò all'opera, la rottura tra i due artisti fu inevitabile.
Dopo Corneille, la tragedia teatrale continuò grazie all'immenso talento di Racine che fece rappresentare opere come Andromaca, Berenice, Ifigenia, Fedra. Mademoiselle Champmeslé, con magiche interpretazioni di questi grandi ruoli femminili, fece sciogliere in lacrime per trent'anni tutti gli spettatori.
Madame de Maintenon commissionò a Racine due tragedie edificanti, Ester e Atalia, che furono poi interpretate dalle ragazze del collegio di Saint-Cyr.
Molière morì sulla scena nel 1673, alla fine della quarta replica del "Malato immaginario"; ne seguì una completa disorganizzazione di tutto il teatro e Luigi XIV per riparare la situazione creò nel 1682 la Comédie francaise, ancor oggi di fama mondiale.
Feste e Tornei
Luigi XIV non lesinava certo ai suoi sudditi le occasioni per divertirsi: trattati di pace, processioni di bandiere a Notre-Dame, nascita di un Delfino, fuochi di San Giovanni, festa di San Luigi, tutto serviva da pretesto per spettacoli pirotecnici e balli pubblici.
Le feste più celebri del regno si svolsero a Versailles e la Gazette, libri e incisioni ce ne offrono ancora oggi i dettagli.
Famosa è rimasta la festa de' I piaceri dell'isola incantata che il sovrano fece dare a Versailles nel 1664; i festeggiamenti durarono dal 5 al 14 maggio e più di seicento persone soggiornarono nel castello. Il tema della festa si ispirava all'Orlando Furioso dell'Ariosto e per l'occasione il re chiamò a sé i migliori artisti del momento: il grande Molière, il pittore Lebrun, il musicista Lulli e il tecnico degli effetti speciali, Vigarani.
Fuochi artificiali sul Grande Canale. Le feste che si davano a Versailles impressionavano per sfarzo e raffinatezza. Sul canale, natanti di ogni specie erano a disposizione delle dame per condurle al Trianon o al Serraglio; la passeggiata in Gondola era uno dei passatempi preferiti.
Luigi XIV interpretò il ruolo principale, quello di Ruggero che, trattenuto con i suoi cavalieri nell'isola della Fata Alcina, riesce ad essere liberato dal sortilegio grazie all'anello di Angelica.
La prima sera, la corsa all'anello fu un vero e proprio pretesto offerto ai cavalieri per far sfoggio della loro abilità e della sontuosità dei loro costumi. Il vincitore, fratello di Mademoiselle de La Vallière, ricevette dalle mani della regina una spada d'oro e brillanti. La festa terminò con un banchetto fantastico. Il re presiedette il pranzo circondato dalla madre, Anna d'Austria, dalla moglie Maria Teresa d'Austria e dalle dame di Corte.
Il servizio era assicurato da quarantotto personaggi portanti sulla testa vassoi ricolmi di cibi e di frutta, e vestiti, a gruppi di dodici, secondo le stagioni che rappresentavano: giardinieri, mietitori, vendemmiatori, vegliardi bianchi di gelo.
Candelabri a ventiquattro candele e duecento torce sorrette ciascuna da un servitore mascherato diffondevano una luce più gradevole di quella del giorno.
L'indomani notte, in un teatro allestito in una radura, Molière rappresentò la sua commedia "La Principessa d'Elide", nella quale il ruolo della protagonista fu interpretato da Mademoiselle Molière; seguirono le evoluzioni di fauni, pastori e pastorelle. La sera del 9 fu consacrata ai balletti; un fantasmagorico spettacolo pirotecnico, tra le cui fiamme scompariva il palazzo di Alcina, mise fine ai piaceri dell'isola incantata. Il re tuttavia, prolungherà gli svaghi con un torneo alla tedesca: il cavaliere, correndo a briglia sciolta, doveva infilzare, rispettivamente con lancia, spada e chiaverina (una specie di giavellotto a punta corta), una testa di turco, di moro e di Medusa. Il vincitore, il duca di Coisline, ricevette dalla regina una rosa di diamanti.
L'11 maggio ebbe luogo una passeggiata al Serraglio, dove il re mostrò ai suoi ospiti ammirati i suoi uccelli rari, e una lotteria che distribuì alle dame premi preziosi; la regina Maria Teresa si aggiudicò il primo premio.
Molière rappresentò altre tre sue commedie: "Gli importuni", "Il Tartufo", "Il matrimonio forzato"; poi, il 14 maggio, la corte si recò a Fontainebleau dove il re diede molte altre feste, soprattutto nel 1668 e nel 1674, tutte di uno sfarzo indicibile.