Regole di retta vita
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in cucina barocca
Francesco di Sales tratta in modo esemplare del rapporto tra cibo e sesso e dei piaceri che ne derivano attenendosi agli scrupolosi dettami cristiani.
Qualche somiglianza tra i piaceri vergognosi e quelli del mangiare, perché entrambi riguardano la carne, quantunque i primi, a cagione della loro brutale veemenza, si chiamino essenzialmente carnali. Spiegherò dunque ciò che non posso dire degli uni, con quel che dirò degli altri.
1 - Il prender cibo è ordinato dalla conservazione della specie; pertanto, come il mangiare semplicemente per nutrirsi e conservarsi è cosa buona, santa e comandata, così ciò che è richiesto al matrimonio per la procreazione dei figli e la moltiplicazione degli individui è cosa buona e santissima, perché è il fine principale delle nozze.
2 - Mangiare non per conservar la vita, ma per conservare la reciproca conversazione e familiarità che dobbiamo gli uni agli altri, è cosa immensamente giusta e onesta: e così pure la reciproca e legittima soddisfazione delle parti nel santo matrimonio è chiamata «debito» da san Paolo.
3 - Come coloro che mangiano per il dovere della scambievole conversazione devono mangiare volentieri e non quasi per forza, e in più cercar di mostrare buon appetito, così il debito nuziale deve essere sempre reso fedelmente, lealmente e appunto come se si sperasse di procreare figliuoli, anche se per qualche ragione non si potesse nutrire questa speranza.
4 - Mangiare non per i due scopi anzidetti, ma semplicemente per accontentare l’appetito, è cosa tollerabile ma non lodevole; infatti, il solo piacere dell’appetito dei sensi non può essere scopo sufficiente a render lodevole un’azione: è già molto se la rende tollerabile.
5 - Mangiare non solo per semplice appetito, ma per intemperanza e sregolatezza, è cosa più o meno biasimevole a seconda che l’intemperanza è grande o piccola.
6 - L’eccesso nel mangiare non consiste solo nella esagerata quantità del cibo, ma anche nel modo e nella maniera di mangiare. E da rimarcare, mia cara Filotea, che il miele, così adatto e salutare alle api, possa tuttavia esser loro così nocivo che talvolta le fa ammalare, come quando, in primavera, ne ingurgitano troppo; ciò, infatti, provoca loro il flusso di ventre e le fa talora inesorabilmente morire, come quando han coperto di miele la parte anteriore della testa e delle alette. In verità, il commercio nuziale, che è così santo, giusto, raccomandabile, utile allo Stato, è tuttavia in qualche caso pericoloso per coloro che lo praticano; infatti, talvolta, rende le loro anime gravemente inferme di peccato veniale come nei casi di semplice eccesso; e talvolta le fa morire di peccato mortale come quando l’ordine stabilito per la procreazione dei figli è violato e pervertito; nel qual caso, a seconda che si devii più o meno da quest’ordine, i peccati sono più o meno esecrabili, ma sempre mortali.
7 - È un vero indizio d’animo canagliesco, vile, abbietto e infame pensare ai cibi e alle pietanze prima dell’ora del pasto; e ancor più il crogiolarsi poi nel piacere preso a mangiare soffermandosi in esso con parole e pensieri, e avvoltolando lo spirito nel ricordo della voluttà avuta inghiottendo i bocconi, come fanno coloro che, prima di desinare tengono fisso l’animo allo spiedo, e dopo il pranzo nei piatti; gente degna d’esser sguatteri da cucina che, come dice san Paolo, si fanno un Dio del loro ventre. Le persone onorate non pensano alla tavola che quando vi s’assiedono, e dopo il pasto si lavano le mani e la bocca per non sentire il gusto né l’odore di ciò che hanno mangiato.
L’elefante non è che una grossa bestia, ma è la più degna e la più sensata che viva sulla terra. Voglio darvi qualche saggio di quanto sia casto: non cambia mai la compagna e ama teneramente quella che ha scelto, con la quale però non si accoppia che di tre anni in tre anni, e per cinque giorni soltanto, e così segretamente, che non viene mai scorto in quell’atto; ma viene ben veduto il sesto giorno nel quale, prima di tutto, si dirige a qualche fiume in cui dilava interamente il corpo, senza voler assolutamente tornare al suo branco senz’essere prima purificato. Non sono, forse, belle e caste manifestazioni, con cui questo animale invita gli sposi a non restare legati con la passione alle sensualità ed ai piaceri che avranno goduti secondo le norme della loro condizione, e, una volta godutili, a lavarsene il cuore e i sentimenti, e a purificarsene quanto prima, per poter poi con assoluta libertà di spirito esercitare le loro altre attività più pure e nobili?
Credo d’aver detto tutto quel che volevo dire, e d’aver fatto capire, senza dirlo, quel che non volevo proferire.