La tecnica dell’incompiuto
Aggettivi come irrazionale, irreale, fantastico, complesso, oscuro, concitato, smisurato, esuberante, frenetico, transitivo, mutevole, ecc., sono di frequente usati per esprimere i caratteri presenti in qualsiasi manifestazione barocca, a fronte di aggettivi come logico, misurato, reale, chiaro, sereno, tranquillo, ecc., che denoterebbero invece una disposizione classica, mentre vi è soluzione di continuità e compenetrazione dei vari elementi.
Estremo ed esuberanza
Nel lessico comune e negli scritti di autori e critici, il barocco è spesso accomunato al termine “esuberante” ma la questione è più complessa, perché non è l’esuberanza a caratterizzare come tratto necessario e comune a tutte le manifestazioni culturali dell’epoca. Essa non è l’elemento specifico di un Vignola, di un Giacomo della Porta, di un Q. Latour o di un Perrault.
Lafuente Ferrari distingue una sobrietà concentrata per i grandi maestri del Seicento, che amano un’espressione contenuta. E i critici italiani hanno parlato di un «Barocco moderato», che in quegli anni prende corpo nella precettistica.
L’autore barocco può lasciarsi trasportare dall’esuberanza o può attenersi a una severa semplicità. Ma sia l’una che l’altra possono servire ugualmente ai suoi fini.
In generale, l’uso dell’una o dell’altra, per sembrare barocco, richiede una sola condizione: che in entrambi i casi si riproducano la dovizia o la semplicità, all’estremo. Spingersi all’estremo è un meccanismo di azione psicologica sui gruppi umani, strettamente legato ai presupposti e ai fini del Barocco.
In ogni caso né esuberante né semplice di per sé, ma comunque, l’uno o l’altro, per ragione di estremismo, per esagerazione.
Cavaliere all’eccesso, così Cervantes chiama Don Chisciotte. E furono simili a lui gli spagnoli del Seicento e molti europei. È un’impostazione spinta all’estremo quella dell’umile cosmogonia riflessa nei quadri di Sanchez Cotn, o quella della copiosa dovizia delle cose offerta con incomparabile esuberanza nelle tele di Rubens; è una maniera «estrema» la mezza monocromia di Rembrandt o quella del repertorio cromatico dolce e variato di Poussin.
Lo stupore
Durante il Barocco si cerca nello stupore l’idea di qualcosa di diverso da un’introduzione o accesso al sapere; l’idea di un effetto psicologico che provochi, per alcuni istanti, una ritenzione delle forze della contemplazione o dell’ammirazione, per lasciarle poi agire con più vigore una volta scatenate. Ecco perché va riferito il gusto per il nuovo, l’inusitato, il prodigioso, il meraviglioso, ciò che spaventa, nel senso di ciò che sorprende nella sua grandezza e stranezza.
Tutto questo si ottiene con studiati artifici, adoprando congegni che attengono al foro interiore dell’uomo e sui quali si agisce per produrre quella situazione transitoria di suspense. Carballo consiglia all’autore di teatro di scrivere «cercando di tenere sempre l’animo degli ascoltatori sospeso, ora allegri, ora tristi, ora ammirati e col desiderio di conoscere la fine degli avvenimenti, perché quanto maggiori sono la sospensione e il desiderio, tanto piu gradevole sarà poi la fine». Lope avverte che occorre procedere, nel narrare, raccontando «a maggior diletto di colui che ascolta nella sospensione di quello che spera». Tenere in sospeso l’animo: ecco il segreto.
Dopo avere scritto le sue prime dodici opere, tra cui si annoverano le più grandiose tragedie, le opere successive che Shakespeare compone sembrano più trascurate, quasi senza limature. Alcuni critici hanno voluto vedere ragioni esoteriche, di occulto simbolismo, altri hanno preferito supporre che l’autore fosse divenuto trascurato. E’ invece plausibile che Shakespeare abbia applicato un procedimento sempre più barocco, attraverso il quale il «non finito» mira a portare alla sospensione, all’intervento attivo del pubblico e al contagio e all’azione psicologica su di esso, a predisporlo verso taluni obiettivi a cui si vuole indirizzarlo.
Un altro esempio di tecnica dell’incompiuto è la pittura di Velazquez. Oggi è diventato un luogo comune segnalare in essa un carattere di pittura non finita, sprezzata. Ma limitandosi a una spiegazione biografica, si è voluto vedere il fatto come una svogliatezza del pittore, distratto dalla propria opera da preoccupazioni altre da quelle della pittura. Il procedere di Velazquez non è unico, ma si inserisce in una corrente generale dei pittori del suo tempo (es:Rembrandt), i quali praticano con fervore la pittura a sbozzo» o alla brava.
Il «trascurato» ha una sua precettistica. La funzione qui attribuita alla cosiddetta tecnica del «non finito», entro la precettistica del Barocco, viene sublimata nel valore conferito all’uso studiato della «trascuratezza».
L’opera barocca sembra additare verso un aldilà, oltre l’opera stessa, come se l’opera a sua volta non fosse altro che una propedeutica. E di qui deriva il suo carattere provvisorio, come di transizione, che talvolta si è fatto osservare, e che si traduce in un aspetto abbozzato o come se l’autore avesse interrotto d’un tratto il suo lavoro, forse pensando di tornarci sopra in un altro momento. In quell’ipotetico momento di interruzione lo spettatore interviene muovendosi efficacemente verso ciò che l’opera gli propone.
Tale è il senso di questa tecnica barocca: sospendere per spingere, dopo un momento di arresto provvisorio e transitorio, l’animo a muoversi con più efficacia, stimolato da quelle forze trattenute e concentrate, quindi liberate, ma sempre dopo averle collocate come dinanzi a un canale conduttore che le indirizzi.
La difficoltà
Nel Seicento l’elogio della difficoltà è motivo ripetuto, ma la cosa più interessante è che lo si imposta in termini pedagogici: un buono ed efficace insegnamento si deve servire del difficile, e pertanto del percorso dell’oscuro alfine di acquisire più solidamente un sapere. Secondo Carballo, non si può negare che «vedere le cose troppo chiare genera un certo fastidio e perciò si viene a perdere l’attenzione, così uno studente se leggerà quattro pagine di un libro senza prestare attenzione a ciò che legge, lo fa perché è chiaro e di cose ordinarie. Se invece lo stile del libro è difficoltoso e straordinario, ciò stesso lo stimola a lavorare per capirlo, in quanto siamo inclini a intendere e sapere, e due contrari fra loro si tendono così con la difficoltà cresce l’appetito di sapere».
Le anamorfosi
Interesse a guidare razionalmente i mezzi per incanalare e dirigere le mosse di un pubblico, utilizzo, sotto questo aspetto, dell’efficacia insita nella tecnica della sospensione, tendenza all’estremizzazione, impiego della forza pedagogica che offre la «sfida» del difficile, sono fattori che entrano nel gioco della visione barocca del mondo.