La crescita demografica costituisce uno stimolo per la produzione economica, e sin dal primo momento si avvertono come correlativi tutta una serie di fenomeni sociali, economici e politici. Nell’epoca barocca si è felicemente convinti di andare incontro a una società ricca di popolazione e quindi di beni, di potere e di prestigio.
La crescita demografica avviene per lo più in Francia, mentre in Spagna vi è un calo: tuttavia, l’attesa e la visione per un futuro popoloso predispone la politica ad agire in quel senso.
Lo Stato del diciassettesimo secolo, come primo stato moderno, vuole contare su una vasta popolazione, e si forma con caratteri propri di una cultura di massa.
Il Kitsch
Le alterazioni demografiche, a cui si accompagnano mutamenti nei rapporti tra i gruppi, nei costumi, nelle credenze e nei modi di vita, significarono una profonda trasformazione della cultura. I contadini che si stabilirono nelle città come proletariato e piccola borghesia impararono a leggere e a scrivere per essere più capaci, ma non conquistarono il tempo libero, né i mezzi necessari per ottenere i vantaggi che offriva la cultura tradizionale urbana. I contadini avevano perduto il gusto per la cultura popolare e avevano scoperto allo stesso tempo un’attitudine ad annoiarsi; ed ecco perché le nuove masse urbane cominciarono a premere sulla società per ottenere un genere di cultura idonea ad essere consumata.
Per soddisfare la domanda del nuovo mercato, si scoprì un nuovo tipo di merce: il succedaneo della cultura, il Kitsch.
Si tratta di una cultura — un’arte, una letteratura, i passatempi e le distrazioni sociali — prodotta per le esigenze di una nuova situazione della società, e tradotta in nuovi rapporti di mercato e di posizione delle masse che consumano e hanno a disposizione alcuni prodotti commercializzati. Studiando il secolo barocco si assite a un processo di massificazione sociale che implica il Kitsch, solo perché allora non esistevano radio o rotocalchi di cui il pubblico poteva servirsi.
L’irrompere della popolazione contadina nelle città avviene nel diciassettesimo secolo, e in questo secolo si collocano i primi fenomeni del Kitsch. Le grandi imprese produttrici, specializzate nel campo della produzione culturale, avrebbero dato luogo al Kitsch soltanto per ragioni di mercato.
Il Kitsch è delineato da connotazione negativa: una cultura volgare, caratterizzata dalla determinazione di tipi, con ripetizione standardizzata di generi, che presentano una tendenza al conservatorismo sociale, e rispondono a un consumismo manipolato.
Come il Kitsch del nostro tempo, il Barocco volgare non è una controcultura popolare, né propriamente un succedaneo della cultura, anche se l’espressione può essere usata in termini di mercato, considerando le sue possibilità di consumo. E’ una cultura di bassa qualità, che può essere una pseudo-cultura, una pseudo-arte e così via.
Nel Barocco la quantità di kitsch è data dalla quantità della tecnica di manipolazione; quindi ciò stesso che ne fa una «cultura guidata». Colui che si assume il compito di produrre cultura kitsch è direttamente interessato a questo, o almeno si è messo al servizio degli interessi a cui questa cultura provvede.
Consapevolezza del Kitsch
Coloro che oggi producono il Kitsch non sono ingenui, ma astuti psicologi di massa, vale a dire persone che indubbiamente sanno che cosa è il Kitsch, e che addirittura svolgono ricerche sistematiche sulle tecniche che producono le sensazioni specifiche del Kitsch. Tutto ciò è oggi fuori discussione. Ma erano consapevoli di questo Richelieu e il Conte-Duca? Lo sapevano Lope e Molière? Indubbiamente sì. Furono molti quelli che cercarono di diffondere un tipo di cultura basata sulla reiterazione, sul sentimentalismo, sulle facili passioni gratificanti, sulla subordinazione ad un prontuario di soluzioni scontate, sulla povertà letteraria. Naturalmente, questo non è il Barocco, e non lo studieremmo, ma è compreso nel Barocco: vi sono opere grandi seguite da un’infinità di opere mediocri, come non era mai prima accaduto.
Chi scrive, scolpisce, dipinge o costruisce, ha l’impressione di operare dinanzi a un pubblico sempre più numeroso, talché scompare il problema della accettazione o del rifiuto da parte del singolo, sostituendosi al suo posto la complessa problematica delle adesioni o dei rifiuti di massa.
La massa, il volgo
Durante il Seicento si manifesta un primo spostamento di significato del concetto di popolo, che come si constata in Lope de Vega o negli scrittori politici che parlano delle rivolte (Alamos, Saavedra, Lancina, ecc.), equivale ora al concetto di moltitudine o somma di individui indifferenziati, a una massa anonima, più di una volta denominata nei testi dell’epoca «volgo». Il «volgo» nel Seicento è sempre presente, sia che si parli di letteratura o si tratti di rappresentazioni teatrali, sia che si discuta della guerra, di difficoltà economiche, di politica.
In questo periodo si assiste a una fase di proletarizzazione e crescita della popolazione cittadina: con questo nascono nuove esigenze e nuovi espedienti del potere, come quello delle notizie e delle gazzette.
Richelieu, Mazarino e lo stesso Luigi XIII s’interessano alle prime manifestazioni della stampa periodica: proteggono la Gazette di T. Renaudot, inseriscono scritti propri o più direttamente ispirati da loro, manifestando così l’interesse del potere a manovrare uno strumento «diretto» e rivolto al pubblico.
Appellarsi all’opinione del pubblico non stava ad indicare, nella nuova situazione, che si riconoscesse il naturale buon senso nei giudizi e apprezzamenti, buon senso che la società tradizionale aveva sempre attribuito al popolo: nel medioevo il giudizio popolare veniva considerato come un elemento naturale, di carattere originario e salutare, dotato di virtù elementari, un presidio sicuro e fidato dell’ordine sociale ricevuto in retaggio.
Ora, invece, il volgo è una massa anonima il cui parere non traduce necessariamente un ordine naturale di razionalità. Lo scrittore barocco contempla lo spettacolo della forza incontrastabile che hanno i pareri della massa; conosce l’energia rivoluzionaria con cui, in alcuni casi, essa si è imposta, l’inquietudine che sempre la scuote, di fronte a uno stato di cose stabilito — il popolo «è sempre di per sé agitato», scrive un gesuita . Si affaccia la figura dell’agitatore dell’opinione. Si afferma che non è possibile opporglisi frontalmente, come non si può far fronte alla corrente di un fiume in piena — e subito nascerà l’immagine della corrente di opinione.