Non tutta la poesia del Seicento fu "barocca", nel senso di bizzarria, metaforismo, gusto per la meraviglia e per la composizione spettacolare, poiché vi fu anche una poesia che mirò a recuperare il classico (e una prosa scientifica che si espresse con rigore descrittivo o analitico), ma per quanto riguarda la lirica del Barocco la sua forma tipica fu il marinismo, che s’ispirò ai modi tipici del poeta napoletano Giovan Battista Marino, promotore del gusto estetico e linguistico, uomo e letterato inquieto che concepì l’arte come orgogliosa affermazione e segno di prestigio.
Il marinismo non fu una vera e propria scuola, ma rappresentò ugualmente un fenomeno omogeneo, con un ampio repertorio attraverso il quale poter suscitare la meraviglia.
I poeti marinisti rappresentarono gli aspetti più inediti e bizzarri della realtà, descrissero cose curiose fin nei minimi particolari, operando accostamenti strani ed insoliti: nacquero, così,poesie in cui si celebravano le donne o i loro vezzi, dedicate a dame brutte o deformi, storpie o guerce, poesie di lode per le pulci ed i pidocchi che adornavano il capo della donna amata, spesso involontariamente comiche.
Ma i marinisti celebrarono anche una materia che si potrebbe definire “modernistica”, come gli orologi, i congegni meccanici, le mine, le artiglierie; e poi ancora si profusero in dediche, commemorazioni, galanterie, con giochi verbali, stravaganze, metafore, variazioni intorno al senso proprio e figurato delle parole, con l’esaltazione degli opposti.
Eloquenti sono i titoli di alcune composizioni: Per un neo bruno che aveva la sua donna sul volto, Bella balbuziente, Cagnolino accarezzato, Occhi neri lodati, La mina, etc.
Tra i rimatori del tempo ricordiamo il friulano Ciro di Pers, il bresciano Bartolomeo Dotti, i bolognesi Girolamo Preti e Claudio Achillini, il napoletano Girolamo Fontanella, il siciliano Giuseppe Artale.
In tutti questi poeti ritroviamo l’abbandono del canone rinascimentale dell’invenzione ed un uso del linguaggio non selezionato (antipetrarchismo), talvolta ostentatamente “realistico”, dominando, sempre, in tale operazione, l’intelletto, la riflessione, giacché scopo del poeta marinista, ritenendosi completamente autonomo da ogni funzione morale e sociale, fu quello di tradurre in “concetti” e “argutezza” le scoperte della sensibilità.