La giurisdizione feudale
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in politica barocca
La signoria fondiaria oltre al dominio sulla terra ha anche potere su quanti abitano nel territorio con poteri di coercizione e comando ed anche, se concessi di natura giuridica.
Questi poteri tuttavia non sono automatici e vengono dati con discrezione di chi li concede, nel tempo e spesso sotto remunerazione in denaro ma possono anche esser revocati.
Molti signori conservano infine alcune vestigia di dominio sulle persone dei loro vassalli, che si esprimono, per esempio, nel diritto di esigere prestazioni di lavoro gratuito.
Generalmente i diversi titoli ad esercitare la giurisdizione feudale, connessi rispettivamente alla signoria fondiaria, alla detenzione del potere giurisdizionale in senso proprio sui contadini vincolati dal servaggio, vengono a cumularsi nella stessa persona. Le eccezioni non mancano e un contadino può dover pagare tasse ad un signore, dipendere dalla giustizia di un altro e prestare corvées ad un altro ancora.
I signori godono dei diritti di sorveglianza e polizia su alcuni fondamentali aspetti della vita del feudo contro i furti, i danni campestri, che sono tra le maggiori occasioni di controversie all’interno delle comunità rurali. Il signore è quindi poliziotto e giudice nel ristabilire l'ordine.
La giurisdizione feudale si estende anche a quanto avviene nelle strade e nelle piazze del villaggio, dove le quotidiane occasioni di contatto e scambio sociale possono facilmente trasformarsi in controversie e litigi. Solo quando al feudatario si oppone un altro soggetto giuridico di interesse pubblico, lo Stato a volte interviene per affermare la propria competenza. Di competenza dello Stato, e non del signore, finiscono così per essere anche le cause che oppongono uno o più vassalli alla comunità, in materia di gestione delle entrate o dei patrimoni comunitativi.
L'esercizio della giustizia
Lo stato si riserva verso le comunità poteri propri che variano e limitano il potere delle signorie, il controllo e il contenimento della giustizia baronale sono però costituiti dai tribunali statali di grado superiore. Il livello di dipendenza dei vassalli si misura dunque sulla loro maggiore o minore facoltà di presentare ricorso ad un tribunale non feudale: lo Stato di Milano, per esempio, garantisce in ogni caso il ricorso ad un maggior magistrato cittadino.
Alcuni sovrani cercano di assicurare il corretto funzionamento dei tribunali feudali anche attraverso norme che garantiscano un minimo di autonomia dei giudici signorili. I criteri di nomina e i requisiti che si richiedono da questi rappresentanti del signore sono infatti fissati da ordinanze dello Stato e tendono di solito a salvaguardare ma con scarso successo.
A Milano il giudice deve essere forestiero e laureato in legge, dura in carica per due o tre anni, durante i quali non può essere rimosso, e la sua conferma in uno stesso luogo deve essere approvata dagli abitanti.
I poteri di polizia e la giustizia civile rientravano tra le prerogative del feudatario ma era invece lo stato a gestire le concessioni che riguardavano la giustizia criminale. In Francia la situazione cambiava da regione a regione. Intorno a Parigi solo grandissimi signori godevano del diritto di alta giustizia e potevano innalzare le forche, che erano il simbolo di questo privilegio. In Bretagna invece quasi la metà dei signori era competente anche in materia criminale. La stessa mancanza di omogeneità si incontrava in Spagna: mentre in Aragona quasi tutti i signori godevano di prerogative eccezionalmente ampie, in Castiglia i loro poteri erano originariamente molto più ristretti.
Dal punto di vista economico la giustizia non era redditizia, le entrate derivanti dall’attività del tribunale erano limitate e le stesse ammende per i danni dati, che pure erano estremamente invise alla popolazione, non fruttavano più che esigue percentuali del reddito di una signoria.
Le banalità
Le entrate maggiori delle signorie erano le banalità e assicuravano il diritto esclusivo di fornire i servizi fondamentali e incamerarne i proventi di: mulini, forni, macelli, osterie, pizzicherie, torchi, frantoi, ecc., erano quindi esercizi esclusivi del signore, che li dava in gestione o li appaltava a mugnai, osti, fornai... Inoltre il diritto di monopolio non implicava solo l’esclusione di altri dall’esercizio di quelle attività ma anche l’obbligo dei vassalli ad utilizzare solo i servizi offerti dal barone: quindi, per esempio, vietava loro di recarsi fuori del territorio del feudo per rifornirsi presso un altro fornaio o far macinare il grano in un altro mulino.
In una logica parzialmente diversa rientravano invece le tasse imposte sui passaggi di proprietà, per vendita, successione, o altro, dei poderi contadini che attestavano, come vedremo, l’originaria dipendenza di quelle terre dal signore. E anche gli omaggi feudali, da tributarsi in galline, uova, burro o altro, avevano lo scopo di dichiarare i limiti dei possedimenti dei vassalli e il loro legame con il signore.
fonte scientifica e per approfondimenti:La Feudalità in età moderna di Renata Ago, Laterza 1994