Galileo Galilei scienziato
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in scienza e scienziati
Nasce a Pisa il 15 febbraio 1564 da Vincenzo Galilei e Giulia Ammannati. Il padre Vincenzo, conoscitore della matematica e conscio delle difficoltà pratiche per tale professione, spinge il figlio a studiare medicina sulle orme di un avo, Galileo Bonaiuti, che nel XV secolo si era distinto nell'esercizio dell'arte medica e in onore del quale un ramo della famiglia aveva preso il nome di Galilei. Il giovane Galileo studia come novizio al Convento di Santa Maria in Vallombrosa a Firenze, dove rimane fino all'età di quindici anni. Nel 1580 si iscrive alla facoltà di medicina dell'Università di Pisa. Dopo quattro anni il giovane rinuncia a qualsiasi titolo accademico e ritorna a Firenze, dove diviene discepolo di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Niccolò Tartaglia: è a questa scuola che Galileo studia i problemi di matematica applicata, di meccanica e di idraulica. Galileo cerca di farsi conoscere nel mondo accademico diffondendo i suoi scritti e partecipando attivamente alla vita culturale del suo tempo con lezioni e conferenze pubbliche. Durante la sua permanenza a Pisa, tra il 1585 e il 1586, Galilei tira le prime conclusioni sul centro di gravità dei solidi con i Theoremata circa centrum gravitatis solidorum e risolve il problema della Corona di Erone inventando uno strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei corpi: ne descrive i dettagli nel breve trattato La bilancetta.
Galileo docente
Nel 1589 l'Università di Pisa gli assegna la cattedra di Matematica. Nonostante lo stipendio di sessanta scudi sia appena sufficiente per sopravvivere, Galileo riesce a produrre ottime idee e strumenti. Negli anni seguenti, infatti, lavora intensamente studiando il pendolo, che gli consentirà di stabilire la legge dell'isocronismo nelle oscillazioni. Studia il moto dei corpi materiali ed enuncia il principio di azione e reazione. Inventa il piano inclinato ed esegue esperimenti, usando sfere di materiale diverso, per stabilire che la velocità di caduta non dipende dal peso: stabilisce che la massa che si oppone al moto e quella che produce il moto sono equivalenti.
Nell'estate del 1591 muore il padre Vincenzo, e la madre e i fratelli minori sono a suo carico. Lo stipendio dell’Università non dà molte prospettive per il futuro, così Galilei si rivolge ancora al Marchese Del Monte, il quale, grazie anche all'appoggio del Cardinale Francesco Maria, riesce a convincere l'Università di Padova a chiamarlo come Professore di Matematica. Il 26 settembre 1592 viene quindi emanato il decreto di nomina, con uno stipendio di 180 fiorini l'anno. Il 7 dicembre Galileo tiene il discorso introduttivo e dopo pochi giorni inizia un corso destinato ad avere un grande seguito presso gli studenti.
Invenzioni e realizzazioni
Nel 1593 realizza la macchina per portare l'acqua ai livelli più alti, ottenendo dal Senato Veneto un brevetto per l'utilizzazione pubblica per un periodo di venti anni. In quel periodo padovano incontra Marina Gamba, dalla quale avrà tre figli: Virginia, che gli resterà accanto fino alla morte, Livia e Vincenzo.
Tra il Luglio e l'Agosto del 1609 perfeziona il cannocchiale, dotandolo di lenti ottiche lavorate con alta precisione, facendone uno strumento scientifico. Nel Marzo 1614 inventa il metodo per determinare il peso dell'aria, scoprendo che è settecentosessanta volte più leggera dell'acqua: all’epoca, al contrario, si pensava che l'aria non avesse peso. Tra il 12 e il 15 novembre 1614 Galilei riceve a Firenze la visita di Giovanni Tarde, al quale parla del suo microscopio, invenzione cui non può dedicare molto tempo. Impiegherà infatti ben dieci anni per perfezionarla. Nel 1618 compaiono nel cielo tre comete: questo fatto sembra mettere in discussione il modello copernicano, ma a Galileo interessa solo un fatto: le comete si muovono negli spazi oltre la Luna, e quindi in quella porzione ritenuta imperturbabile dal pensiero antropocentrico dominante.
La scienza e la Chiesa
Nel 1616 il Santo Uffizio mette all'indice dei libri proibiti dalla Chiesa Cattolica sia la cosmologia copernicana sia l’opera di Galileo, il quale viene convocato a Roma per rispondere delle sue teorie. Qui prova a difendere le idee copernicane, nonché le sue, dall'accusa di essere contrarie agli insegnamenti della Bibbia, ma allo scienziato viene intimato di non professare più tali idee. Ciò non impedisce al Galilei di continuare i suoi studi e pubblicare, nel 1623, Il Saggiatore, nel quale polemizza con il padre gesuita Orazio Grassi. Nel 1632 pubblica il Dialogo di Galileo Galilei sopra i due Massimi Sistemi del Mondo Tolemaico e Copernicano in cui espone il principio di Relatività e il suo metodo per determinare la velocità della luce. L'anno dopo Galileo viene processato per eresia e condannato al carcere a vita, una pena che riesce a far convertire in isolamento solo abiurando le sue teorie: la pena viene scontata prima nel palazzo dell'Arcivescovado di Siena, poi nella sua villa di Arcetri.
Nel 1638 pubblica i Discorsi e Dimostrazioni Matematiche intorno a due nuove scienze: in esso tratta le leggi del moto e la struttura della materia.
Il padre del metodo scientifico si spegne l'8 gennaio 1642, a Firenze, circondato dai suoi allievi e nella quasi totale cecità. Viene infine assolto dall'accusa di eresia solo nel 1992, 350 anni dopo la sua morte.
Studi fisici di Galileo
Le scoperte scientifiche di Galileo sono strettamente connesse all’evoluzione del metodo e del pensiero scientifico dello scienziato che studia per tutta la vita il fenomeno del moto.
Principio d’inerzia
La fisica aristotelica concepiva la quiete quale stato naturale dei corpi, ed il moto come qualcosa di innaturale che viene meno appena cessa la forza che lo produce. I moti erano per gli aristotelici o naturali o violenti. Naturale era il moto con cui un corpo si dirigeva verso il suo «luogo naturale», violento il moto che lo conduceva fuori del suo luogo naturale. Per spiegare come i corpi che si muovevano di moto violento potessero continuare, per un certo tempo, in una direzione diversa da quella naturale, si ricorreva all’azione motrice dell’aria.
Galileo intuisce il principio di inerzia secondo cui un corpo tende a conservare indefinitamente il suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché non intervengano forze esterne a modificare tale stato. Viene così superato il doppio pregiudizio secondo cui la quiete è qualcosa di «naturale» e il moto si mantiene solo finché permane la forza che lo ha provocato. L’enunciazione del principio di inerzia non perviene a un’enunciazione generale e precisa del principio, ma tanto basta a Galileo per intraprendere una svolta decisiva nella speculazione scientifica e arrivare a nuovi risultati di studio.
Le leggi sulla caduta dei gravi e il secondo principio della dinamica
La fisica aristotelica credeva che la velocità di caduta dei corpi fosse direttamente proporzionale al peso dei corpi che cadono e venisse accelerata dalla spinta che l’aria comunica al moto. Galileo giunge invece a risultati diversi e per certi aspetti opposti. Se due corpi dello stesso peso cadono insieme, e durante la caduta si uniscono, essi costituiranno un corpo unico, che avrà un peso doppio rispetto a ogni singolo corpo, ma che si muoverà con la medesima velocità, in quanto nessuno dei due varia la propria velocità per il fatto di essere unito o staccato dall’altro; ciò significa che tutti i corpi, qualunque sia il loro peso, cadono con la stessa velocità. E se l’esperienza immediata sembra confutare tale legge ciò è dovuto alla resistenza del mezzo, ossia, in questo caso, dell’aria. Galileo non disponeva ancora della pompa ad aria - inventata da Torricelli - e non poteva osservare i corpi cadere nel vuoto; si narra che una serie di esperimenti reali vennero eseguiti lasciando cadere dall’alto della torre di Pisa una sfera del peso di una libbra e una di cento libbre, e che il risultato confermò la tesi di Galileo: la seconda sfera arrivò a terra con brevissimo anticipo rispetto alla prima. Non è chiaro se l’esperimento dalla torre di Pisa sia stato realizzato o meno, ma Galileo smentisce Aristotele secondo il quale, nell’istante in cui la seconda palla tocca terra, la prima avrebbe dovuto percorrere la centesima parte del percorso, dato il rapporto di peso di 1 a 100.
Il secondo principio della dinamica è un contributo decisivo alla meccanica moderna: le forze applicate ai corpi non causano loro delle velocità, ma accelerazioni che risultano proporzionali alle forze che le hanno prodotte. L’accelerazione è perciò una variazione di velocità e la massa di un corpo un rapporto di proporzionalità tra le forze ad esso applicate e le accelerazioni prodotte da tali forze.
Fine della scienza aristotelica
Galileo intuisce che il sistema copernicano è valido, e grazie all’utilizzo del telescopio ne ebbe la prova empirica (per quanto non scientifica) sancendo il definitivo abbandono delle verità del sistema aristotelico. Ancora nel 600 la scienza aristotelica era ritenuta la verità che confermava la teologia della Chiesa, ponendo la Terra al centro dell’universo. Non mancarono in quel periodo parecchi studi per rinnovare la scienza aristotelica, come quello del gesuita Cristoforo Clavio; come sappiamo era pericoloso mettere in dubbio la tradizione millenaria di queste credenze, basate su osservazioni a occhio nudo di uomini di migliaia di anni prima. Gli aristotelici ritenevano che la Luna avesse superficie levigata a differenza della Terra, mentre le osservazioni di Galileo con il telescopio rilevavano la presenza di montagne e canyon. L’osservazione di Giove tramite il cannocchiale fa scoprire i suoi satelliti, battezzati “medicei”, e fa intuire a Galileo che compiono attorno ad esso movimenti analoghi a quelli che la Luna compie attorno alla Terra. Ma se Giove ruota insieme ai propri satelliti intorno al Sole, come suppone Copernico, nulla vieta di pensare, secondo Galileo, che anche la Terra, con il suo satellite, possa ruotare intorno al Sole. Per la cosmologia tolemaica i corpi celesti erano incorruttibili: teoria già messa in dubbio da Ockman, Leonardo, Cusano e Bruno. Galileo però ne ha la prova empirica, grazie all’osservazione delle macchie solari che compaiono e scompaiono dimostrando l’alterazione dei corpi celesti. Le nuove scoperte suscitano sgomento nei filosofi tradizionalisti, che arrivano addirittura a pensare che il telescopio sia un’opera diabolica. Nell’antichità e ancora nel Medioevo si era sempre creduto che la sola Terra fosse un corpo opaco, ma la scoperta galileiana delle fasi di Venere porta a pensare che anche altri pianeti possano essere, al pari della Terra, illuminati dal sole o da altre stelle.
Tramite il telescopio Galileo scopre che oltre le stelle visibili ad occhio nudo esistono innumerevoli altre stelle mai scorte prima; che la galassia non è nient’altro che un insieme di innumerevoli stelle disseminate a gruppi negli spazi; che le nebulose sono parimenti «greggi» di piccole stelle.
Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
Con l’ascesa al soglio pontificio di Urbano VIII nel 1632, Galileo pensa che il nuovo corso sia favorevole alle sue idee. Si decide quindi a pubblicare il “Dialogo sopra i massimi sistemi” con il quale difendeva il sistema copernicano e distrugge il sistema aristotelico tolemaico. L’opera è in forma di dialogo: Simplicio prende la parte del tradizionalista e aristotelico, Salviati (nobile fiorentino amico di Galileo) prende la parte del sistema copernicano. Moderatore è un amico veneziano dello scienziato, Sagredo, che non oppresso dai pregiudizi simpatizza per le nuove teorie.
Il Dialogo è diviso in quattro giornate, nella prima delle quali si pone sotto accusa la distinzione aristotelica fra il mondo celeste e quello terrestre, con argomenti tratti soprattutto dalle osservazioni astronomiche divulgate nel Sidereus Nuncius e dai suoi studi di meccanica dei movimenti.
La seconda giornata, la più vivace, è dedicata alla confutazione degli argomenti tipici — antichi e moderni — contro il moto della terra (ad alcuni dei quali si è già accennato parlando di Copernico). Contro chi sostiene ad esempio che la Terra, ruotando davvero su se stessa, solleverebbe un vento tale da trasportare tutti gli oggetti, Galileo, per bocca di Salviati, risponde che l’aria partecipa dello stesso movimento della terra, e quindi in rapporto ad essa è ferma, come risulta fermo un individuo su di una nave in moto. Contro chi obbietta che se la Terra si muovesse davvero da ovest ad est le nuvole dovrebbero apparirci continuamente in moto da est ad ovest, oppure il volo degli uccelli non potrebbe tener dietro al velocissimo spostamento del nostro pianeta, Galileo risponde, per analogia, che l’aria partecipa del moto della terra, la quale si come conduce seco le nuvole, così porta gli uccelli ed ogn’altra cosa che in essa si ritrovasse pendente: talché, quanto al seguir la Terra, gli uccelli non v’hanno a pensare, e per questo servizio potrebbero dormir sempre.
Al noto argomento - uno dei prediletti dagli aristotelici - secondo cui se la Terra si muovesse davvero da ovest ad est i gravi, cadendo dall’alto, dovrebbero cadere non perpendicolarmente, come di fatto accade, bensì obliquamente, cioè più verso ovest, essendosi la terra, nel frattempo, spostata verso est, Galileo ribatte puntualizzando che il grave partecipa del moto da ovest verso est e quindi, muovendosi insieme alla terra, cade perpendicolarmente. Come è vero che un sasso, lasciato cadere dalla cima dell’albero di una nave in movimento, si ferma ai piedi dell’albero, proprio come se la nave stesse ferma. Lo stesso avviene all’interno di quel sistema più vasto che è la Terra.
Ecco che sue parole: Riserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun grande naviglio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto a basso; e stando ferma la nave, osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, ... fate muover la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma.., le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, senza caderne pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è per aria, la nave scorra di molti palmi...
Considerando la Terra come sistema chiuso, l’aria circostante si muove insieme con essa e i gravi cadono comportandosi come se la terra fosse immobile.
Nella terza giornata del Dialogo viene dimostrato il moto di rotazione della terra mostrando come il sistema copernicano sia semplice e chiaro al contrario del complicato e astruso sistema tolemaico.
Nella quarta giornata viene esposta la dottrina delle maree, che risultano dalla combinazione del movimento della terra intorno al proprio asse con quello intorno al sole. Questa teoria invero è errata, ma toglie poco alla verità complessiva del Dialogo contro la vecchia cosmologia.
Il metodo della scienza
Galileo non sviluppa una teoria generale per il metodo scientifico; tuttavia, nelle sue opere emerge il suo schema di lavoro articolato in due momenti: per prima cosa risolve i fenomeni complessi nei suoi elementi semplici, quantitativi e misurabili, formulando un’ipotesi matematica sulla legge da cui dipende. In seconda istanza procede alla verifica e all’esperimento, attraverso cui tenta di comporre o riprodurre artificialmente il fenomeno, in modo tale che se l’ipotesi supera la prova, risultando quindi verificata, essa venga accettata e formulata in termini di legge, mentre se non supera la prova, risultando smentita o falsificata, venga sostituita da un’altra ipotesi. Staccandosi dalle apparenze sensibili, Galileo mette le basi per il divorzio fra mondo della fisica e mondo comune, che è una caratteristica della scienza moderna: l’esperienza non ha valore scientifico se non viene legittimata dall’esperimento.
Lo scienziato italiano parla nei suoi scritti di esperimenti mentali, che consistevano nell’immaginare con la mente come nella realtà i fenomeni fisici potessero comportarsi. Questo modo di procedere è dovuto alla mancanza di strumenti tecnici adeguati per formulare le ipotesi e per verificarle. Egli suppone infatti l’assenza di forze, immagina piani perfettamente levigati, si raffigura il movimento nel vuoto, eccetera. Per dimostrare ad esempio la falsità della teoria aristotelica sulla caduta dei gravi, Galileo escogita uno dei più famosi esperimenti teorici della storia della scienza, quello dei due corpi che pur unendosi nella caduta continuano ad avere la medesima velocità.
Galileo perviene a quella struttura concettuale che costituisce lo schema teorico della scienza moderna: la natura è un ordine oggettivo strutturato di relazioni governate da leggi, e la scienza è un sapere sperimentale-matematico. Contro ogni considerazione finalistica e antropomorfica del mondo, le opere della natura non possono essere giudicate con un metro puramente umano, cioè sulla base di ciò che l’uomo può intendere o di ciò che a lui torna utile. Pazzo è l’uomo che dichiara inutili quelle opere della natura di cui egli non intende l’utilità ai suoi fini. Noi non sappiamo a che cosa serva Giove o Saturno e non sappiamo neppure a che cosa servano molti dei nostri organi, arterie e cartilagini, che non sapremmo neppure di avere se non ci fossero mostrati dagli anatomisti. I nostri pareri o consigli non riguardano la natura e non hanno valore per essa le nostre ragioni probabili. Non dobbiamo ricercare perché la Natura opera in un certo modo, ma come opera. Galileo non nega l’esistenza di finalità, ma sposta l’oggetto dell’indagine nell’ambito del possibile e dimostrabile: Il tentar l’essenza, l’ho per impresa non meno impossibile e per fatica non men vana nelle prossime sostanze elementari che nelle remotissime e celesti: e a me pare essere egualmente ignaro della sostanza della Terra che della Luna...
Nell’approccio alla scienza, Galileo - pur non essendo un filosofo e non avendo elaborato un sistema rigoroso del suo metodo - si è ispirato ad alcune idee generali, di tipo «filosofico», attinte dalla tradizione o da dottrine contemporanee, ma originalmente rielaborate.
a) La fiducia nella matematica viene incentivata e convalidata dalla dottrina platonico-pitagorica della struttura matematica del cosmo, ossia dalla persuasione che la « fattura» reale del mondo sia di tipo geometrico: La filosofia è scritta in questo grandissimo libro, che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.
b) I dati quantitativi sono di primaria importanza, e la riduzione dell’oggetto scientifico a struttura matematicamente trattabile viene supportata dal ricorso all’antica distinzione atomistico-democritea fra proprietà oggettive e proprietà soggettive dei corpi. Quantità, figura, grandezza, luogo, tempo, movimento, quiete, contatto, distanza, numero, sono proprietà inseparabili dai corpi materiali, mentre sapori, odori, colori, suoni, sussistono solo negli organi sensibili, ma non sono caratteri oggettivi dei corpi, sebbene siano prodotti da essi: stimo che, tolti via gli orecchi, le lingue e i nasi, restino bene le figure i numeri e i moti, ma non già gli odori né i sapori né i suoni, li quali fuor dell’animal vivente non credo che sieno altro che nomi, come a punto altro che nome non è il solletico e la titillazione, rimosse l’ascelle e la pelle intorno al naso.
c) Fondamentale importanza del rapporto causale e delle leggi generali scoperte dalla scienza, basate sul principio che a cause simili corrispondano necessariamente effetti simili.
d) La fiducia nella verità assoluta della scienza viene confortata mediante la teoria secondo cui la conoscenza umana, pur differendo da quella divina per il modo di apprendere e per l’estensione di nozioni possedute, risulta simile per il grado di certezza. Infatti, per quanto riguarda le dimostrazioni matematiche, la qualità della certezza è identica in quanto 2 + 2 = 4 sia per noi che per Dio.
Il cannocchiale di Galileo Il trattato scientifico Il caso Galileo Galilei