Le origini
Miguel de Cervantes Savedra vide la luce in una modesta famiglia di Alcala de Henares, il padre Rodrigo era medico mentre la madre curava la famiglia, numerosa di sette figli. Il magro compenso del lavoro del padre costringono la famiglia a viaggiare tra Valladolid, Salamanca ed in fine Madrid dove Miguel frequenta il collegio El estudio.
La vita di Cervantes è parecchio avventurosa e girovaga, verso il 1570 dovette fuggire in Italia, sotto la protezione di Giulio Acquaviva per evitare il taglio della mano a causa di una brutta avventura con certo Antonio de Segua.
Prima cortigiano e poi militare partecipa alla guerra contro i turchi rimanendo offeso della mano sinistra nella battaglia di Lepanto. Riparato a Napoli partecipa successivamente alla spedizione di Corfù e alla battaglia di Tunisia.
Nel 1575 partito da Napoli per Madrid viene fatto prigioniero da una nave pirata rimanendo in cattività fino al 1580 quando fu pagato il riscatto. Il ritorno in Spagna però gli riserva un durissimo periodo di strettezze economiche.
Nel 1584 sposa Catalina de Salazer e si stabilisce nella provincia di Toldeo, pubblica La Galatea, ma la sua felicità dura poco; separatosi dalla moglie due anni dopo si trasferisce in Andalusia occupandosi di provvigioni militari e successivamente come percettore di imposte.
La prigione lo ospita una volta per irregolarità amministrative e successivamente per omicidio dalla quale accusa venne però scagionato.
Nel 1606 segue la corte di Filippo III trasferendosi a Madrid e dedicandosi ad una intensa attività letteraria.
Muore il 23 aprile del 1616 povero e solo.
La filosofia letteraria
Cervantes concepì un ideale poetico particolare, distinto dai suoi contemporanei. La poesia viene considerata come stile di vita, come mezzo pratico che si serve anche delle altre discipline non solo per dilettare: serve sempre a qualcosa. Capace di muovere i monti, e trasformare Alonso Quijano in Don Quijote: il suo operato rivela continuamente la sua importanza di meccanismo decisivo nella condotta umana. Come nel caso di Omero, Dante o Goethe, Cervantes è un amalgama unico e universale di cultura e arte.
L’ampia cultura di Cervantes fu per lo più autodidatta e per questo ricca di osservazioni non accademiche che rendono fresca la invenzione e la ricerca poetica e narrativa. Non possiamo dimenticare tuttavia che ebbe come maestro di latino Lopez de Hoyos, famoso all’epoca, che lo guidò alla scoperta di Erasmo, studio prezioso perla futura opera cervantina.
Cervantes captò in Erasmo un concetto ottimista della natura umana un senso non materiale del messaggio cristiano e uno spirito critico che ne avrebbero fatto necessariamente un dissidente nella Spagna ufficiale dell’epoca. Erasmo non è importante solo come teologo riformatore, ma anche come fonte di tecniche rinnovate, maestro supremo di ciò che oggi chiamiamo humour, e costituisce parte essenziale della modernità letteraria. Lo sviluppo di questa eredità è stato per lui un impegno di vita e al tempo stesso un grande piacere che condivide con i suoi lettori. Cervantes ha proiettato all’estremo l’idea erasmiana che nobilita il riso considerandolo una pazzia misurata, che protegge dagli eccessi di una ragione disumanizzata.
Le opere
Cervantes inizia la sua carriera di letterato professionista con un romanzo pastorale, La Galatea, pubblicata ad Alcalà de Henares nel 1585. Per il periodo si trattava ormai di un modello narrativo consunto di base umanistica, basato sulla teorizzazione amorosa si direbbe a prima vista che abbia costituito un passo falso per Cervantes, smentito completamente dall’orientamento successivo della sua opera. Il mondo e la natura bucolica sono minacciati da una realtà diversa, rappresentata dal villaggio, nelle cui vicinanze scorre l’azione. L’opera offre continue manifestazioni di sottile malcontento circa l’inadeguatezza di quel tipo di linguaggio, o discorso poetico, per un’efficace espressione del sentimento e soprattutto circa la convenzionalità del continuo ricorso al verso.
Lo stile e la concezione d’arte di Cervantes si sconstano sia dall’idea classica sia da quella dei contemporanei ma non ebbe mai problemi né rimorsi per il suo atteggiamento di distacco verso il classicismo ufficiale, allora chiamato per eccellenza l’arte.
La Galatea servì a dargli meritatamente un posto dignitoso tra i primi letterati professionisti del suo tempo. Ma non gli dette solo un nome, influenzò anche in modo peculiare il resto della sua opera come lezione proficua e spesso meditata. Il pastorale rimane ormai in lui come substrato di tecniche rettificate in cui si impostatno diversi livelli di superamento.
Cervantes affilò anche le sue prime armi letterarie coltivando l’arte drammatica, dalla quale confessa di essere istintivamente affascinato. Al ritorno dalla prigionia di Algeri l’influenza del grande Lope de Rueda e dei comici italiani avevano risvegliato una vivace passione popolare per il teatro, che da questo momento diventa il passatempo favorito di tutti gli spagnoli. Cervantes sembra aver goduto di una certa voga effimera con le commedie sulle sue esperienze di prigioniero o sulla cronaca di attualità, ispirate inizialmente ad un concetto di teatro «a notizia».
Ei cerco de Numancia si rivela un capolavoro, nella presentazione della lotta fatidica tra la città spagnola e gli assedianti romani, Cervantes punta ambiziosamente all’obiettivo supremo della tragedia classica, ma in modo nuovo e diverso rispetto al neoaristotelico. L’opera vale come condanna delle calamità della guerra e della sua crudeltà verso gli innocenti, secondo il più puro irenismo di Erasmo. D’altra parte, il giudizio espresso sul sacco di Roma del 1527, considerato un atto di giustizia storica operato da un impero contro un altro, va visto come un atto di coraggio, che basta da solo ad indicare come non fosse di spirito «tridentino».
Il problema fisso è la sua continua riflessione a distanza sul teatro di Lope, che va dalla semiparodia della commedia d’intreccio con La entretenida a un ravvicinamento alla sua formula in El rufidn dichoso. Come nella prosa, infatti, non cercò di trarre vantaggi da «i casi dell’onore», che Lope aveva così caldamente raccomandato per il loro sicuro successo nell’Arte nuevo de bacer comedias. Di fronte al conformismo di Lope i suoi temi potranno essere forse meno fortunati, ma non mancano mai di fornire elementi di rischio del tutto estranei al solito cliché, come succede, per esempio, con il tema dell’incesto ne La entretenida, o con i problemi della tolleranza religiosa che pone La gran sultana. Ogni dramma ha uno scheletro e una struttura propria, come ogni personaggio viene ad illustrare un problema umano specifico e differente, risolto bene o male, ma mai consueto o meccanico e sempre di grande interesse.
Gli Entremeses costituiscono un caso a parte. Ei retabio de las maraviiias (Il quadro dei portenti) non è solo un capolavoro del genere comico, ma il culmine del conflitto tra realtà e finzione, che alcuni vogliono chiamare pirandelliano, ma di cui Pirandello riconosceva la presenza in Cervantes. Il denso quadro di vita madrilena offerto da La guarda cuidadosa (La vigile sentinella) infonde nuova vita al dibattito medievale tra chierico e cavaliere, e, ricco di dettagli d’osservazione localista, arriva a costituire di diritto un breve, ma pungente dramma senza aver nulla del popolarismo di Lope. Stabilendo continui ponti tematici e concettuali, Ei juez de los divorcios (Il giudice dei divorzi) e Ei viejo celoso (Il vecchio geloso) puntano sul problema del matrimonio. Il primo è una confessione autobiografica sulle poco felici esperienze coniugali dell’autore, mentre il secondo serve da contrappunto naturalista alla novella del Celoso extremeno.
Il Don Chisciotte
Don Chisciotte viene universalmente considerato il primo romanzo moderno. Una satira brillante che racconta le avventure di don Chisciotte, anziano gentiluomo di campagna, e Sancio Pancia, contadino e scudiero.
Flaubert scrisse: Quello che v’è di prodigioso nel "Don Chisciotte" è la perpetua fusione dell’illusione e della realtà, che fa di questo un libro tanto comico e tanto poetico.
Don Chisciotte è un hidalgo, un gentiluomo di campagna, che rappresenta quella nobiltà decaduta, di fatto esistita nella Spagna del Cinquecento, economicamente debole, costretta a vivere in modo inattivo, ozioso, meschino e monotono. Per evadere dalla monotona realtà si rifugia nella lettura dei romanzi cavallereschi tanto da rimanerne così suggestionato da voler intraprendere una nuova vita da cavaliere. Presa l’antica armatura, assume il nome di Don Chisciotte della Mancia, si fa armare Cavaliere della Triste Figura da un volgare oste, eleva a dama dei suoi pensieri una rozza contadina e, cavalcando in groppa ad un ronzino, battezzato Ronzinante, intraprende la vita errante.
Da questa follia inizia il suo viaggio di avventure in cui la realtà viene trasfigurata dall’ideale del cavaliere: scambia mulini a vento per smisurati giganti, branchi di montoni per eserciti, osterie per castelli, una dama per principessa prigioniera. Come pergi oco un bambino così il cavaliere vede il semplice cappello di cartone un elmo, un lungo ramo la lancia, il povero ronzino un indomito destriero, la donna rozza la dama del cuore alla quale dedicare le imprese eroiche, e il semplice contadino assume la dignità di fedele servitore.
Coprotagonista decisivo e fondamentale dell’opera è Sancio Panza, il servitore, che nel romanzo si pone come elemento di concretezza, che riesce ad equilibrare e a contenere la fantasia troppo sciolta del cavaliere. Sancio è un istintivo che sente la necessità materiale, è la realtà che si contrappone al sogno. Contadino rozzo e goffo, ignorante ma non sciocco, è tuttavia capace di buon senso e ragion pratica che gli impediscono di concepire strane fughe dalla realtà.
E' proprio dal contrasto tra i due personaggi che scaturisce la filosofia del romanzo ed anche la sua comicità. Don Chisciotte è comunque la guida, una metafora della nostra mente come Sancio del nostro corpo.
Elenco delle opere
Per la prosa ricordiamo: Il romanzo pastorale La Galatea del 1585; il Don Chisciotte della Mancia del 1605 e il seguito del 1615; i Racconti esemplari del 1613; la Via del Parnaso del 1615; I travagli di Persiles e Sigismondadel 1615.
Fu prolifico poeta ecco le sue opere: Exequias de la reina Isabel de Valois, A Pedro Padilla, A la muerte de Fernando de Herrera, A la Austriada de Juan Rufo, Al túmulo del rey Felipe II.
Scrisse anche opere teatrali: Comedia del cerco de Numancia, Ocho comedias y ocho entremeses nuevos nunca representados, Los tratos de Argel, El gallardo español, La gran sultana, Los baños de Argel.