Cartelami e sagome
Scritto da Laura Savani. Pubblicato in mirabilia
I Cartelami
Quello dei cartelami fu un fenomeno ligure tipico del Seicento, anche se gli esemplari pervenutici sono per lo più del Settecento e dell‘Ottocento.
Praticamente sconosciuti ai più, la loro origine è da ricollegarsi agli apparati effimeri del barocco romano.
Costruiti come fondali, essi venivano montati su telai pieghevoli, il tutto realizzato con l’intento di ampliare l’altare attraverso una struttura tridimensionale che ricordasse quella di un arco trionfale. Dei “teatrini sacri” derivanti chiaramente dalle “macchine” progettate per le feste religiose.
Tuttavia per “cartelame” si intende soprattutto una sagoma di cartone (di qui la parola cartelame) dipinta solo su un lato a tempera o ad olio, irrigidita sul retro con una tela o con stecche di legno o canne.
La loro origine è da ricercarsi soprattutto nella necessità di allestire la rappresentazione della settimana santa attraverso un apparato di grande impatto emotivo. Spesso i cartelami venivano montati nella settimana di Carnevale, tra la domenica e il martedì grasso, assumendo un valore di meditazione ed espiazione per i peccati che i fedeli avrebbero potuto compiere durante il Carnevale, contrapponendosi in questo modo alle trasgressioni della festa.
Le dimensioni dei cartelami divennero, con il passare del tempo, sempre più imponenti, così elaborati e spettacolari da essere considerati delle vere e proprie opera d’arte. La loro funzione era soprattutto quella di attrarre i fedeli e indurli alla preghiera, suscitando contemporaneamente, stupore e meraviglia.
I personaggi realizzati venivano fissati sulla scena con una resa pittorica tale da sembrare animati. La scenografia era dinamica, costruita con i criteri dei fondali teatrali. Il palcoscenico era l’altare stesso, il cartelame più grande era quello rappresentante il punto focale della scena mentre le altre figure venivano poste sui gradini, sul pavimento o accanto alle balaustre della cappella.
Un grande lenzuolo fungeva da sfondo e andava a ricoprire le pareti e il soffitto; l’effetto era decisamente illusionistico.
Successivamente però, per migliorare l’effetto, i cartelami vennero costruiti su un tavolato posto sul pavimento della cappella, simulando con la cartapesta il terreno. Si arrivò persino a simulare la vegetazione con fiori e piante artificiali. La luce delle candele fu ridotta proprio come si era soliti fare in teatro. Tra le sagome venivano poste delle ciotole di rame piene d’olio nelle quali galleggiavano degli stoppini di sughero accesi. L’effetto era una luce crepuscolare e suggestiva.
Completava il tutto un elemento di antica tradizione: un buon numero di semi di grano, orzo, miglio e avena (in alcuni casi anche lenticchie, piselli, ceci) lasciati germogliare al buio in alcuni piatti su un terreno di segatura umida. Il risultato era quello di ottenere germinati di color oro pallido. Tali piatti venivano posti tra le sagome a scopo ornamentale.
Presepi a sagoma
Coevi ai cartelami furono anche i presepi realizzati in cartone. Essi si svilupparono a partire dal XVII secolo nella Germania cattolica e nel Tirolo, meglio noti come Papierkrippen. Una tradizione che perdura anche oggi in alcune chiese bavaresi e austriache.
In Italia, la produzione di presepi realizzati a sagoma, ebbe un notevole sviluppo nel Settecento in Liguria ma soprattutto in Lombardia dove è registrata l’attività di Francesco Londonio, pittore, incisore e scenografo autore di un magnifico presepe a sagoma per la chiesa di San Marco a Milano, che ancora oggi si può ammirare.
Gli effetti illusori dei presepi a sagoma sono molto simili alle famose “vues d’optique” e ai diorami teatrali. La particolarità dei presepi a sagoma era quella di essere una produzione destinata anche alle mura domestiche come attestano i diorami teatrali realizzati da Martin Engelbrecht su scene religiose tratte dal vecchio e nuovo testamento.
I diorami
I diorami, scene di diverso genere riprodotte in scala ridotta a tre dimensioni, divennero molto popolari nel Settecento come mezzo di intrattenimento. Martin Engelbrecht, famoso incisore operante in Austria sotto il regno degli Asburgo, creò diversi diorami teatrali in miniatura costituiti da 5-8 scenari di carta che, disposti l’uno dietro l’altro, creavano un effetto illusionistico.
Le Sagome
Nel Seicento molti artisti si dedicarono alla realizzazione di sagome a grandezza naturale, raffiguranti uomini, donne o animali, dipinti su legno.
Utilizzate sia come elemento d’arredo, sia come fermaporte, le sagome rappresentavano in maniera molto realistica persone defunte o ancora viventi, personaggi letterari o fiabeschi.
Tipica della Fiandra, questo tipo di pittura ad effetto trompe-l’oeil si diffuse ben presto anche in altri paesi come Francia e Inghilterra.
Giunta fino a noi la sagoma di una ragazza con un cesto di rose e un mazzolino di fiori opera, forse, dell’artista Jacques Linard, operante alla corte di Luigi XIII.
Datata 1625, questa sagoma, mirabile per la bellezza del viso e dei fiori ma anche per la veste e i merletti, era “tanto ben fatta che gabbava quasi la gente”, come ebbe a dire il segretario di Francesco Barberini in visita in Francia nel suo diario. La giovane donna raffigurata a grandezza naturale era forse una damigella particolarmente cara ad Enrichetta Maria di Francia che la teneva nelle sue stanze o forse semplicemente un personaggio di fantasia. Di certo il suo realismo era tale da stupire i visitatori che ogni volta erano convinti di trovarsi di fronte ad una creatura in carne ed ossa.
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