Matto come un cappellaio!
Scritto da Irene Marone. Pubblicato in mirabilia
Lo stravagante personaggio del "cappellaio matto" che riempie di stranezze, bizzarrie e discorsi "non sense" le pagine del capolavoro ottocentesco di Lewis Carrol, Alice nel paese delle meraviglie coniuga in sè elementi di fantasia e una realtà storica già ben nota alla metà del XVIII secolo.
Non è un caso che il detto popolare matto come un cappellaio (mad as a hatter) fosse ampiamente diffuso in Inghilterra, vera patria della moda settecentesca di cappelli e cilindri in feltro. Questo materiale veniva infatti trattato, colorato e sagomato tramite l'impiego di numerosi composti tossici, tra cui l'arsenico, il mercurio, la malachite e l'antimonio. L'uso prolungato di queste sostanze provocava segni distintivi abbastanza sinistri, come l'irroramento eccessivo degli occhi, la dilatazione delle pupille che assumevano un colore verde acceso, cambi repentini di umore e personalità.
La "sindrome del cappellaio"
Il mercurio era imprescindibile per la fabbricazione del feltro, che si otteneva tramite un processo detto carotatura: le pelli animali venivano immerse in una soluzione a base di nitrato di mercurio che separava il pelo dalla pelle e lo compattava; il feltro veniva poi successivamente incerato e rivestito di pelle o seta, che avrebbero protetto il cappello dall'usura e i clienti dall'entrare in contatto con residui pericolosi. Poichè i cappellai spesso provavano i cappelli e li sagomavano appoggiandoli sulle loro teste prima di rivestirli, i loro capelli assumevano con il tempo una bizzarra colorazione arancione fosforescente, perfettamente evocata nel personaggio creato da Tim Burton nel suo "Alice in Wonderland".
Inoltre il lento e costante assorbimento di piccole quantità di mercurio causava in molti casi un avvelenamento che si manifestava con effetti neurologici evidenti: una sindrome indotta di bipolarismo comportamentale che è rimasta nota per tutto XVIII e il XIX secolo come mad-hatter disease (sindrome del cappellaio matto). Oggi è riconosciuta come "Hydrargirismo", dal simbolo chimico del mercurio Hg.
Colori fatali
La malachite è una pietra dura di colore verde che , assieme all'antimonio che vantava proprietà fissative e infeltrenti, veniva polverizzata e utilizzata per tingere il feltro: l'inalazione di queste polveri causava sovente difficoltà respiratorie, emicranie, stati di confusione e depressione, nausea e deliri. Inoltre dilatava a dismisura le pupille, che si tingevano dello stesso, fatale verde della malachite.
Possiamo facilmente immaginare allora come i discorsi sconnessi e le assurde sparate del cappellaio di Alice non fossero poi tanto dissimili da quelli dei cappellai della Londra del XVIII secolo, considerati personaggi eccentrici e creativi, ma comunque relegati ai margini di una società che li giudicava instabili e talvolta pericolosi.
Un altro colore largamente apprezzato per la sua resistenza agli agenti atmosferici era il brilliant green, ricavato da una mistura di piombo e arsenico. Questo composto radioattivo conferiva una particolare lucentezze e vividezza al colore, tanto da essere largamente impiegato anche nelle tapezzerie e nei tendaggi dell' Inghilterra georgiana. Inutile parlare dei devastanti effetti cancerogeni e tossici di tale colorazione che, continuando ad esalare vapori, distruggeva le mucose e l'apparato digestivo di chiunque vi fosse stato costantemente in contatto.