Agli inizi del seicento in Francia l’aristocrazia subisce una profonda trasformazione. La nobiltà perde potere sia in campo militare che civile. Le guerre tra cinquecento e seicento dimostrano che la funzione militaremedioevale del sistema feudale non è più garantita dagli aristocratici, i plebei, il terzo stato riesce fare meglio soprattutto col crescere degli eserciti. Anche nella gestione della macchina burocratica statale le case dinastiche mostrano la loro debolezza, non hanno studine predisposizione ad esser comandati.
Il potere statale si accentra nelle mani del re e della corte e Richelieu lavora per una aristocrazia debole per un controllo unitario e centrale dello stato tanto da abbattere le antiche mura delle fortezze delle città.
Venendo meno il valore della nobiltà gli aristocratici spostano l’attenzione verso la morale, lo stile, l’abbigliamento, la moda, il linguaggio. Si vogliono distinguere con lo stile percorrendo però una via alquanto pericolosa perché lo stile non è una proprietà genetica.
L’inizio della moda salottiera
Presso hòtel di rue Saint-Thomas-du-Louvre Madame de Rambouillet inizia a ricevere nella sua abitazione la società parigina più colta e raffinata dando vita ad una moda e una tradizione che si manterrà nei secoli e verrà presa ad esempio in tutto il mondo.
E’ fondamentale dire che questa forma di sociabilità deve la sua nascita e il suo sviluppo alle dame parigine che in prima persona si occupano sia dell’arredamento estetico sia dei temi e del galateo da tenersi durante i ricevimenti sociali.
Madame de Rambouillet disegna l’architettura della sala, sceglie i colori e le stoffe rivoluzionando i gusti del tempo,è per questo che la sua grande salaè passata alla storia come “La camera azzurra”. L’ammirazione è tale che diventa il palazzo più ammirato del regno. Le stanze sono accoglienti, confortevoli e decorate con armonia e gusto. Il mobilio è scelto con cura come anche gli oggetti mostrati che portavano stimoli e curiosità alla conversazione. Gli ambienti erano profumati da cestini di fiori freschi creando un atmosfera di eterna primavera.
La stanza era a piano terra e la marchesa, anche per ragioni di salute, riceveva sdraiata a letto posto in un angolo della stanza, divenne di gran moda. All’origine del gusto scenografico vi era un esigenza di bellezza e armonia in cui distrazione e svago erano una necessità. La prima disciplina che si praticava all’hòtel de Rambouillet era l’arte del divertimento.
L’opinione pubblica
Questo primo salotto era frequentato dai più potenti politici, dai più arguti poeti, filosofi e letterati, dalle dame più intelligenti e influenti, poiché era un oasi, quasi utopica, di pace bellezza e serenità. La morale tenuta nella sala era particolare, esigeva buon gusto tatto, rispetto, in breve politesse. Fuori i protagonisti riprendevano la loro vita consueta fatta di liti, conflitti e violenze, ma in quella sala si studiavae praticava la civiltà.
Per la prima volta e a differenza della corte erano ammesse persone di tutti gli strati sociali, anche se in prevalenza nobili, che possedevano il dono di procurare piacere, soprattutto grazie all’arte della conversazione. Nel volgere di qualche decennio la società francese adottò questo stile. Nasceva l’opinione pubblica in questa sala che diventava come supremo tribunale morale del Grand Monde, non aveva poteri esecutivi ma influiva sulle coscienze. Decretava il successo delle opere ed anche correggeva iniqui processi, divenendo supplemento delle leggi, si punivano l’avarizia, l’ingratitudine e le cattive maniere Un’intera esistenza poteva venire sconvolta dalle terribili parole: tutti gli hanno chiuso la porta in faccia.
Il teatro e la letteratura
Nella sua predilezione per il teatro, la marchesa prendeva posizione su un argomento di grande attualità nella Francia degli anni Trenta. Tra i fini di Richelieu il teatro era importante per l’impostazione culturale del regno, lo sottrasse alla Chiesa per metterlo sotto la protezione diretta del re. Il cardinale aveva investito il teatro del compito di riflettere ed esaltare il prestigio della monarchia. La marchesa contribuiva alla sua fortuna nella società civile, portando ad esso l’adesione di un pubblico aristocratico che lo avrebbe sostenuto fino alla fine dell’Antico Regime. Di pari passo al teatro anche la letteratura era un tema centrale del salotto ed il gusto femminile ammirava i romanzi cavallereschi spagnoli del secolo precedente. L’irrinunciabile aspirazione nobiliare all’eroismo, sempre più mortificata dalla nuova ideologia monarchica, aveva trovato una compensazione fantastica, e in virtù di un singolare décalage storico. Si ammiravano gli eroi immuni da debolezze dei romanzi di cavalleria e l’amore idealizzato della Diana di Montemayor e dell’Arcadia di Lope de Vega.
Il celebre Malherbe, era frequentatore abituale della casa della marchesa ed era stato lui, in omaggio alla tradizione arcadica, a coniare per la sua ospite il soprannome di Arthénice, anagramma di Catherine. Anche Jean Chapelain, il migliore critico della sua epoca, faceva parte degli habitué dell’hòtel fin dai tempi del suo primo successo, la Prefazione all’Adone di Marino, pubblicato a Parigi nel 1623.
Erano letti anche i poemi cavallereschi del Rinascimento italiano. Sul piano teorico, gli autori italiani contribuivano in modo decisivo a lanciare il dibattito sul tema del meraviglioso a orientare la riflessione estetica dei letterati francesi verso una concezione dell’arte ossequiente alle leggi del la verosimiglianza e della ragione. Ariosto e Tasso continuavano a conquistare il cuore e la fantasia delle élite nobiliari proponendo loro, nell’ Orlando furioso come nella Gerusalemme liberata, un ideale cavalleresco nobile e appassionato, dove «la gentilezza si sposava alla forza e la cortesia al vigore.
Ma ci si spingeva ancor più indietro nel tempo si leggevano i « vecchi romanzi» di Chrétien de Troyes, si riscoprivano le virtù cortesi, le corti d’amore, le leggende della Tavola Rotonda.
L’Astreé
Un romanzo contemporaneo conquistò i cuori dei frequentatori della camera azzurra più degli altri, l’Astreé di Honoré Urfé.
Riprendendo la formula di successo del romanzo pastorale, d’Urfé metteva in scena una comunità ideale di pochi privilegiati travestiti da pastori. La foresta del Forezera dunque il teatro di un esperimento utopico, dove una piccola élite di uomini liberi perseguiva la perfezione morale attraverso la quiete amorosa, restituendo alla donna l’antica posizione di prestigio a cui l’avevano innalzata la civiltà cortese prima, poi la tradizione petrarchista.