Mazarinades, satira nella Francia barocca
Scritto da Irene Marone. Pubblicato in curosità re sole
Anno domini 1643. Luigi XIII, detto a torto o a ragione LE JUSTE, muore. Il suo primogenito Luigi “Dieudonnè” ha solo cinque anni. Sua madre, Anna d'Austria ha la reggenza del potere, ma in questo gravoso compito la regina, che pure ha più volte dimostrato polso e arguzia non comuni per una donna dell' epoca, non è sola. Al suo fianco c'è un italiano, un siciliano: Giulio Mazzarino. I Colonna, presso cui suo padre era maggiordomo prediletto, finanziano la sua istruzione prima a Roma, al collegio dei Gesuiti, e poi all'università di Alcalà, in Spagna. “Compra” il titolo di cardinale senza seguire la trafila di rito e senza neppure prendere regolari voti , sostengono alcuni. Nell'ambiente ecclesiastico si fa' subito notare ed entra nelle grazie del papa, ricoprendo le cariche di diplomatico, canonico di San Giovanni e legato pontificio alla corte di Francia. La sua formazione superiore, il gusto per lo sfarzo ed il bel vivere che ha appreso in Spagna, insieme alla fantasia e alla propensione per l'intrigo tutta italiana, ne fanno un personaggio interessante e partciolare, che desta l'attenzione di Richelieu, il quale lo convoca come suo segretario personale e lo introduce alle rivalità, alle alleanze e ai sottili giochi di potere che avvolgono la corte di Luigi XIII.
Ci sono tutti gli elementi per rendere questo personaggio odiato ai francesi, a quelli di rango come quelli di bassa estrazione sociale: anzitutto è uno straniero ed è di umili origini, nonostante millanti di avere antenati nobili. Gli aristocratici e gli alti dignitari della corte detestavano Richelieu e il suo potere accentratore, ma lo consideravano uno di loro. Mazzarino invece è percepito come un intruso, entrato per effrazione nella casa di Francia, estraneo ai suoi valori e a quelli della classe dominante. L'essere un “finto ecclesiastico”, abbastanza tiepido nei confronti dei valori e dei dogmi della Chiesa lo pongono in antitesi tanto all'immagine e al valore simbolico stesso della monarchia francese, baluardo e difesa della cristianità, quanto alla religiosità e al fervore popolare.
Ecco come, secondo Saint-Simon, Mazzarino aveva avvelenato il re e il regno:
Un popolano straniero che non aveva altro dio che i fatti suoi, e pensava allo
stato che governava solo per l’utile che ne poteva cavare. Ne disprezzava
leggi, mentalità e pregi; ignorava regole e forme, pensava solo a soggiogare,
confondere, ridurre tutti a plebaglia. Questo si poteva fare solo in nome del
re; e allora lui rendeva odioso quel nome, e intossicava il re con la sua letale
politica. L’abbiamo visto insultare il sangue reale, farsi temere dal re, maltrattare
la regina madre, calpestarla sotto il suo tallone, abbattere le istituzioni
del regno, rischiare due volte di distruggerlo nelle divisioni dei partiti pro e
contro di lui, prolungare la guerra esterna per propria comodità e sicurezza,
piuttosto di cedere il timone che aveva usurpato. Infine si è presentato alla
ribalta come se fosse il sovrano regnante, lasciando al re un ruolo di comparsa.
E con questo scandaloso splendore è morto in trono, lasciando in eredità
una ricchezza mostruosa, che avrebbe fatto la fortuna del più potente sovrano
d’Europa.
Quando Anna d'Austria prende il potere e gliene affida in parte la gestione, vivendo e lavorando gomito a gomito con il siciliano, tra il popolo serpeggiano maldicenze, che vorrebbero addirittura Mazzarino sposato in segreto dalla regina, e un certo disappunto per la sua condotta di vita opulenta e frivola, certo non indicata ad un ecclesiastico “ospite” di una corte in lutto.
Quando poi nel 1649 esplode la fronda del popolo e Parigi insorge, la posizione del cardinale diventa davvero insopportabile ai francesi, per i quali Mazzarino diventa il vero unico nemico da combattere. Non è infatti contro la monarchia che scendono in piazza gli abitanti di Parigi, contro la loro regina spagnola dalle mani bianchissime o contro il loro piccolo re dai boccoli dorati e dall'atteggiamento già sempre compunto, ma contro quell'usurpatore italiano che fa' imprigionare gli avversari politici e gli alleati del popolo.
C'è chi lotta nelle strade e tra le barricate, c'è chi lo fa' in versi: Paul Scarron, un poeta satirico storpio e deforme che gira la Francia con una compagnia di attori girovaghi, pubblica nel 1651 un pamphlet di composizioni ironiche e scurrili su Mazzarino. E' un successo folgorante: il libretto passa di mano in mano, dai popolani ai nobili della corte, ispirando la nascita di un vero e proprio genere poetico di circostanza: le “Mazzarinate” .
Questi componimenti erano caratterizzati da contenuti particolarmente volgari o crudi e da una ritmica in rima cadenzata e facile da ricordare: negli anni della Fronda questi versi risuoneranno ovunque, nelle strade e nelle osterie come negli appartamenti dei nobili, persino trasposte in musica nei teatri popolari all'aperto o tradotti in illustrazioni alquanto esplicite, affisse sui muri di tutta Parigi.
Ecco un componimento tratto dalla raccolta di Scarron:
“Rampollo della buon anima Concini/ per parlar franco Mazzarini
la tua carcassa sventrata/ dalla plebaglia tiranneggiata/
insaguinerà il selciato....”
O ultramontano, renderai conto / e dopo che avrai pagato/ caro Giulio sarai impiccato/ in cima ad una vecchia forca...”(11 marzo 1651)
Un altro estratto, dal carattere più licenzioso:
“Illustre per la tua parte vergognosa/
Solo la tua patta è famosa/
Al posto delle virtù cardinali/
Hai solo quelle degli animali”
La moda delle Mazzarinate dilaga: una valanga di libelli e raccolte inonda Parigi e nel nuovo genere si misurano poeti amatoriali come letterati di chiara fama, spesso in forma anonima.
Per la sua vicinanza al Cardinale anche la regina Anna, accusata di averlo sposato e di non riuscire ad arginare i suoi provvedimenti iniqui e il suo crescente potere, diventa oggetto di scherno e derisione. Sul rapporto equivoco tra lei e Mazzarino esce il libretto di componimenti La Custode de la Reine.
Eccone un estratto alquanto scurrile:
“Gente, non dubitatene più/
è vero che se l'è fatta/
e che attraverso il suo buco/
Giulio ci bombarda”.
Quando il furore della Fronda si sarà placato e Mazzarino riconquisterà prestigio e credibilità come precettore e referente del giovane Luigi XIV, la fortuna delle Mazzarinate non conoscerà declino. Diverranno infatti un prototipo ed un esempio paradigmatico per chiunque vorrà scrivere contro nobili, politici o personaggi della corte con un tono dileggiatorio e volgare, inaugurando un filone di satira molto apprezzato e sviluppato nella commedia francese, da Racine a Molière. Quest'ultimo sarà un lettore appassionato di Scarron; dai versi del poeta satirico e dal suo stile esplicito e irriverente trarrà infatti alcune delle scene più divertenti del suo Tartuffe.
Tra i vari componimenti del genere che ci sono pervenuti, numerosi sono quelli che prendono a bersaglio il fratello del re Sole, Filippo d'Orleans, e il potentissimo Sourintendent a la musique du roi J.B. Lully, entrambi noti a corte per i loro costumi libertini e la loro propensione alle relazioni omosessuali con giovani amanti. Eccone un estratto:
Battista (Lully) è figlio d'una mugnaia
e nessuno ne dubita:
cavalca come un mugnaio,
tutto sul didietro.
Un giorno, Amore disse a sua madre:
"Perché non sono vestito?
Se Battista mi vede nudo
povero il mio didietro".
Venere rispose: "Cosa credi?
Anche se tu fossi vestito
se Battista l'ha deciso
dovrai ballare il suo ballo"
Sarà sordo alla tromba,
Lully, nel giorno del giudizio:
ci vorrà il peto d'un giovane angelo
per sollevarlo dalla tomba
Tutti i suoi vicini l'hanno in orrore
e lo sopportano a stento
tanto i poveretti hanno paura
che seduca i loro figli.
Uno di loro diceva l'altra settimana
a suo figlio che usciva al mattino:
mio caro figlio, Dio ti scampi,
Dio ti guardi dal fiorentino
In questa quartina, attribuita a Racine, viene preso di mira anche Philippe Quinault, poeta illustre della corte e librettista di Lully, sospettato di essere l'amante del musicista italiano. E' probabile che il motivo dello scherno fosse la competitività tra i due letterati e il tentativo di ottenere il favore e la stima del re, screditando il rivale.
Quando Battista è stanco di musica
per scacciare la malinconia,
fotte Quinault, il suo poeta unico
che non sa né leggere nè scrivere.