Collezionare oggetti è una pratica antichissima, risalente all’antico Egitto e alla Mesopotamia. Ma è con il manierismo che il collezionista inizia ad apprezzare l’opera d’arte in rapporto al suo artefice, e anche al valore venale della stessa.
Una Wunderkammer o Camera della meraviglie del XVIII secolo
Fu il Vasari ad introdurre il metro storiografico anche nella ricerca del raccoglitore. La più importante collezione di questo periodo è legata al nome dei Medici: il granduca Cosimo I creò una colossale raccolta con l’assistenza del Vasari; il granduca Francesco I iniziò l’adattamento degli Uffizi a galleria di quadri e Ferdinando I raccolse nella villa Medici al Pincio (Roma) capolavori di scultura greca.
Il collezionismo secolare dei Medici si chiuse quando nel 1735 Firenze passò a Francesco Stefano di Lorena, col gesto di Anna Maria Ludovica, figlia di Cosimo II, che lasciò per sempre alla Toscana, le collezioni raccolte nei secoli dalla sua famiglia.
Nei paesi nordici, un singolare aspetto del collezionismo cinquecentesco è offerto dalla Wunderkammer o camera delle Meraviglie. Sviluppatasi dal medievale tesoro dei castelli principeschi, la Wunderkammer conteneva rarità scientifiche, naturali, artistiche. Lo strano, il meraviglioso, il curioso costituirono l’interesse maggiore anche degli stipi o cabinets dei principi tedeschi, in ebano e avorio, colmi di oggetti di ogni genere.
In Inghilterra le prime raccolte d’arte si formarono nel XVI secolo, sotto i Tudor, ma fu Carlo I il maggior collezionista inglese: nel 1627 acquistò la favolosa galleria dei duchi di Mantova, una delle più belle d’Europa, composta in prevalenza di opere italiane, che ebbero un valore formativo essenziale sul gusto inglese.
Il Seicento fu il secolo del collezionismo-amatoriale, che compra per suo diletto l’opera d’arte e, comprando, esprime un suo giudizio critico, libero da pregiudizi.
Roma, all’inizio del Seicento, divenne la capitale artistica d’Europa: grandi collezionisti furono il cardinale Francesco Maria del Monte, il cardinale Scipione Borghese, il cardinale Aldobrandini, i Barberini, i Colonna, i Ludovisi, i Phamhili, gli Spada.
Nella Francia del Re Sole il collezionismo fu essenzialmente di corte, espressione dell’autorità del re, secondo il pensiero di Richelieu, collezionista geniale, che donò le sue grandiose raccolte alla Corona. Anche Mazzarino fu uno dei maggiori amatori d'arte dell'epoca: nella “Galerie Mazarine” (oggi inclusa nella Bibliothèque Nationale a Parigi) il cardinale lasciò 546 quadri di cui i migliori, acquistati da Luigi XIV dopo la sua morte, sono oggi al Louvre; le statue antiche sono quasi tutte al Musée des antiquités; la Biblioteca, di 50.000 volumi, costituì il primo fondo dell'attuale Bibliothèque Mazarine; né si dimentichi che nel 1681 fu inaugurato il Museo del Louvre.
Galleria di quadri con vedute della Roma moderna, 1757 - Giovanni Paolo Pannini
Notevole anche la collezione di quadri del principe Eugenio di Savoia che dopo la sua morte fu venduta dalla nipote del condottiero, Vittoria, in massima parte a Carlo Emanuele di Savoia; ciò spiega come molte opere un tempo appartenute al principe siano finite nelle gallerie di Torino.
Nel XVIII secolo, il collezionismo aulico cedette il campo ai cosiddetti curieux, raccoglitori alla moda, eruditi, specializzati (biglietti da visita, porcellane ecc.). In questo secolo iniziarono anche le dispersioni e le vendite, e molte opere appartenute alle collezioni principesche divennero patrimonio dei più importanti musei al mondo nel XIX secolo, quando furono fondate le prime gallerie nazionali d’Europa.