Nel 1478 il milanese Padre Bernardino Caimi, Francescano dell'Antica Osservanza, inviato come Commissario a Gerusalemme, constatando la gravità della minaccia turca per i pellegrini che si recavano in Terra Santa, matura l'idea, di riprodurre con particolare fedeltà in occidente i principali santuari della Palestina, creando quasi una 'Terra Santa in miniatura'.
Nella ricerca del luogo più adatto per realizzare il suo sogno, pare sia giunto per la prima volta a Varallo nel 1481, trovando rispondente alle sue esigenze la terrazza di roccia che domina la città.
Quella che nasce come un'esigenza pratica della cristianità diventerà, con il “filtro” della Controriforma, uno degli esempi più sconvolgenti e lampanti della religiosità barocca.
Dopo il concilio di Trento infatti il progetto di riprodurre in modo fedele i luoghi della Terra Santa decade e subentra l'intento di utilizzare Varallo per mostrare in modo scenografico ed esemplificativo e tappe della vita di Gesù.
Il percorso ascensionale, simbolo del “viaggio di formazione” e dell'elevazione mistica, è scandito da cappelle di varie fogge e forme, realizzate tra la fine del '400 e i primi anni del '700.
Quello che lo spettatore scorge attraverso le grate in legno riccamente cesellate (presenti anche in passato per mantenere una distanza tra la scena sacra e il pubblico) sconvolge oggi come allora: miriadi di statue in gesso, legno e terracotta popolano boschi con alberi in fil di ferro e stoffa, templi con baldacchini che aggettano sulle pareti da frontoni affrescati, colli, montagne, animali e tutta la varietà e plasticità della Natura scolpiti e modellati in materiali poveri e in pochi mq.
I personaggi vestono abiti di sapore antico e orientaleggiante, filtrati attraverso la lente dell'estetica barocca: le corazze cesellate e i fantasiosi elmi dei pubblicani e dei miles romani, sormontati da grifoni, unicorni piume e ricchi ornamenti, sembrano usciti più da bozzetti di costumisti d'opera che dall'antico testamento; bambini e paggi vestono farsetti, braghe a sbuffo e gorgere nel cortile del tempio di Salomone e le architetture dipinte sui fondali sono più simili a quelle di un presepe barocco napoletano o a una scenografia di Palladio che a quelle di un paesaggio palestinese di 2000 anni fa.
Gli angusti spazi delle cappelle strabordano di corpi inanimati, coperti dalla polvere del tempo, dallo sguardo dipinto fisso e vitreo, eppure vivissimi, contorti in pose strazianti o commiserevoli, in ghigni di scherno o smorfie di dolore.
Ogni cappella è un sipario aperto su un palcoscenico in cui và in scena, in modo drammatico e coinvolgente, il grande spettacolo della religiosità barocca: una religiosità che stupisce, che sconvolge, che a tratti atterrisce ma che di certo rimane scolpita nella memoria e arriva dritta al cuore dell'uomo del '600 come di quello di oggi, al di là della sua cultura e della sua sensibilità.
Quale sistema migliore avrebbe potuto escogitare la Controriforma per comunicare un messaggio universale in modo universale se non dando forma tridimensionale alla tragedi dell'Uomo per eccellenza, una tragedia che mostrata in quella forma suscita una naturale empatia ed emozioni che hanno scosso gli animi di 600 anni di visitatori?
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