La città di Modena custodisce un patrimonio di edifici barocchi di rara bellezza e di notevole importanza storico-artistica.
Il ducato estense tra Seicento e Settecento si arricchisce di importanti opere, tra cui ricordiamo il busto realizzato dal Bernini per Francesco I d’Este, duca di Modena.
1. Il Palazzo Ducale di Modena, costruito a partire dal 1630 inglobando l’antico castello estense, è una delle più importanti residenze urbane d’Italia, massima espressione dell’ambizioso programma di Francesco I d’Este, duca di Modena dal 1629 al 1659, volto a trasformare la piccola città di Modena in una capitale nel cuore dell’Europa, in seguito al trasferimento della residenza della corte estense da Ferrara a Modena, a partire dal 1598, per il passaggio di Ferrara allo Stato Pontificio. A ciò si accompagnò un radicale mutamento del volto edilizio e urbanistico della città che, attraverso gli strumenti comunicativi di un’arte spettacolare e retorica, quale l’arte barocca, raggiunse il massimo splendore.
Francesco I affidò il progetto del palazzo, in una prima fase, all’architetto romano Girolamo Rainaldi, attivo presso i Farnese a Parma, e poi a un altro romano, Bartolomeo Avanzini, che seguirà definitivamente la vicenda progettuale ed il cantiere in qualità di “Architetto ducale”. Lo stesso Avanzini volle inoltre sottoporre il proprio progetto e chiedere una consulenza ai più grandi architetti suoi contemporanei, quali Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona.
Il palazzo modenese si caratterizza per un barocco solenne ed elegante, su un disegno giocato sul grandioso effetto scenico della facciata principale rivolta verso la piazza Ducale, oggi piazza Roma, e dell’ampio cortile nord un tempo aperto sul paesaggio agreste e fluviale con l’approdo della darsena, oggi coperta.
L’interno del palazzo, attualmente sede dell’Accademia Militare, conserva sale decorate con affreschi e opere pittoriche, tra cui l’elegante salone d’onore, il cui soffitto, affrescato da Marcantonio Franceschini, Enrico Haffner e Luigi Quaini, in occasione delle nozze del duca Rinaldo con Carlotta Felicita di Brunswick (1695), rappresenta Bradamante che viene incoronata da parte di Giove in Olimpo, la sala del trono e al salottino d’oro, voluto dal duca Francesco III verso la metà del Settecento, piccolo ambiente le cui pareti sono ricoperte da pannelli in pastiglia di stucco rivestiti in lamine d’oro e decorati con scene mitologiche.
Modena, palazzo Ducale
2. Parallelamente alla costruzione della residenza ducale, Francesco I promosse anche la creazione del Giardino Ducale con la palazzina (oggi denominata palazzina Vigarani), costruita a partire dal 1632 da Gaspare Vigarani, definito dal cardinale Giulio Mazzarino «sans difficulté un des millieurs Architects d’Italie». La palazzina o casino, posto sul lato est del palazzo ducale, mantiene ancora oggi, seppur alterata nel Settecento, la struttura originaria. Il casino era concepito per le feste e gli svaghi di corte, costituendo il fondale per il teatro viridario del giardino, e concludeva la prospettiva del corso Canal Grande.
3. Nello stesso anno in cui aveva dato avvio ai lavori del palazzo ducale di Modena, Francesco I iniziò la realizzazione alla delizia di Sassuolo, edificio che stupisce per gli effetti scenografici ottenuti grazie ad un complesso lavoro d’equipe tra gli architetti Bartolomeo Avanzini e Gaspare Vigararani e grazie alle soluzioni ideate dai quadraturisti bolognesi Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli. Le seicentesche decorazioni ad affresco, realizzate in fasi successive da Angelo Michele Colonna, Agostino Mitelli e conservate perfettamente all’interno del palazzo, stupiscono il visitatore per le originali soluzioni prospettiche che conferiscono sontuosità allo spazio. Il monumentale scalone caratterizzato dagli sfondati architettonici del Colonna e del Mitelli divenne un punto di riferimento fondamentale per l’architettura del periodo.
Sassuolo, palazzo Ducale
4. La città di Modena annovera, tra i cantieri “barocchi”, la chiesa di Santa Maria delle Asse, in corso Canalgrande, una delle chiese più antiche della città, che venne completamente ricostruita a partire dal 1596. L’impianto, ad un’unica navata con sei cappelle laterali, abside semicircolare e cupola all’incrocio dello pseudotransetto, costituisce uno dei più precoci esempi di architettura controriformata modenese, sul modello della chiesa del Gesù di Roma.
5. La chiesa di San Bartolomeo, costruita a partire dal 1607 per la Compagnia di Gesù costituisce uno straordinario esempio di cantiere barocco: il grandioso interno a croce latina, suddiviso in tre navate, esemplifica il concetto gesuitico di spazio unitario, progettato come auditorium per la predicazione. La decorazione illusionistica della volta, con la Gloria dei Santi Bartolomeo, Ignazio e Francesco Saverio, fu realizzata tra il 1692 ed il 1698 dal padre gesuita Giuseppe Barbieri, allievo del celebre padre Andrea Pozzo. Barbieri trovò un espediente per rendere l’osservatore a sua volta protagonista di questo spettacolo barocco di architettura dell’inganno. Per scoprirlo dovete recarvi nella chiesa, percorrere la navata centrale e cercare nella pavimentazione un disco nero (prima della posa della pavimentazione più recente, al posto del disco vi era una piastrella, su cui era scritto «poncto de la perspectiva»: punto della prospettiva); in piedi su questo punto, l’architettura dipinta sembrerà assolutamente reale e sarete completamente coinvolti in un uno spazio grandioso e immaginifico reso verosimile dall’applicazione della prospettiva.
Modena, chiesa di San Bartolomeo, Gloria dei Santi Bartolomeo, Ignazio e Francesco Saverio, Giuseppe Barbieri, 1692-98
6. L’ordine dei Teatini aveva promosso la ricostruzione del complesso di San Vincenzo in corso Canalgrande a partire dal 1617. La pianta della chiesa è a croce latina, ad aula unica e con cupola al centro della croce. Per il cantiere furono chiamati a dare consulenze Bartolomeo Avanzini, che dette il disegno per la cupola, e successivamente Guarino Guarini, che produsse un disegno per la facciata, che però non ebbe seguito. La chiesa conserva un’importante opera di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, nella prima cappella a destra, la Madonna con San Gregorio Taumaturgo e San Giovanni Evangelista, commissionata nel 1630.
7. La chiesa del Voto, posta lungo la via Emilia, fu dedicata alla Vergine della Ghiara in ringraziamento per la cessazione dell’epidemia di peste che aveva travolto la città nel 1630. L’incarico di progettare la nuova chiesa fu affidato nel 1634 all’architetto della comunità, Cristoforo Malagola detto il Galaverna, il quale adottò un linguaggio ispirato alla chiesa di San Salvatore a Bologna, prototipo del barocco scenografico emiliano.
8. La chiesa di San Giorgio, situata nel largo che si apre in fondo a via Carlo Farini, comunicante con piazza Roma, fu ricostruita su progetto del Vigarani in collaborazione con Cristoforo Malagola, per accogliere l’effigie della venerata Beata Vergine del Popolo. L’edificio mette in luce l’interesse di Vigarani per la veduta prospettica e la ricerca della visione per frammenti, in cui si alternano vedute statiche ed effetti visivi inconsueti, che anticipano la “veduta per angolo” teorizzata da Ferdinando Bibiena a inizi Settecento.
Modena, chiesa di San Giorgio, interno
9. La trecentesca chiesa dei carmelitani Santa Maria del Carmine, poi San Biagio, fu oggetto di una completa riplasmazione, a partire dal 1649, da parte di Cristoforo Malagola, il quale optò per rivestire le strutture portanti dell’esistente chiesa gotica a navata unica con apparati in stucco. L’interno, ad una sola navata con volta a crociera, grandiosa cupola e profonda abside semipoligonale, presenta un aspetto maestoso e solenne e fu magistralmente affrescato tra il 1653 ed il 1656 da Mattia Preti con il Concerto d’angeli nel catino absidale, il Paradiso nella cupola e gli Evangelisti nei pennacchi.
10. La chiesa di San Barnaba, un esempio tra i più significativi di arte barocca in ambito modenese, presenta un’unica navata rettangolare, che termina nel presbiterio a fondo piatto, e dalla quale si aprono su entrambi i lati tre cappelle con altari e ancone in marmi policromi separate dalla navata centrale da balaustre in marmo. Gli affreschi della volta, iniziati nel 1699, sono opera del pittore modenese Sigismondo Caula e del quadraturista bolognese Jacopo Antonio Mannini.
11. L’antica chiesa di Sant’Agostino negli anni compresi fra il 1660 ed il ’63 fu completamente rivestita all’interno dalle architetture di Gian Giacomo Monti e da un ricco apparato statuario realizzato da Lattanzio Maschio, su committenza del duca Alfonso IV, e poi della consorte Laura Martinozzi, reggente dello stato estense, in seguito alla morte prematura del marito. La chiesa, eletta a Pantheon Atestinum, “teatro” sacro delle memorie estensi e dei funerali ducali, presenta un apparato iconografico suggerito dal gesuita Domenico Gamberti volto a celebrare santi e beati appartenenti alla dinastia estense, le cui figure dominano dalle grandi otto nicchie delle pareti della chiesa, e in quattro delle sette dello pseudotransetto e dell’abside, ma sono anche ben visibili anche negli sfondati dipinti sul soffitto da Francesco Stringa, Olivier Dauphin, Sigismondo Caula, Giovanni Peruzzini, i principali pittori legati alla corte, e negli affreschi a quadratura e figura realizzati nel presbiterio e nel catino absidale da Gian Giacomo Monti e Baldassarre Bianchi.
12. A fianco della chiesa di Sant’Agostino s’innalza il palazzo dei Musei, imponente edificio edificato sull’area del convento agostiniano, divenuto poi arsenale, in seguito Grande Albergo dei Poveri e poi Albergo delle Arti. Oggi il palazzo ospita alcuni dei principali istituti culturali cittadini, tra cui la Biblioteca Estense e la Galleria Estense.
La Galleria Estense ospita la collezione ducale, tra le più splendide di Europa, un tempo collocata all’interno del palazzo ducale, che riflette i raffinati gusti artistici degli Estensi. La Galleria conserva, tra i numerosi capolavori, il busto marmoreo di Francesco I d’Este realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1650-51, il trittico di El Greco con al centro La consegna delle tavole a Mosè ed il Giudizio Universale, il Ritratto di Francesco I d’Este eseguito dal Velasquez nel 1638-39, il celebre Crocifisso di Guido Reni, ed una singolare e preziosa raccolta di strumenti musicali in marmo commissionati dal duca Francesco II d’Este alla fine del Seicento.
13. A lato dell’Università si allunga il fianco destro della chiesa di San Carlo innalzata a partire dal 1664 su disegno di Bartolomeo Avanzini, il quale ripropose il modello della chiesa barnabita di San Carlo ai Catinari a Roma, pur con alcune varianti.
Come la chiesa, anche l’attiguo edificio del collegio San Carlo fu eretto, a partire dal 1664, su disegno di Bartolomeo Avanzini. Notevoli l’imponente scalone a forbice, affine a quello del palazzo ducale di Sassuolo, che dà accesso alla galleria d’onore, e la sala dei Cardinali, decorata ad affresco con le Allegorie delle Scienze, delle Arti e delle Virtù del modenese Antonio Consetti scandite da complesse prospettive architettoniche del quadraturista reggiano Pellegrino Spaggiari, allievo di Francesco Galli Bibiena.
Modena, collegio San Carlo, sala dei cardinali, Allegorie delle Scienze, delle Arti e delle Virtù, Pellegrino Spaggiari e Antonio Consetti, 1730-31.
Completano la panoramica, due complessi religiosi barocchi perfettamente conservati, presenti nella provincia di Modena: il Santuario di Fiorano progettato da Bartolomeo Avanzini a partire dal 1634 per volere di Francesco I e la chiesa di San Francesco in Rocca a Sassuolo, magistralmente affrescata tra il 1651 ed il ’52 da Gian Giacomo Monti e Baldassare Bianchi con complesse prospettive architettoniche.