Napoli, Via de Sanctis 19
Le origini della Cappella San Severo sono collegate ad un evento miracoloso, riportato nella letteratura dell'epoca. Narra la leggenda che, sul finire del secolo XVI, un uomo veniva trascinato in catene alle carceri, accusato di una colpa grave che non aveva commesso. Mentre insieme ai suoi guardiani camminava lungo il giardino di Palazzo di Sangro, improvvisamente una parte del muro di cinta crollò, rivelando fra le macerie un dipinto della Vergine che teneva fra le braccia il Cristo morto. Sbalordito, l'uomo si inginocchiò e pregò la Madonna di aiutarlo, promettendo di innalzare un piccolo altare alla sua Immagine. Ottenuta la scarcerazione, l'uomo tenne fede al voto; da quel momento l'altare diventò luogo di pellegrinaggio e di preghiera, e molte furono le grazie dispensate dalla Vergine. Anche il proprietario del palazzo, Gianfrancesco Paolo di Sangro, I Principe di Sansevero, che era molto malato, si rivolse alla Vergine del dipinto per ottenere la guarigione. Ristabilitosi prontamente come per incanto, egli fece costruire una piccola Cappella nel punto esatto in cui era apparsa l’Immagine sacra. Era l'anno 1590.
La Cappella fu quindi rinnovata dal figlio Alessandro (1608-13) e infine decorata da Raimondo Di Sangro, principe di Sansevero, eclettico ed erudito nobile settecentesco, appassionato di esoterismo e di alchimia. La Cappella era unita al Palazzo Sangro da un cavalcavia che è crollato nel 1889.
Raimondo di Sangro
Sebbene edificata con il nome di Cappella della Pietà, per riverenza all’immagine del dipinto, gran parte della fama che la circonda più che alla sua origine leggendaria è legata alla figura di Raimondo di Sangro, VII Principe di Sansevero; così, ormai da secoli, il tempio è indicato e conosciuto come Cappella Sansevero. Anche se sopravvive l’attributo “Pietatella”, in riferimento all’immagine miracolosa.
Raimondo di Sangro, principe di Sansevero e di Castelfranco, duca di Torremaggiore e Grande di Spagna, ai suoi tempi si distingueva per gli studi, la cultura e l’amore per l’arte. Sul suo conto la diceria popolare elaborò molti miti e leggende: si disse che il principe, in continuo contatto col diavolo, nel suo palazzo si fosse macchiato di crimini orrendi, stupri e sevizie; che avesse fatto accecare lo scultore Sammartino per paura che questi potesse concepire un altro "Cristo velato"; che avesse personalmente condotto esperimenti sui vivi, in particolare su una coppia di servi, i cui scheletri sono conservati ancora oggi nella Cappella – in una cavea sotterranea, alla quale si accede tramite una ripida scaletta - e prendono il nome di macchine anatomiche.
Con un preparato di sua invenzione, il principe Raimondo avrebbe tolto "l'involucro" corporeo, metallizzando fin nell'ultimo capillare l'intero sistema delle vene e delle arterie. Non è noto come sia stato effettuato né si sa se i due infelici fossero già morti o meno quando è stato compiuto l'esperimento. Un'altra ipotesi ci dice che si tratta di una costruzione completamente artificiale, ma anche così non si capisce come si sia potuta realizzare tenendo conto dei mezzi dell'epoca. Altre leggende che si raccontano sono che avesse fatto costruire poltrone con ossa umane e, in odore di sacrilegio, anche con pelle di cardinali; e che il cavo della sua lampada eterna – altra invenzione misteriosa - fosse il cranio di una cameriera. Com’è emerso dai numerosi approfondimenti storici e dal ritrovamento di una serie di documenti, rinvenuti in parte presso l’Archivio Notarile di Napoli e in parte presso una collezione privata, il Principe di Sansevero era un uomo colto, scienziato e alchimista, inventore persino di macchine idrauliche, gran mecenate e figura carismatica, che occupò un posto rilevante nella vita culturale della Napoli settecentesca.
Nel 1750 Raimondo iniziò l’opera chiamando a Napoli alcuni dei migliori artisti italiani dell’epoca, tra cui il Corradini, il Queirolo il pittore Nicola Maria Rossi, Francesco Celebrano, pittore e scultore, Paolo Persico e Francesco Maria Russo, che si adoperarono al massimo per edificare questa splendida costruzione.
Di lui Benedetto Croce, in “Storie e leggende napoletane” scrive:
Solo che per essere un gran signore, un principe, egli riuniva alle arti diaboliche capricci da tiranno, opere di sangue e atti di raffinata crudeltà. Per lieve fallo fece uccidere due suoi servi, un uomo e una donna, e imbalsamarne stranamente i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti i visceri, le arterie e le vene, e li serbò in un armadio, e ancora si mostravano dal sagrestano in un angolo della chiesa; ammazzò altra volta nientemeno che sette cardinali, e dalle loro ossa costruì sette seggiole, ricoprendone il fondo con la loro pelle; all'artista che gli scolpì per la sua cappella il Cristo morto, trasparente sotto un velo di marmo, e che vi lavorò la vita intera, fece cavare gli occhi affinchè non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura... Il grande filiosofo continua ancora, ma dobbiamo credergli alla lettera?
La struttura della cappella San Severo
La facciata è modesta, ma dalla piccola porticina alla calata San Severo o dalla Porta Grande si entra in un ambiente affascinante e davvero magico: l’interno della cappella, barocco ed elegante, è molto vivace ricco com’è di brillanti affreschi, marmi colorati, medaglioni e statue elaborate. Secondo molti studiosi, questa cappella nasconde nei suoi dettagli una complessa simbologia ermetica ed esoterica. Ma anche quello che si conosce, in realtà, non smette di stupire per le implicazioni misteriose che comporta.
La chiesetta è di forma rettangolare a un’unica navata con quattro grandi archi per le quattro Cappelle; tra gli archi acuti e il cornicione si trovano dei capitelli corinzi in stucco, disegnati dallo stesso principe; la volta, affrescata dal Russo nel 1749, rappresenta la Gloria del Paradiso con cupolette, costoloni, archi e finestre da cui si affacciano i sei santi della famiglia. Sempre del Russo sono la cupoletta, affrescata sulla volta dell’altare, e i disegni sulla piccola balconata, mentre sono opera del Queirolo gli archi delle cappelle, con i cardinali della famiglia nei sei medaglioni, e altri quattro medaglioni con ritratti decorativi sui monumenti. Sulla porta maggiore è collocata una piccola tribuna dalla quale partiva il passaggio tra la chiesetta e il Palazzo.
Le decorazioni di cappella San Severo
La volta della Cappella è completamente affrescata con colori che ancora oggi appaiono estremamente vividi nonostante l'assenza di restauri, a parte un intervento di consolidamento della volta eseguito tra il 1988 ed il '90. Secondo alcuni scrittori, il Principe avrebbe utilizzato dei colori speciali di sua invenzione, detti "oloidrici", che avrebbero la caratteristica di restare eternamente vivaci. Nel Maggio del 1990, ignoti trafugarono un dipinto ovale con l'effigie del Principe, posto tra due putti di gesso accanto all'altare. Nel Luglio del 1991 l'opera venne recuperata, e si scoprì che era stata sottoposta ad un tentativo clandestino di restauro. Gli artigiani che vi si cimentarono, seppure abili, dovettero però arrendersi al segreto dei colori oloidrici che Raimondo di Sangro portò con sé nella tomba, insieme a molti altri.
Il pavimento è formato da marmette colorate eseguite, pare, personalmente dal principe, con disegno non finito, quasi uguale al rilievo dell’intarsiatura; l’altare maggiore è diviso dalla Cappella da un arco, sulla cui volta è affrescata una cupola con cupolina, con un effetto, una prospettiva ed una luce tali da ingannare facilmente l’osservatore sulla reale esistenza della cupola. Sotto ogni arco c’è un monumento sepolcrale con la statua del componente della famiglia lì sepolto e presso ogni pilastro l’urna della rispettiva consorte, con sculture rappresentanti le virtù della dama. Completano le opere un medaglione con ritratto, lo stemma della casata e le iscrizioni latine dettate da Raimondo; sull’altare, sostenuta da angeli di stucco, è collocata l’immagine della "Pietatella". Nella Cappella si trovano opere splendide tra le quali spiccano Il Sepolcro di Cecco di Sangro e la Deposizione del Celebrano, e le tre splendide sculture "velate": La Pudicizia del Corradini, Il Disinganno del Queirolo e, soprattutto, il famoso Cristo Velato o Cristo morto del Sammartino.
Il Cristo Velato, Giuseppe Sammartino
Francesco Queirolo Il disinganno
Antonio Corradini La pudicizia
Le Macchine Anatomiche
Non si può non provare una sensazione di spaventata meraviglia nell' osservare le due macchine anatomiche esposte nella cripta della Cappella San Severo. I due corpi (maschile e femminile) scarnificati dell'involucro esterno mostrano l'intera struttura scheletrica completamente avviluppata dal sistema venoso e arterioso. Le domande su come sia stato possibile creare queste due macchine anatomiche sono sempre state numerose e anche in questo hanno generato leggende, spesso raccapriccianti. E' ormai sicuro che siano il frutto di un esperimento del Principe, probabilmente coadiuvato dall'aiuto di un celebre anatomista dell'epoca, Giuseppe Salerno, che aveva già raggiunto importanti risultati nella sua scuola palermitana. Il dilemma consiste nel fatto se i due corpi, dai quali sono stati ricavati i due esemplari anatomici, fossero o non fossero ancora vivi. Tutti gli studiosi che hanno analizzato questi reperti anatomici hanno sempre stabilito che, per permettere alla sostanza fissativa di metallizzare i due apparati circolatori, la circolazione sanguigna doveva essere funzionante, quindi il cuore ancora pulsante. Solo in questo modo sarebbe stato possibile fissare l'intero sistema delle vene, delle arterie e dei più piccoli capillari. La seconda ipotesi sostiene che i due scheletri siano avvolti in una ricostruzione artificiale in cera d'api o altre sostanze: ma le "opere" sono troppo complete, e ci si chiede sempre come all'epoca si sia potuti arrivare a un simile risultato.
Nella prima ipotesi, la sostanza utilizzata sarebbe di tipo mercuriale o comunque sconosciuta: una volta iniettata nell'aorta ed entrando nella circolazione attiva, avrebbe poi fissato tutto il sistema prima che il cuore si arrestasse definitivamente. Ciò implica che i corpi fossero stati vivi al momento dell' esperimento: ma a questo punto, data la completezza dell'esito finale, è possibile che il cuore abbia pulsato fino all' ultimo? Bisognerebbe ipotizzare che non si siano verificati incidenti - come un infarto o un ictus - che avrebbero arrestato il cuore prima che il processo si fosse ultimato, e quindi portato a un risultato incompleto.
Forse i corpi erano già morti, ed è stato utilizzato un sistema ignoto per riattivare la circolazione dei cadaveri, capace di tenerla in funzione fino all' ultimo o come si voleva; ancora più misteriosa è la tecnica di scarnificazione dei corpi. D’altra parte, se i corpi fossero stati “metallizzati” ancora vivi si spiegherebbe la loro strana posizione. Osservandoli con attenzione, infatti, si potrebbe pensare che entrambi siano stati legati mani e piedi a una specie di tavolo operatorio e che solo la donna, prima di morire, sia riuscita a liberare il braccio destro che ha agitato, cercando scampo, fino a quando la sua circolazione sanguigna non si è bloccata.
I dubbi, comunque, restano. Infatti nel ‘700 la siringa ipodermica, necessaria per l’iniezione, non esisteva ancora, essendo stata inventata quasi un secolo dopo dal chirurgo Carlo Gabriele Pravaz (1791-1853) di Lione. Questo è proprio l’argomento usato dai “sostenitori” del Principe, i quali – come abbiamo detto - sostengono che quegli scheletri siano soltanto povere ossa ricoperte da una rete artificiale di vasi sanguigni. Tuttavia, un esame compiuto negli anni Cinquanta del ‘900 ha rivelato “che l’intero sistema di vasi sanguigni, all’analisi, si è rivelato metallizzato, cioè impregnato e tenuto in sesto da metalli in esso depositati”. E c’è un ultimo particolare macabro e inquietante: il corpo femminile apparteneva a una donna incinta. Il liquido metallizzante, entrando nella circolazione uterina, ha disegnato la figurina del feto, e tra i piedi della donna è rimasta la placenta.
link esterno: La cappella San Severo