Con l'elezione nel 1644 di Innocenzo X, al secolo Giambattista Pamphilj, l'aspetto di Roma subì diversi cambiamenti soprattutto ad opera della terribile cognata del papa, Olimpia Maidalchini. Molto dell'impianto barocco che oggi possiamo ammirare lo si deve a Donna Olimpia e al suo innato buon gusto.
Il figlio di quest'ultima, Camillo, rifiutò l'investitura cardinalizia per sposare Olimpia Aldobrandini, principessa di Rossano e nipote di Clemete VIIII, già vedova di Paolo Borghese. Inutile dire che la lotta tra suocera e nuora si rivelò presto accesa.
Il cortile interno di Palazzo Doria Pamphilj
Olimpia Aldobrandini aveva portato in dote l'omonimo palazzo in via del corso che divenne la dimora dei due osteggiati sposi: l'edificio risultava dalla trasformazione di un precedente palazzo cinquecentesco, quello del cardinale Fazio Santorio, di cui rimane oggi il portico del cortile interno di ispirazione bramantesca, abitato nel corso del Cinquecento dai Della Rovere, duchi di Urbino, e venduto da questi ultimi a Pietro Aldobrandini, nipote di Clemente VIII. I lavori di ampliamento dello stabile risalgono infatti a questo periodo, ma l'attuale assetto si deve in gran parte appunto al principe Camillo, il quale dal 1647 dava inizio ai lavoro di ristrutturazione durati circa dieci anni.
Fu soltando alla morte di Innocenzo X però che le sorti del palazzo furono prese in mano dall'architetto Antonio del Grande, al quale si deve l'attuale facciata prospicente piazza del Collegio Romano, struttura piuttosto semplice e quasi neomanieristica se confrontata con le contemporanee realizzazioni di Bernini e Borromini, e il vestibolo, complesso più innovativo e movimentato.
Saletta del Seicento
Nella galleria, oggi aperta al pubblico, pur essendo ancora di proprietà dei Doria Pamphilj Landi, compaiono opere dal Quattro al Settecento, di artisti italiani e stranieri.
La galleria degli specchi di Palazzo Pamphilj
La notevole raccolta di dipinti e sculture confluisce dalle maggiori famiglie romane: lo stesso Camillo Pamphilj favorì i principali artisti dell'epoca, e acquistò per la collezione un consistente numero di dipinti bolognesi.
I pezzi più importanti sono senz'altro le lunette Aldobrandini, commissionate ad Annibale Carracci e ai suoi allievi nel 1603 da Pietro Aldobrandini per la cappella del palazzo, i tre dipinti di Caravaggio, la Maddalena, il Riposo dalla fuga in Egitto e il San Giovannino (un quarto, La Buona Ventura, è oggi al Louvre, donato nel 1665 a Luigi XIV dallo stesso Camillo Pamphilj), oltre a varie opere fiamminghe del Cinquecento.
La cappella progettata da Carlo Fontana
Nel palazzo si trova anche il celebre ritratto di Innocenzo X eseguito da Velasquez nel 1650 (firmato dall'artista sul biglietto tenuto in mano dal papa), di grande efficacia nel suo spietato realismo impressionista.
Innocenzo X qui ritratto da Velasquez, emblema della galleria di Palazzo Doria Pamphilj