Prestigio e stupore
In questa dimora regale e incantevole siete invitati a venire, o popoli della terra, o curiosi e sapienti. Ammirate l'abilità, il sapere, la condotta e la delicatezza delle maestranze. Contemplate la grandezza, il fasto, la magnificenza e la liberalità del principe. (Monsieur de Combes)
Veduta del Boschetto della Galleria degli antichi 1688 J.B. Martin
Molto ridotto rispetto alle dimensioni originali, oggi il parco di Versailles offre un'immagine un po' sbiadita dell'antico splendore. Specchio della Francia del Seicento, Versailles era, per il Saint-Simon, il luogo dove Luigi XIV re di Francia aveva potuto sperimentare “il piacere superbo di forzare la natura”. Il parco di Versailles, realizzato da André Le Nôtre nella seconda metà del XVII secolo, non era solo l'esempio più abbagliante dello stile formale francese ma una dichiarazione politica fatta al mondo intero.
Il 18 luglio 1668, in occasione della pace di Aquisgrana, Luigi XIV offrì a Madame de Montespan la festa del Grande divertimento reale e ne approfittò per inaugurare ufficialmente il parco.
Tutto, nell'immenso spazio verde, doveva essere prestigioso e stupefacente, un modello irraggiungibile ma per il successo di un programma così ambizioso era necessario che i giardini potessero essere ammirati.
Le visite al parco diventarono dunque una consuetudine per tutta la corte e per gli ospiti; le passeggiate erano molto amate dal Re Sole, buon camminatore, che nemmeno in età avanzata rinunciò ai suoi giri, seduto su una sedia a rotelle e in compagnia dell'anziano Le Notre.
Per i nobili del seguito, invece, le passeggiate rappresentavano un vero problema: una dama raccontava che a corte le persone sono zoppicanti come oche e, tranne il re, non conosco nessun uomo che possa fare venti passi senza sbuffare e ansimare.
Complicati rituali
Fu necessario ricorrere a speciali portantine trainate da domestici. Per svolgere adeguatamente la loro funzione, i giardini non potevano essere attraversati liberamente o in modo casuale.
Le visite esigevano un'attenta coreografia; bisognava escludere le zone meno spettacolari, le scene più banali, ogni luogo che non fosse in grado di riflettere in modo adeguato l'immagine del sovrano.
Il compito fu assunto dal re: sei diverse versioni, scritte di suo pugno, di una guida con tutte le indicazioni sul modo migliore di vedere Versailles.
La piantina del Labirinto di Versailles
Era prevista la visita alle fontane di Latona, Apollo e Nettuno; al labirinto formato da pareti vegetali, oggi scomparso; al Grand Canal e all' Orangerie, dove in inverno venivano protette più di 3000 piante in vaso; al boschetto di Flora, al Grand Trianon, il giardino privato del sovrano; alla Ménagerie, il serraglio che ospitava una preziosa collezione di uccelli esotici.
In ogni caso il tragitto scelto doveva essere programmato in anticipo, per permettere a un esercito di giardinieri, all'opera fin dall'alba, la cura di ogni particolare: rastrellare la sabbia dei viali per cancellare i solchi lasciati dalle portantine; trasportare nei boschetti toccati dalla visita una quantità di vasi con piante rare e profumate; sostituire nei parterres i fiori anche solo leggermente sciupati.
I segreti dell'acqua
I fontanieri si appostavano lungo il percorso e fischiando si mandavano il segnale per mettere in funzione i getti al passaggio del corteo reale, dal momento che, malgrado gli imponenti lavori per trasportare quella della Senna, non c'era abbastanza acqua per tutte le 1400 fontane. L'acqua, grande ricchezza di Versailles, ne era anche l'incomparabile attrazione.
Gli ingegneri del XVII secolo riuscirono ad alimentare le fontane del parco allestendo numerosi serbatoi sulle colline circostanti, costruendo mulini e acquedotti, creando la macchina idraulica di Marly, sulle rive della Senna.
Veduta del boschetto delle tre fontane - Jean Cotelle, le Jeune (1642-1708)
La prospettiva principale era quella del Grande Canal: natanti di ogni specie erano a disposizione delle dame per condurle al Grand Trianon o al Serraglio; la passeggiata in gondola era uno dei loro passatempi preferiti: la duchessa di Borgogna portava con se la merenda per prolungarne il piacere.
Lontano splendore
Le sere di festa, lungo le rive, era tutto uno sfavillio di luci, mentre i fuochi artificiali illuminavano a giorno il parco di Versailles.
Le Notre legò mirabilmente l'architettura del palazzo a quella del parco, disegnando un giardino alla francese con terrazze, tassi tagliati, vasi di bronzo fioriti, sculture, larghi viali ricoperti di sabbia e delimitati da arbusti a spalliere che conducevano a deliziosi boschetti.
In quello del colonnato, il re si riuniva con gli invitati per le merende; nella sala delle grotte venivano offerti concerti, mentre il boschetto del labirinto era meta delle passeggiate delle governanti e dei fanciulli a loro affidati, che si divertivano a riconoscere le favole di Esopo: vi si vedevano per esempio, la volpe e la cicogna e altri animali immortalati dal favolista, illustrate da sculture in grandezza naturale di piombo dipinto.
Una delle fontane del Labirinto di Versailles in un dipinto di Jacques Bailly
Il pubblico
Il castello era aperto a tutti, salvo monaci e mendicanti. Ogni anno venivano pubblicate nuove guide, nelle quali si consigliava ai visitatori di non parlare a voce alta, agli uomini di prendere a nolo una spada all'entrata e alle donne di levarsi il grembiule.
Nei saloni e nei viali si potevano incontrare principi di sangue, cardinali, medici famosi. Nell'anticamera, non era raro vedere un maresciallo o un gran signore accompagnati da un lacchè in livrea, in attesa di essere ricevuti dal sovrano.
Le guardie francesi in uniformi blu presentavano le armi al passaggio del re, battevano in cadenza per onorare principi e duchi; all'esterno, ai piedi delle scalinate, i mendicanti facevano appello al buon cuore dei passanti; le gallerie, affollate di portantine, assomigliavano a strade; frequenti erano i litigi tra valletti per il diritto di precedenza; tutti i giorni accadeva che il re si trovasse faccia a faccia con pittori, muratori, giardinieri.
I mercanti di palazzo al seguito della Corte, con i loro panieri appesi al collo, seguivano il re nei suoi spostamenti e quale ricompensa della loro fatica e devozione, ottenevano numerosi privilegi, come l'indipendenza delle corporazioni. Essi offrivano alla Corte, ai turisti e ai visitatori guide, stampe, profumi, pizzi, e ancora gioielli, armi, vini, volatili o piante medicinali.
Nel parco, il pubblico si considerava come a casa propria abusando di questa libertà: Danneggia molte statue e vasi. Nei giorni di festa c'era una vera e propria ressa e i ladri ne approfittavano.
Luigi XIV si sentiva in dovere di ricordare alla Delfina: Madame, voglio che teniate salotto e che diate feste; noi dobbiamo offrirci interamente al pubblico.
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