Gli specchi in epoca barocca
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in mobilia
Un po' di storia
L'uso dello specchio di vetro o di cristallo di rocca cominciò ad essere attivo fin dal XIII secolo ma solo durante il Rinascimento incominciò a diventare di uso comune.
Dai primi anni del Cinquecento a Venezia i vetrai muranesi dal Gallo fabbricavano specchi a muro di piccolo formato e con cornici molto decorate.
Nel XVII secolo nelle dimore signorili erano usati specchi di grandi dimensioni, in un primo tempo con cornici incise e poi decorate con festoni di fiori e frutta, come nella sala degli Specchi nella galleria Colonna a Roma e nella sala di Luca Giordano nel palazzo Medici-Ricciardi a Firenze.
Verso la fine del Seicento le manifatture francesi riuscirono a prevalere su quelle di Murano con una nuova produzione di grandi specchi in un solo pezzo, circondati da cornici di legno dorato. In Italia però continuarono ad essere prodotti specchi composti di tanti piccoli quadri congiunti da arabeschi e ghirlande.
Lo specchio in epoca barocca
In epoca barocca, la gloria del principe, quali fossero il suo titolo e il suo rango, esigeva una dimora alla sua altezza e le classi sociali più agiate non volevano essere da meno.
A tutto ciò si aggiunse, a partire dalla fine del XVII secolo, il bisogno di comodità e il desiderio di un ambiente di vita colorato e allegro.
Essendo il barocco un'arte di integrazione e di sintesi, le tecniche della decorazione si univano per ottenere una perfetta sistemazione degli interni.
La prodezza tecnica nella lavorazione del vetro, prima esclusiva di Venezia, poi estesa a Saint-Gobain e ad altre fabbriche, il piacere della vita, il prestigio dell'arte e il gusto dell'illusione, cari allo spirito barocco, si univano nelle sale gremite di specchi; meritano una menzione speciale il Salone degli specchi, progettato da Velàzquez, all'Alcàzar di Madrid; la grotta di Teti e la Galleria degli specchi a Versailles; il camerino degli specchi a Pommersflelden e il Salone degli specchi di Amalienburg a Nymphenburg.
L'innovazione di collocare specchi sui caminetti è attribuita agli archietetti R. de Cotte e J. Mansart.
Un sonetto di Louis d'Espinay, conte di Estelan, morto nel 1644, suggerisce con forza il fascino dello specchio nella società barocca:
Specchio, pittore e ritratto, tu doni, ricevi,
e ovunque con te la mia immagine porti,
Puoi tutto esprimere, se non il linguaggio,
e per essere vivo non ti serve che la voce.
Tu solo puoi mostrarmi, quando in te mi vedo,
sul viso dipinte tutte le mie passioni;
Di un ugual passo segui il mio umore e la mia età,
e nei loro cambiamenti mai ti inganni:
Le mani di un artigiano, alla fatica ostinate,
Da un penoso lavoro fanno, in molti anni,
un ritratto che assomiglia a un istante.
Ma tu, pittore brillante, da un'arte inimitabile,
tu crei senza fatica un'opera incostante
Che sempre assomiglia e non è mai simile.