La bestia di Gevaudan
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in orrore barocco
Sotto il regno di Luigi XV, tra il 1765 e il 1767, la popolazione della Francia meridionale - corrispondente ai dipartimenti dell'Haute Loire, Cantal, Ardèche e Lozère - ebbe a patire una misteriosa e terribile calamità che uccise e mutilò 172 persone, gettando nel panico gli abitanti del villaggi.
La storia di questa vicenda è ben più di una leggenda, e sui terribili eventi di quegli anni esiste una vasta letteratura storiografica a partire dalla storia di Henri Pourrat e dell'abate Pourcher.
Nell’Aprile del 1764, nelle campagne presso il villaggio di Langogne nella regione dell’Ardeche, una giovane pastorella intenta ad accudire come tutti i giorni le mucche della sua mandria venne assalita da una belva uscita dal bosco. Una fiera enorme ed inconsueta, che non attaccava gli animali e ne era intimorita, azzannò alla gola la povera pastorella che sarebbe morta se le mucche non si fossero mosse per salvarla attaccando in gruppo la spietata bestia. La ragazza, salva per miracolo, corse al villaggio ma le sue parole non vennero prese in giusta considerazione sia per le dimensioni che per la descrizione del pelo, lungo e rossiccio. I contadini pensarono ad un lupo.
All’inizio del mese di Luglio dello stesso anno, ad una ventina di chilometri da Langogne, avvenne però un dramma ancor più grave. Una contadina di appena quattordici anni venne trovata sbranatae con la testa mozzata. In Agosto poi, presso Puy Laurent, due fanciulli vennero uccisi e una ragazza vicino alla foresta di Marcire per poco ebbe salva la vita; anch’essa raccontò la strana storia della prima vittima: era stata attaccata da una bestia di notevoli dimensioni, con dei lunghi artigli e il pelo folto, simile per metà a quello del lupo e per metà a una tigre.
Dopo questo episodio le autorità locali presero seriamente la vicenda e cominciarono la caccia alla bestia; nel frattempo il tormento continuava con l’uccisione di altri due giovani ragazzi e di una donna. Le prime indagini sulle vittime registrarono immediatamente delle particolarità: la bestia troncava la testa, lasciando dissanguare la vittima e rovistando le viscere.
Gli attacchi tra Settembre e Dicembre si fecero più frequenti, portando a più di quindici il numero delle vittime. Le orme ritrovate sul terreno non risultavano come quelle del lupo, ma ben più profonde.
Nella popolazione il terrore iniziò a serpeggiare, tanto da spingere i sindaci della Languedoc a organizzare una più serrata caccia per metter fine al pericolo. L’intero distretto venne setacciato dai cacciatori locali e dai dragoni inviati da Parigi, 17 lancieri e 40 moschettieri. Nei pressi del bosco di Cjazotla bestia venne circondata, ma tuttavia sfuggì impunita. Il 22 Dicembre il capitano Duhamel la tenne a tiro da ben dieci metri, ma anche questa volta l’oscurità salvò l’agile fiera. Questa volta però il capitano dei
dragoni ebbe il tempo di osservarla: "La Bête de Gévaudan non è certamente un lupo, ma uno strano e sconosciuto ibrido".
La sciagura divenne presto leggenda in tutta Francia: la libreria Deschamps espose la prima raffigurazione pittorica di fantasia della Bête intenta a divorare una fanciulla.
Re Luigi XV incominciò a occuparsi della questione inviando Monsieur Denneval, capo dei "lupattieri" del re, famoso per l’uccisione di 1.274 lupi. Gli ordinò di recarsi nel Gévaudan assieme ai suoi figli, a sei assistenti e ad una muta di feroci cani da caccia. Il 27 gennaio del 1765 il re firmò l’editto con la taglia di 6000 livres per chi avesse abbattuto la bestia.
La particolarità della aggressione sulle vittime, i racconti dei superstiti e dei militari, le impronte sul terreno, tutto fece concordare le autorità di trovarsi innanzi a una creatura straordinaria. Si disse che aveva una specie di gobba e il muso sproporzionatamente grosso, il mantello rossiccio e striato sul dorso, i denti acuminati, le orecchie appuntite e le zampe artigliate come un felino. Si pensò infatti che potesse essere una sorte di tigre o leonessa, ma la postura rimase un enigma: la bestia prima dell’attacco si rizzava in piedi su due zampe digrignando le fauci. Denneval dubitava delle storie ascoltate ed esaminò attentamente i reperti, attribuendo le bizzarre testimonianze alla paura dei contadini.
Il 1° Gennaio 1765 sui monti del Margérid venne abbattuto un grosso lupo, ma il 12 dello stesso mese sette ragazzini affrontarono la Bête. Il mostro sbranò due giovani e si diede alla fuga sotto l’accanito e disperato attacco dei fanciulli che lo colpirono ripetutamente.
La popolazione intimorita e i lupattieri frustrati resero necessario l’invio di una compagnia di dragoni a cavallo. Trappole e veleni risultarono inutili: la belva continuò ad uccidere, avvicinandosi sempre più ai centri abitati. Nell’Aprile del 1765 venne attaccato un uomo a cavallo, e poco tempo dopo la bestia fu avvistata dalla finestra di una fattoria; le spararono ripetutamente riuscendo a ferirla, ma il giorno seguente una donna venne fatta a pezzi.
I preti della regione videro nella Bête uno strumento del demonio e organizzarono processioni per allontanare il maleficio e per chiedere aiuto al Signore. Il panico legato al potere sovrannaturale della belvadilagòpotente nelle menti dei villani.
Le notizie passarono la Manica, e i giornali inglesi sempre pungenti non risparmiarono sfottò ai lupattieri e ai dragoni di Luigi XV. Nel Maggio del 1765, dopo altre sette vittime, il sovrano sostituì Denneval con Antoine de Beauterne, il suo ufficiale porta fucile, che vantava una vasta esperienza di caccia.
Iniziato il suo lavoro di pattuglia, Beauterne ebbe la possibilità di esaminare il cadavere di una vittima uccisa il 4 Luglio nei pressi di Broussolles: vicino alla vittima vi erano evidenti segni di un lupo di enormi dimensioni.
Dopo qualche giorno di avvistamenti, finalmente il 18 Settembre la belva venne ripetutamente colpita alla testa dalle pallottole dei fucilieri.
La fiera era effettivamente un lupo di eccezionali dimensioni, ben 130 libbre contro le 50 di un lupo ordinario; la strana creatura aveva il vello rossiccio e striato. Dopo l’imbalsamazione venne inviata a Parigi per esser esposta a corte, mentre Beauterne veniva portato in trionfo.
Ma il successo non durò, perché in Dicembre due giovani vennero trovati sbranati mentre portavano al pascolo la mandria. La bestia era ancora libera e continuava a seminare il terrore fra gli abitanti della regione. Tra la primavera e l’estate del 1766 le vittime furono 12; in Giugno il marchese s’Apcher convocò Jean Chastel, un anziano contadino, che con i figli ed una muta di cani partì per una perlustrazione del bosco. Dopo poche ore, fermato che s’ebbe per un riposo, la bestia spuntò dalla selva puntando sul vecchio, che con calma prese il fucile e gli piantò un ottimo colpo in testa da breve distanza.
La Bête si rivelò un grosso lupo da più di cento libbre. Le campane dei villaggi suonarono a festa mentre Chastel caricata c’ebbe la preda su un carro viaggiò di paese in paese per mostrarla agli a contadini e villani in giubilo. A Parigi la bestia arriva dopo lungo viaggio ed in avanzato stato di putrefazione tanto da lasciar nel dubbio le autorità sulla fine dell’incubo, il re ordinò al buon vecchio un premio di 72 livres.
Dall’inverno del 1766 le aggressioni diminuirono fino a scomparire nell’estate del 1767 quando la bestia non fu più vista.
Finita la storia nasce il miti e con esso una serie di supposizioni dalle più svariate sfaccettature, certo che l’evento fu unico in quasi tre anni il mostro aveva dilaniato tra i cento e i centosettantadue corpi per lo più giovani, donnee bambini mentre nessun uomo adulto subì conseguenze.
Dai salotti di Versailles alle osterie di tutta Francia il mistero della bestia alimentò congetture sia a favore del vecchio Chastel che abbatte la belva sia a favore dell’ipotesi che si trattasse di un branco di almeno tre lupi grossi coem sostiene anche l’odierna zoologia.
All’inizio del 900 fioriscono altre interessanti e peculiari ipotesi sulla bestia, giornalisti inglesi ma anche francesi iniziarono a supporre che si trattasse di un serial killer che addestrati dei lupi li usasse come arma. Alcuni sostennero che si trattasse di un ominide dotato di zanne e pelo, un mostro orripilante dotato di forza sovrumana uscito da una grotta preistorica.
Non mancò anche l’ipotesi di giganti vampiri o alieni che assetati di sangue colpivano al collo le vittime.
Le tesi spaziano anche nei complotti di stato, come quella secondo cui l’orrore fu scaturito per volontà di Luigi XV perché volle punire la regione francese che in passato era stata dalla parte degli ugonotti.
Anche in tempo recente lo studio del caso prosegue, biologi e zoologi propendono per pensare che si trattasse di un lupo anomalo o di un incrocio tra un grosso cane ed un lupo come quello ucciso nel 1884 sempre in Francia. Non si esclude però che si sia anche trattato di tigri del Caucaso scappate da qualche circo itinerante a causa dello strano comportamento usato nell’attacco alle prede, pare non avesse paura ne dei cani ne degli uomini.