Il primato della “doctrix”
Il 25 giugno 1678 Elena Lucrezia Cornaro Piscopia discute la sua tesi di laurea in filosofia incentrata su Aristotele. La sede dell'antica università di Padova è insufficiente ad accogliere il pubblico convenuto e l'interrogazione viene spostata addirittura nella Cattedrale.
Ma cos'ha di strano questa laureanda di 33 anni, che oggi verrebbe persino definita “fuori corso”?
E' la prima donna laureata della storia, proclamata per acclamazione della commissione “magistra et doctix philosphiae” dopo una discussione straordinariamente arguta ed approfondita.
Le vengono conferite le stesse insegne dei colleghi: il libro, l'anello che simboleggia il matrimonio con la scienza, il manto di ermellino e la corona d'alloro, segno del trionfo. Ed è proprio con questi attributi che viene immortalata in un dipinto che è l'equivalente della nostra “foto di laurea”.
Il suo risultato rimarrà quasi ineguagliato: durante tutto il XVIII secolo le “dottoresse” saranno infatti solo altre due.
Una bambina fuori dal comune
Elena Lucrezia era nata nel 1646 nell'illustre famiglia dei Cornaro, che da sempre riesiedeva a Rialto e aveva dato a Venezia svariati dogi.
Sin da bambina Elena Lucrezia mostra un acume fuori dal comune e una grande sete di conoscenza, sostenute ed incoraggiate dal padre, noto in tutta la città come mecenate e uomo di cultura. Le viene garantita un'istruzione impensabile per una ragazza del suo tempo impartita dai migliori precettori: studiò matematica, astronomia, geografia e persino musica con l'organista e cara amica Maddalena Cappelli.
Iniziò a studiare il greco e il latino a 7 anni, approfondendo anche lo spagnolo, il francese, il greco moderno e l'ebraico.
Le materie nelle quali mostrava però più inclinazione erano la filosofia e la teologia, che le venivano insegnate da due dei più illustri docenti dell'università di Padova: rispettivamente Carlo Rinaldini e padre Felice Rotondi.
Divisa tra i libri e Dio
La fama di Elena si diffuse in tutta Italia: fu membro di diverse accademie e, fatto del tutto nuovo per l'epoca, incoraggiò gli scambi culturali e i dibattiti tra queste.
Era una ragazza brillante che amava la compagnia e la conversazione, ma al tempo stesso sobria e riflessiva: consacrando totalmente la sua vita agli studi e alle opere di carità, rinunciò al matrimonio e prese i voti di oblata benedettina. Questo le permise comunque di continuare le sue attività culturali e di vivere in casa sua in abiti normali, sotto i quali indossava sempre uno scapolare di lana nero, simbolo della veste benedettina.
Una conquista epocale
Incoraggiata dai suoi insegnanti e ancora una volta dal padre, Elena Lucrezia fece richiesta all'università di Padova di poter essere esaminata come laureanda in filosofia e teologia. L'essere una donna appare subito un'impedimento insormontabile: il vescovo di Padova cardinal Gregorio Barbarigo, che è anche cancelliere dell'università si oppone duramente e respinge la richiesta di Elena Lucrezia con una lettera piena di pungente ironia e malcelato disprezzo.
Elena non si arrende e per intercessione dei suoi docenti riesce ad ottenere una laurea “restrittiva” limitata alla sola filosofia: la teologia rimane ancora un campo inaccessibile alle donne e a simboleggiarlo le viene consegnato in una cerimonia che prelude la discussione della sua tesi un libro di filosofia aperto ed un di teologia chiuso.
Al termine del brillantissimo esame è incoronata “magistra in philosophia tantum”, con una formula che sottolinea la restrizione del titolo ad una sola materia ma anche la totale straordinarietà dell'evento.
Aggregata al collegio dei docenti di filosofia e medicina, l'anno stesso della sua laurea Elena fu membro giudicante in commissione per altre lauree in filosofia: un evento straordinario se si pensa che fu chiamata a giudicare solo studenti uomini!!
Visse sempre a Padova fino alla sua prematura morte per tubercolosi nel 1648 e nonostante per secoli su di lei sia caduto l'oblio, fatta eccezione per la pubblicazione di alcuni suoi scritti a parma nel 1688, Elena rimane uno straordinario esempio di libertà intellettuale, tenacia e autorevolezza per le donne di ogni epoca.