Per la storia della scienza del settecento Casanova è un esempio prezioso: egli fu nello stesso tempo uno studioso dilettante, sinceramente curioso in varie discipline, e un abile impostore, con un bagaglio composito e disorganico che includeva anche delle utili conoscenze di medicina, tanto da poter essere considerato un medico mancato. Fu egli stesso a giovarsi per primo delle sue conoscenze mediche: nel corso di un duello Casanova fu ferito ad una mano con un colpo di pistola. Quattro medici decisero che il braccio era già in cancrena e che andava amputato ma con venticinque giorni di cure consistenti nel tenere ben pulita la ferita, egli riuscì a salvare il braccio del quale riacquistò l’uso completo un anno e mezzo dopo.
La medicina era all’epoca una discipina piena di limiti che non aveva ancora varcato la soglia della scientificità, un singolare miscuglio di vane e inconsistenti teorie e di pericolose pratiche terapeutiche.
Il vero pericolo era costituito dai medici che all’epoca non erano ancora in grado, per esempio, di distinguere e diagnosticare correttamente le varie affezioni veneree che venivano tutte classificate sotto il termine di “ sifilide”. Le malattie veneree venivano tutte curate alla stessa maniera con unguenti a base di mercurio o con pillole contenenti lo stesso metallo, rimedi fortemente tossici che spesso erano le vere cause di morte dei pazienti. Casanova era perfettamente consapevole di questi rischi e la sua cura contro questo male era in genere basata sulla dieta. Il campo nel quale poteva vantare competenze da “specialista” era quello che abbracciava sessuologia, ostetricia e ginecologia, settori che presentavano ampi vuoti di conoscenza e che mancavano di un coerente raccordo teorico a causa della sostanziale ignoranza dei fenomeni fondamentali della biologia e della fecondazione.
Si sapeva dal 1672 che anche i mammiferi vengono generati a partire da uova e nel 1677 erano stati scoperti gli spermatozoi ma la scienza ignorava come questi due elementi interagissero per dar vita ad un nuovo essere.
Secondo l’opinione più diffusa lo sperma aveva l’unica funzione di stimolare i testicoli femminili (le ovaia) ad emettere le uova mature che da sole contenevano tutta l’informazione necessaria alla creazione di un nuovo individuo. Si trattava della teoria preformistica secondo la quale l’uovo contiene un nascituro in miniatura e che, più in generale, gli embrioni di tutti gli uomini che sono stati e che saranno generati fino alla fine del mondo preesistono, non solo alla loro nascita ma anche a quella dei loro genitori e si trovavano già nelle ovaie di Eva.
L’orgoglio maschile avvilito dal ruolo secondario attribuito al liquido seminale era stato risollevato da Antony van Leeuwenhoek che aveva lanciato la teoria opposta secondo la quale erano in realtà gli “animalculi” (gli spermatozoi) a contenere l’individuo preformato.
Nel dibattito animatissimo tra i due fronti erano impegnati autorevoli scienziati come Vallisnieri, Haller, Needham, Réamur, Buffon e Spallanzani. Quest'utlimo, per verificare il preformismo ovistico tentò i primi esperimenti di fecondazione artificiale su rane e rospi e si spinse fino a tentare di far accoppiare una gatta con un cane (Réamur aveva provato a chiudere in un armadio un coniglio con una gallina).
Gli uomini di mondo come Casanova seguivano questo dibattito con distaccata ironia prendendosi, all’occasione, gioco dei dotti.
Nel 1750 ebbero un certo successo due opuscoli scritti sotto uno pseudonimo da John Hill, un farmacista inglese, appassionato come Casanova di varie discipline che voleva prendersi gioco della Royal Society, che non lo voleva tra i suoi membri. Era nella Royal society che si svolgeva il dibattito tra “preformisti ovisti” e “preformisti animalculisti”.
Nel primo saggio, scritto da John Hill, “Lucina sine concubine”, scritto in forma di lettera alla Royal Society, “si dimostra, con la più indiscutibile evidenza, basata sulla ragione e sulla pratica, che una donna può concepire e partorire senza commercio alcuno con l’uomo”. Partendo dal presupposto, accettato dai due fronti, che i germi sono preformati, Hill riteneva plausibile l’ipotesi di Sir WilliamWollaston secondo cui i germi sono sparsi ovunque e che possono essere ingeriti con gli alimenti e con l’aria stessa dalle donne che potrebbero esserne così fecondate.
Nel secondo saggio, “Concubitus sine lucina”, Hill rispondeva a se stesso vestendo i panni di Richard Roe, presunto membro della Royal Society, che il preformismo è invece dimostrabile sviluppando la tecnica di Réamur per incubare pulcini, far nascere bambini in uteri artificiali costituiti da botti di vino riempite di sterco. Le noie e i dolori della gravidanza e del parto verrebbero così dissociati dai piaceri del concubitus.
Giacomo Casanova conosceva e apprezzava gli opuscoli di Hill e li imitò con discreto successo in “Lana caprina, epistola di un licantropo” (1772) nel quale metteva in ridicolo due medici (Zecchini e Azzoguidi) dell’Università di Bologna che si erano impegnati in una polemica relativa alla questione se le donne pensino o meno con l’utero.
Casanova si prendeva gioco di ambedue gli autori e castigava la loro ignoranza traendone spunto per una disgressione protofemminista.
Definiva Zecchini “medico antivaginale” e “infamatore dell’utero”, dichiarando che non c’è nessuna ragione medica per supporre che la donna ragioni in modo diverso dall’uomo e che le innegabili differenze psicologiche vanno attribuite “all’educazione e alla condizione della donna”, concludendo che “l’uomo ha tutto in suo potere e la donna non possiede che ciò che le ha donato l’uomo”.
I problemi veri, per un amatore come Casanova, erano altri. Non avendo alcun desiderio di paternità, e nessun interesse per la continuazione della specie, la fecondazione e la gravidanza gli sembravano fastidiosi incidenti di percorso, e lo disturbava il fatto che fosse solo la donna a farne le spese. Non sopportava inoltre i profilattici che tra l’altro all’epoca erano poco efficaci. I metodi abortivi erano insicuri e pericolosi e le levatrici senza scrupoli.
In tarda età Casanova divenne un convinto antiabortista, proponendo addirittura una legge che abolisse la figura della levatrice.
Casanova giudicava con scettico distacco le superstizioni e le ingenuità scientifiche della sua epoca ma non dava alcun peso a quelle che alimentavano le scienze occulte, anzi sfruttò queste ultime per sopravvivere e per affermarsi. Ammirò immensamente Voltaire ma non gli risparmiò ampie critiche. Questo perché la grande esperienza del mondo e della vita, lo trattenero dal cedere agli eccessi del suo tempo, riconducibili ad un culto esagerato per la ragione che finiva per instaurare nuove superstizioni derivanti dalla sterilizzazione razionale dei sentimenti e del vissuto
Per uno storico che deve ricostruire lo sfondo, il contesto e i dettagli, vale a dire la parte più vera della storia, sono preziose anche le figure degli impostori. Solo queste figure ci ricordano che il secolo dei lumi fu anche quello di Cagliostro e di Mesmer; che nella sola Parigi 3000 persone lavoravano alla ricerca della pietra filosofale e che persino Voltaire, che tuonava contro ciarlatani e superstizione, si curava con “l’acqua di Rabel” e le “pillole di Stahl”.
L’affrancamento dalla superstizione appartiene più all’individuo che alla massa, più all’esperienza personale che alla cultura generale. La propensione a credere è strettamente legata alla buona fede ed è paradossalmente favorita dall’intelligenza e dalla cultura. Come diceva Casanova, lo stupido “ è sospettoso ed avendo le facoltà dello spirito completamente inebetite, non può cadere in un grande inganno: la sua stessa stoltezza lo salva da molte trappole”, mentre “un uomo di spirito, colto, pieno di fiducia nei suoi lumi, suppone di se e vi da dentro a capofitto”. Questo spiega perché, come lamentava Marat, “mai si è inteso vantare i nostri lumi, e mai si sono veduti tanti visionari, tanti creduloni”.
Sotto questo punto di vista l’impostore, nel secolo dei lumi, assume addirittura una funzione educativa: è lui che ingannando gli altri li mette in condizione di maturare l’esperienza necessaria all’emancipazione.
Brani scelti dalle "Memorie di Casanova" Lettera d'amore di Manon Balletti