Ha il colpo d’occhio di un uomo di Stato e una grande superiorità intellettuale. Friedrichs
Sofia Augusta Federica di Anhalt-Zerbst nacque a Stettino (Pomerania) il 21 aprile del 1729, figlia del principe Cristiano Augusto d’Anhalt-Zerbst e di Giovanna di Holstein-Gottorp. Era principessa di uno stato privo di importanza ma dignitoso, quello di Anhalt Zerbst, uno dei trecento principati di lingua tedesca. Ricevette un’ottima educazione d‘indirizzo francese; sapeva di non essere una beltà ma era anche conscia della propria intelligenza.
Il viaggio in Russia e il matrimonio
Nel febbraio del 1744, non ancora quindicenne, Sofia, fu condotta dalla madre in Russia. La Zarina Elisabetta, senza figli, aveva adottato il nipote, Carlo Ulrico di Holstein-Gottorp, che cambiò il suo nome in Pietro, come erede alla corona, ed era ansiosa di vederlo sposato, così da assicurare la successione dei Romanov.
La zarina sperava che la piccola, graziosa Sofia, proposta dall’influente Federico II di Prussia, riuscisse a distrarre Pietro dalle sue occupazioni ancora infantili. Dopo un adeguato apprendimento della lingua russa, della religione ortodossa e dell’etichetta di corte, Sofia fu ribattezzata Caterina e fidanzata con Pietro. Il matrimonio fu celebrato il 21 agosto 1745.
“E’ stato, forse, il matrimonio più allegro mai celebrato in Europa” scrisse la madre della sposa al marito in Germania. E’ improbabile che sia stato allegro per la giovane sposa sbigottita. La notte di nozze, Pietro cenò con i suoi servi; solo dopo un bel po’ raggiunse Caterina, si arrampicò sul letto, scherzò dicendo che i servi si sarebbero divertiti a vederli insieme e piombò nel sonno, ubriaco fradicio.
"Sarei stata pronta ad amare mio marito se solo egli fosse stato capace di dare affetto o desideroso di mostrarne almeno un po" scrisse Caterina nelle sue memorie. Le conseguenze di questo matrimonio furono disastrose: l’esile, allampanato e pallido Pietro, butterato dal vaiolo, preferiva trascorrere le giornate giocando con i soldatini e costruendo castelli di cartone. Mentalmente disturbato, aveva la passione per le bambole, per le marionette e per la vodka, cui sacrificava i suoi doveri di marito. Maltrattava brutalmente Caterina e malgrado lei non lo gradisse, trasformò la camera da letto in un canile per i suoi spaniel. Per almeno nove anni il matrimonio non fu consumato.
Amanti ed intrighi
Nel frattempo Caterina decise di prendersi un amante: il ventiseienne ciambellano Sergej Saltykov. Dopo due aborti, il 20 settembre 1754 Caterina diede alla luce un figlio, Paolo, che fu riconosciuto da Pietro ed elevato dall’imperatrice Elisabetta al secondo posto nella successione. Il vero padre era quasi sicuramente Saltykov, che fu spedito subito dopo, dall‘imperatrice, in missione diplomatica all’estero.
Quando nel 1756, la Russia si alleò con l’Austria e la Francia, contro la Prussia di Federico II , le vittorie russe furono salutate con gioia a San Pietroburgo da tutti, eccetto Pietro, il cui padre era tedesco e che nutriva una vera e propria venerazione per Federico il Grande. Il declino dell’imperatrice fece nascere il timore che Pietro ereditasse presto il trono e concludesse una pace ignominiosa con la Prussia. I nazionalisti russi cominciarono a guardare a Caterina come reggente in nome del piccolo Paolo o nella veste di imperatrice. “Vi assicuro che ho già predisposto i miei piani: perirò o regnerò” confidò Caterina all’inviato britannico, Sir Hanbury-Williams. Questi sosteneva Caterina nelle sue ambizioni enel suo gusto per il lusso con prestiti segreti e le presentò persino un nuovo amante, Stanislas Poniatowski, un giovane conte polacco della sua scorta. Pietro, che aveva insediato un’amante nei suoi appartamenti ed evitava in ogni modo la moglie, non si scompose quando Caterina, il 9 dicembre 1757, diede alla luce una bambina.
Caterina dovette affrontare, in seguito, le conseguenze dei suoi intrighi politici e del suo comportamento poco discreto. Il 15 febbraio 1758 ricevette un biglietto allarmante dal suo amante: la zarina aveva ordinato l’arresto del primo ministro, il conte Bestuschev, con l’accusa di tradimento. Erano stati arrestati anche un gioielliere italiano di nome Bernardi e l’insegnante di russo di Caterina, Adadurov, che avevano svolto la funzione di intermediari nella sua corrispondenza segreta con il primo ministro e l’inviato britannico.
Non molto tempo dopo, la Zarina fece richiamare Poniatowski, il nuovo amante di Caterina, in Polonia; a corte si mormorava che presto sarebbe venuto il turno di Caterina. Terrorizzata, ella scrisse all’imperatrice chiedendole udienza che le fu concessa solo molto tempo dopo. Dopo averle fatto giurare di dire la verità, la zarina volle conoscere alcuni particolari della vita dell’erede al trono. Non si conosce nulla di quel colloquio perché a questo punto, le memorie di Caterina terminano improvvisamente. Ella scrisse almeno sette differenti versioni della sua autobiografia, cominciata verso i trent’anni. Per quanto le varie redazioni presentino particolari diversi e l’autrice non appaia né modesta né imparziale, le oltre seicento pagine costituiscono una vera miniera di informazioni e uno straordinario sussidio per il lavoro di un biografo.
In un breve arco di tempo ella subì la perdita dell’amante, messo al bando, e della figlioletta, che vide morire; ma per lei non si parlò mai più di esilio.
Il colpo di Stato e l’avvento di Caterina II
La zarina Elisabetta morì il giorno di Natale del 1761, dopo 21 anni di regno, e le succedette il nipote Pietro III. Pur essendo al sesto mese di gravidanza ad opera di un altro amante, Caterina rimase per molte ore in ginocchio accanto al feretro. Quanto a Pietro, arrivò scherzando con le dame di corte, fece grossolane allusioni sui preti e scandalizzò gli astanti saltellando dietro il carro funebre durante il funerale. Agli intimi confidò che intendeva divorziare da Caterina e sposare l’amante.
Tuttavia il nuovo imperatore intraprese alcune azioni che anche Caterina approvò e per un certo periodo alcuni pensarono che Pietro, salendo al potere avesse cambiato personalità. Stupì molti per la sua capacità negli affari e il suo senso di responsabilità. Sembrava divenuto capace di agire per conto proprio e mostrava, inoltre, un po’ più di maturità. Ma gli antichi demoni di Pietro, l’ubriachezza, l’ostinazione, l’eccitabilità e gli accessi improvvisi e violenti di rabbia, si erano solo assopiti. Non poteva regnare con quella tendenza alla dissipazione. “La condotta dell’imperatore è delle più vergognose. Trascorre le notti fumando, bevendo birra e non si ferma fino alle cinque o alle sei del mattino, quando quasi sempre si accascia ubriaco” scriveva l’ambasciatore francese Breteuil.
Ciò che assicurò a Pietro un regno breve fu, sostanzialmente, la tregua proposta nel marzo 1762 nella guerra con la Prussia, seguita da un trattato di pace che obbligava la Russia a rinunciare a tutte le conquiste e da un’alleanza con l’ex nemico, Federico II.
I sostenitori di Caterina insistevano perché prendesse drastici provvedimenti nei confronti dello squilibrato e pericoloso consorte. Fra questi vi erano l’amante del momento e padre del suo ultimo figlio, un brillante giovane ufficiale di nome Grigorij Orlov, e il fratello minore, Aleksej. Decisi a mettere in atto un colpo di stato, scelsero la vigilia dell’onomastico di Pietro, il 29 giugno.
All’alba del 28 giugno, Aleksej Orlov svegliò Caterina nella sua villa fuori San Pietroburgo e, scortandola alla carrozza, la rassicurò: “E’ tutto pronto per proclamarvi imperatrice”. Accompagnata dai soldati, Caterina si recò alla cattedrale della Madonna di Kazan per ricevere la benedizione e pronunciare il giuramento come Caterina II di Russia. Al suo fianco era il figlio Paolo, di 7 anni.
La mattina seguente, in cui si sarebbe dovuto celebrare il suo onomastico, Pietro III copiò e firmò obbediente una lettera di abdicazione: “proprio come un bambino che viene spedito a letto”, commentò disgustato Federico II. Condotto in una tenuta di campagna e messo sotto sorveglianza di Aleksej Orlov, gli fu consentito di portare con sé, il cane preferito, un servo, il violino ma non la sua amante.
Una settimana dopo, il 6 luglio, Caterina ricevette un messaggio da parte di Orlov: "Come posso spiegare, come posso descrivere quanto è accaduto?” scriveva l’ufficiale. Pietro era morto, apparentemente ucciso in una rissa provocata da ubriachi. Si disse che alla sua morte non fosse estranea la stessa Caterina. Secondo altre testimonianze, Caterina fu sinceramente addolorata dalla notizia: pianse e si disperò, dicendo che la propria reputazione era irrimediabilmente rovinata.
La dubbia legittimità del suo potere le impose una certa prudenza edella tese i suoi sforzi ad assicurare la propria popolarità, affermandosi, benchè di origine straniera, come una sovrana nazionale, erede spirituale di Pietro il Grande, preoccupata anzitutto della grandezza dello Stato, annunciando che assumeva il potere “per la difesa dell’ortodossia e la gloria della Russia”.
La Semiramide del Nord
Intelligente , colta e raffinata, dotata di notevole senso pratico; sensuale, ma poco sentimentale, non si lasciò mai dominare dai suoi numerosi amanti. Industriosa e pragmatica, attenta ai particolari e piena di buonsenso, aveva le idee chiare su come doveva guidare l’impero e riuscì ad imporsi in un mondo straniero e ostile superando i pregiudizi dei suoi contemporanei.
Scrisse ai governatori delle province e ai comandanti militari delle regioni ordinando di inviarle regolarmente dei rapporti sulle condizioni dei territori che si trovavano sotto la loro giurisdizione; redasse nuove disposizioni riguardanti i settori più disparati: dalle condizioni delle vie di comunicazione ai diritti di pesca fino alla consacrazione dei templi religiosi. Per proteggere i sudditi dallo sfruttamento degli speculatori del grano, ordinò che in ogni città venisse istituito un granaio imperiale, in modo che ella stessa potesse regolamentare il prezzo del cereale.
Lavorava 14 ore al giorno e non nascose mai le sue simpatie per l’illuminismo e la massoneria, ma non voleva sentir parlare di libertà, d’uguaglianza e di sovranità popolare. Proteggeva le logge, ma solo per dominarle, e teneva costantemente sotto controllo i loro membri.
Convinta che l’autocrazia fosse l’unica forma di governo idonea alle particolari condizioni del paese, e tale convinzione era in accodo con la sua ambizione personale, mostrò un certo liberalismo teorico, atto a tenere unita la nobiltà riformista, capeggiata da Panin, e a suscitarle la simpatia dei filosofi. Promotrice di un mecenatismo, forse più ostentato che sincero, tenne un’attiva corrispondenza con i filosofi, Grimm, Voltaire, sollecitando soprattutto i consigli di Diderot, che invitò a corte.. Il “dispotismo illuminato” della “Semiramide del Nord” (come ella fu chiamata) destò l’ammirazione dell’élite europea.
Nel 1764 la zarina fece eleggere re di Polonia il suo antico amante, Staninslao Poniatowski, e ottenne con il trattato del 1768 che le libertà e le leggi polacche fossero poste sotto la sua giurisdizione.
Nel 1767 Caterina convocò una grande commissione, incaricata di una riforma completa del governo e della società e redasse un’istruzione ispirata a idee liberali; ciò suscitò molte speranze in Russia.Nella Commissione furono rappresentante tutte le classi, tranne il clero e la servitù della gleba e l’imperatrice potè conoscere le condizioni reali e le aspirazioni del suo impero e soprattutto si rese conto della profonda divisione della società russa.
Da allora rafforzò i suoi legami con la nobiltà, la sola classe veramente potente, al fine di consolidare il suo assolutismo, confermando all’aristocrazia la dispensa dal servizio militare ed il mantenimento della servitù della gleba; soppresse l’autonomia dell’Ucraina e confiscò i beni della Chiesa. Questi provvedimenti suscitarono reazioni nelle masse popolari: ciò spiega la gravità della rivolta di Pugacev (1773-1774), che raccolse una coalizione di cosacchi, di servi e di Baskiri e che diede molto filo da torcere alle tuppe di Caterina.
Con Caterina, l’impero venne diviso in governatorati, suddivisisi a loro volta in province, in circoli e in distretti. Venne così creato, per la prima volta un vero e proprio ordinamento amministrativo.
L’aumento della manodopera dei servi favorì lo sviluppo dell’economia: l’industria fece considerevoli progressi; venne intrapresa una grandiosa opera di colonizzazione agricola, nelle steppe meridionali con l’aiuto dell’immigrazione francese; vennero fondate due nuove città sul Mar Nero: Chersone Sebastopoli.
Il lungo regno di Caterina II culminò con la riunificazione di tutte le terre russe, eccetto la Galizia; ella riuscì ad aprire uno sbocco sul Mar Nero e soprattutto ad avvicinare la Russia all’Occidente; riuscì ad inserire l’Impero, divenuto più popoloso e più ricco, nel consesso delle grandi potenze europee.
Bilancio di un regno
L’Imperatrice morì il 6 novembre 1796 per un colpo apoplettico. Le successe il figlio Paolo con il quale aveva sempre avuto un rapporto conflittuale.
Forse il bilancio sociale del suo regno non è molto positivo: è dubbio se Caterina abbia deliberatamente sacrificato la servitù della gleba alla sua ambizione o se si sia rassegnata a rinviare riforme per le quali il paese non era ancora maturo. Certo è invece che l’imperatrice comprese la necessità di una trasformazione del sistema di vita e delle concezioni sociali della nobiltà. In questo senso la politica di Caterina ottenne notevoli risultati: l’aristocrazia, fino ad allora ancorata alla tradizione, durante il suo regno ebbe più stretti contatti con la raffinata e cosmopolita cultura occidentale. La stessa Caterina svolse una discreta attività letteraria, trovando anche il tempo di compilare manuali scolastici, di scrivere opere drammatiche , satiriche e ricerche storiche. Protettrice delle arti, Caterina fondò nel 1783 l’Accademia russa di belle Arti e molte opere da lei acquistate sono oggi conservate al Museo dell’Ermitage.