Negli anni a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo vi fu un sostanziale rinnovamento in campo bellico e una totale evoluzione nel campo delle armi: il moschetto con acciarino a pietra focaia e la baionetta con innesto a ghiera (o ad anello) avevano sostituito il moschetto con accensione a miccia e a picca.
Il nuovo moschetto era ancora un'arma pesante (circa 4 chili) ma molto meno di quello a miccia (che superava i 6 chili): la riduzione del peso consentiva l'impiego senza la forcella sulla quale i vecchi moschettieri dovevano appoggiare la canna durante il tiro. Era stato ridotto anche il calibro, consentendo ai soldati di portarsi dietro un maggior numero di colpi (in genere 25).
Nel sistema a pietra focaia la polvere veniva accesa da una scintilla prodotta dallo sfregamento della pietra su una piastrina di acciaio.
Capitava ancora che si verificassero mancate accensioni ma il progetto risultò in questo senso decisivo rispetto alla miccia che era molto spesso inservibile, soprattutto nelle stagioni fredde, a causa dell'umidità.
La distanza di tiro utile era cresciuta da 70 a 90 metri circa e la rapidità di tiro risultò pressoché raddoppiata: un buon tiratore era in grado di sparare diversi colpi in un minuto.
L'esercito imperiale fu l'ultimo a sostituire i vecchi moschetti: soltanto all'inizio del XVII secolo vennero definitivamente abbandonati i modello a miccia, mentre francesi, inglesi, olandesi avevano già provveduto una decina di anni prima.
I russi rimasero affezionati ancora per un pezzo alle vecchie armi, così come i giannizzeri delle armate ottomane (gli altri reparti turchi continuavano a combattere con giavellotti, lance, archi e frecce).
Negli stessi anni la baionetta prese progressivamente il posto della picca; il peso e l'eccessiva lunghezza (dai 4 ai 5 metri e mezzo) di quest'arma finiva per compromettere la mobilità dei battaglioni.
La baionetta (inventata da Vauban) aveva in inizialmente un limite: veniva direttamente innestata sulla canna, e questo costringeva i moschettieri a inserirla nel momento del corpo al corpo: l'innesto non era facilissimo e spesso questa operazione si rivelava fatale per il soldato ma i successivi modelli a ghiera risolsero il problema.
Le nuove armi trasformarono il ruolo della fanteria in battaglia. Per molti secoli i soldati appiedati erano stati poco più che carne da macello, in balia delle cariche dei cavalleggeri.
L'impiego di armi da fuoco sempre più precise e sofisticate permise ai fanti di svolgere compiti più importanti e decisivi.
Tutti i condottieri presero atto di questa rivoluzione e rinforzarono i reparti appiedati.
Sotto il comando di Eugenio di Savoia (che ebbe anche il merito di introdurre per la prima volta criteri di valutazione promuovendo i soldati che avessero ben meritato sul campo) il reggimento rimase la maggiore unità base dell'esercito austriaco: nel 1695 era composto da 2300 uomini riuniti in 4 battaglioni, che furono ridotti nel 1711 a 3, formati ciascuno da 5 compagnie che avevano una forza nominale di 140 uomini ciascuna.
In quegli anni, soprattutto per impulso di Marlborough e di Eugenio di Savoia, furono studiate disposizioni in campo diverse dal passato e furono fissate regole precise per l'apertura del fuoco: i fanti non avanzavano più su quattro o cinque righe e il fronte veniva allargato per garantire una maggiore capacità offensiva e continuità di fuoco.
Anche l'equipaggiamento degli uomini a cavallo cambiò profondamente con l'adozione delle carabine. Tutte queste innovazioni ebbero come prima conseguenza quella di rendere le battaglie molto più cruente.
L'artiglieria era organizzata in modo simile in tutti gli eserciti e prevedeva una grande varietà di calibri. Quella da campagna e reggimentale, sempre al seguito di un esercito, comprendeva pezzi dalle 3 alle 24 libbre.
La gittata utile variava fra i 400 e i 500 metri; per gli assedi venivano impiegati cannoni più grossi, che sparavano proietti fino a 60 libbre appoggiati da uno schieramento di mortai. Gli ottomani avevano un cannone che sparava palle di pietra da 120 libbre. La scarsa velocità di marcia impediva l'impiego dell'artiglieria nelle battaglie dominate dalla grande rapidità di movimento. Anche in questo caso i progressi maggiori furono compiuti per merito di Marlborough, immediatamente imitato da Eugenio di Savoia. Fino ad allora l'artiglieria era gestita in modo autonomo rispetto all'esercito. Marlborough assunse la carica di gran maestro d'artiglieria, il che gli permetteva di controllare personalmente la disposizione dei pezzi e il loro impiego. Eugenio di Savoia lo imitò dotando la cavalleria imperiale di pezzi d'artiglieria semoventi in grado di seguirne le evoluzioni al galoppo.
Le fortificazioni
Il marchese Sébastien Le Prestre Vauban occupa un posto di rilievo nella storia militare del XVII secolo.
Non era né un condottiero né uno stratega, anche se prestò un onorato servizio nell'esercito francese. Era un ingegnere: fondò il corpo dei genieri francesi, inventò la baionetta (nel 1687) ma soprattutto fortificò la Francia , costringendo di fatto i generali a cambiare il modo in cui si faceva la guerra fino ad allora.
Dopo aver acquistato una notevole esperienza dirigendo parecchi assedi durante la guerra di devoluzione, restaurò 300 piazzeforti e ne costruì 33.
Le sue fortificazioni prevedevano una cinta detta magistrale costituita da fronti bastionate con torri ai salienti e una cinta esterna formata da ampi bastioni. Vauban si dedicò anche al lavoro apposto: progettare il migliore assalto a una città fortificata. Ma senza alcun dubbio, le sue difese, che vennero successivamente adottate anche dai nemici storici della Francia, costrinsero i generali a cambiare le loro strategie.
Henri Turenne, grande condottiero francese, riassunse con indiscutibile efficacia la nuova situazione che era venuta a crearsi: “Fate pochi assedi e combattete numerose battaglie. Quando sarete padrone delle campagne, i villaggi vi consegneranno le città”. Eugenio di Savoia (come Marlborough e il suo nemico Villars) apprese perfettamente questa lezione e fu uno straordinario interprete della guerra di movimento.
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