"Tutti i Re d’Europa sono soltanto illustri imbecilli, meno Carlo Emanuele III di Sardegna e Maria Teresa" Federico II di Prussia.
Carlo Emanuele III era nato nel 1701, quando salì al trono aveva 30 anni. L’inzio del suo regno non fu facile, con la drammatica lotta col padre, così come non era stata facile la sua vita. Brutto, mezzo gobbo, un pò gozzuto; essendo un cadetto nessuno aveva paura di lui, e doveva anzi subire gli scherzi e gli scherni della corte. Timidissimo e affetto da balbuzie si era sempre di più chiuso in se stesso, vivendo nel terrore di tutti e specialmente del padre che lo riempiva di castighi.
Con la morte del fratello maggiore, Carlo Emanuele divenne l’erede al trono, e il suo destino cambiò. Il padre lo prese sotto il suo personale tirocinio rendendo ancora più dura la vita del ragazzo. Il Re era infatti molto esigente in fatto di scuola e voleva che il principe imparasse bene il regolamento militare e il manuale di strategia e tattica. Lo teneva impegnato in ispezioni alle fortezze e alle caserme chiedendogli poi minuziosi resoconti su tutto, anche sul rancio, e guai se il giovane si mostrava poco al corrente o se trascurava un particolare.
Con la maggiore età Carlo Emanuele ebbe il diritto di assistere ai consigli dei ministri e ai colloqui del Re con loro. Il padre gli spiegava poi il perché aveva detto certe cose e taciuto su altre, ricordandogli che ognuno di quei ministri poteva trasformarsi in un potenziale traditore. Salito al trono Carlo Emanuele ne mantenne in carica due, l’Ormea e Bogino. I due ministri non gli dettero mai modo di dubitare di loro ma il nuovo re come suo padre, era estremamente diffidente.
Alleanze su uno scacchiere difficile
La situazione internazionale in quel periodo era tornata a farsi difficile ma per il Piemonte che da secoli si reggeva e si ingrandiva sulle risse degli altri ciò tornò vantaggioso. Con la guerra di successione Polacca, tra Francia e Austria, Carlo Emanuele si schierò dalla parte della Francia e quindi dalla parte di Leczynski suocero di Luigi XV. Il re diffidava dei francesi di cui suo padre si era da poco liberato ma diffidava anche dell’Austria che era padrona del Ducato di Milano, da sempre chiodo fisso del Piemonte ecco perché Carlo Emanuele dette il suo appoggio alla Francia.
C’era però una complicazione: la Spagna, alleata della Francia, come compenso del proprio intervento chiedeva oltre al Reame di Napoli e Sicilia, alla Toscana, ai ducati di Parma e Piacenza, anche il Ducato di Mantova che però faceva parte di quello di Milano. La Francia cercò di barcamenarsi tra la Spagna e il Piemonte per non perdere nessuno dei due ma fu ripagata con la stessa ambiguità.
Nel 1733, Carlo Emanuele varcò il Ticino e senza alcuna resistenza da parte degli austriaci, entrò a Milano, facendosi precedere da un proclama in cui si presentava come “liberatore dell’Italia”. A Milano però fu accolto come uno dei tanti occupanti. Carlo Emanuele mosse comunque contro gli austriaci che erano tornati nel territorio per riconquistare Milano, battendoli con l’aiuto dei francesi prima a Parma e poi a Guastalla. Quando si trattò di dare il colpo di grazia al loro esercito asserragliato a Mantova si fermò: prima voleva sapere a chi sarebbe stata assegnata la città.
La Spagna si era già impadronita del Regno di Napoli assegnandolo a Carlo, il primogenito di Elisabetta Farnese, e aveva inoltre ricevuto l’ipoteca sulla Toscana e sul ducato di Parma e Piacenza. Se la Spagna avesse ottenuto anche Mantova sarebbe diventata troppo pericolosa per il piccolo Piemonte. Carlo Emanuele decise allora di mercanteggiare ritardando la sua azione ma la Francia e l’Austria, ormai stanche della guerra, avevano deciso di scendere a patti, trovando un accordo a spese degli stati più deboli.
La Francia rinunciò al trono di Polonia per il Leczynski e per consolarsi si fece assegnare dall’Austria il Ducato di Lorena: il Duca in carica Francesco Stefano aveva nel frattempo sposato Maria Teresa imperatrice d'Austria erede al trono, e come compensodella perdita della sua terra, ricevette il Ducato di Toscana. L’Austria recuperava inoltre la Lombardia, compresa Mantova, e il ducato di Balilla. La Spagna si accontentò del Regno di Napoli, mentre il Piemonte ricevette Tortona e una parte delle terre novaresi.
Sia Madrid che Torino considerarono la transazione un tradimento ma nel 1736 l’accordo tra Francia e Austria fu reso definitivo. Carlo Emanuele firmò solo nel 1738 il trattato di Vienna; i territori che aveva ricevuto erano scarsi ma grazie ad essi aveva ottenuto un confine sicuro: il Ticino. E poi non vi era nulla di stabilito in quell’epoca che vedeva profilarsi all’orizzonte un’ennesimo conflitto: la Guerra di Successione Austriaca.
L'ascesa dell'Austria e il ruolo internazionale del Piemonte
L’Imperatore Carlo VI aveva solo due figlie, Maria Teresa e Maria Anna. Egli aveva ereditato il trono dal fratello Giuseppe che era morto anche lui senza eredi maschi. Carlo VI aveva allora provveduto a risolvere la questione con la Prammatica Sanzione secondo la quale il trono sarebbe passato alla figlia primogenita Maria Teresa, e non alla nipote come aveva promesso al fratello Giuseppe. Il patto tra i due fratelli era infatti stato questo: se neanche Carlo avesse avuto eredi maschi avrebbe dovuto riformare la legge di successione che escludeva quella per linea femminile, lasciando il trono alla primogenita di Giuseppe.
Restava dunque il problema del riconoscimento di Maria Teresa da parte degli altri Stati e i diritti della principessa erano a dir poco contestabili. Coloro che avevano interesse a farlo si prepararono ad un nuovo conflitto. Tra costoro vi era Federico Augusto di Polonia che come marito dell’Arciduchessa usurpata, si presentava come concorrente; Luigi XV, che in cambio del riconoscimento pretendeva il Belgio (provincia austriaca); i Borbone di Spagna che desideravano il ducato di Parma e Piacenza per il secondogenito di Elisabetta Farnese, Filippo; Carlo Alberto di Baviera che come sposo dell’altra figlia del defunto imperatore Giuseppe, poneva anche lui la sua candidatura. Ma soprattutto vi era Federico il Grande che aspirava alla Germania, divisa dagli Asburgo in tanti stati.
La giovane Maria Teresa poteva contare sull’aiuto dell’Inghilterra e dell’Olanda, fedeli al loro principio di Balance of Powers.
Quando Carlo VI morì, Carlo Emanuele si ritrovò a dover scegliere tra le due coalizioni. L’Austria gli promise Vigevano e il Marchesato Ligure di Finale; l’Inghilterra spinse l’Austria ad alzare il prezzo con Pavia e la Contea di Anghiera fino al confine svizzero. Carlo Emanuele aspettava la decisione di Maria Teresa quando fu informato che un esercito spagnolo stava risalendo da Napoli puntando sulla Lombardia. Il Re decise allora di scendere in campo contro la Spagna ritenedendo l’Austria la scelta migliore. Seguitò a trattare con Vienna la spartizione del bottino ma non si impegnò in nessuna alleanza volendo come al solito fare il doppio gioco. Per Carlo Emanuele fu un seguito di “giri di walzer” con amici e nemici. Nemmeno il padre sarebbe stato in grado di fare altrettanto. Ma il Re non era il solo a comportarsi in questo modo: nel Settecento le guerre non coinvolgevano gli interessi di una nazione. Il tutto si svolgeva come una partita di scacchi fra i monarchi che non dovevano rendere conto a nessuno delle loro decisioni avendo ancora come modello “Il Principe” del Machiavelli.
Tentativi di espansione del regno sabaudo
Nel 1746 morì Filippo V di Spagna che aveva lasciato governare la seconda moglie Elisabetta Farnese. La regina aveva cercato in Italia, dei troni per i due figli che non potevano aspirare al trono di Spagna perché questo era già stato assegnato al figlio di primo letto di Filippo. Costui, Ferdinando, detestava la matrigna che estromise dagli affari di Stato appena salito al potere. Infischiandosene dei fratellastri richiamò le truppe spagnole dall’Italia. Carlo Emanuele che fino ad allora aveva appoggiato l’Austria ritenendo i Borbone franco-spagnoli pericolosi per il Piemonte si trovò di fronte ad una situazione nuova. Il pericolo più grande in quel momento era rappresentato dall’Austria: gli austriaci marciavano su Genova per castigarla dell’aiuto prestato alla Francia e Carlo Emanuele marciò su Savona e Finale per accaparrarsela prima che iniziassero i negoziati.
Gli austriaci dovettero sgombrare Genova che insorse dietro l’esempio di Balilla. I Piemontesi tentarono di mantenere almeno Finale ma con la pace di Aquisgrana del 1748 fu rimessa in discussione. Per quanto riguarda il Piemonte, Carlo Emanuele dovette accontentarsi di un modesto arrotondamento: l’alto Novarese, l’Oltrepò pavese e il Vigevanasco, e rinunciare a Finale che rimase a Genova. Da quel momento la diplomazia di Carlo Emanuele trovò poco da mordere e le cose non cambiarono nemmeno con la Guerra dei Sette anni che scoppiò nel 1756. Ci fu un rovesciamento di alleanze che vide la Francia schierarsi con Austria e Spagna, e l’Inghilterra schierarsi con la Prussia.
I motivi per cui Carlo Emanuele non potè approfittare di questa ennesima guerra per arrotondare il suo regno sono scritti nella situazione geografica del Piemonte: con i francesi sulle Alpi, gli austriaci in Lombardia, gli spagnoli in Emilia e a Napoli, il Piemonte aveva le mani legate.
Dopo la guerra dei Sette anni l’assetto cambiò in favore dell’Inghilterra e della Prussia rimettendo in questo modo in movimento il sistema degli equilibri e il Piemonte potè continuare con la sua politica che gli permetteva di essere presente e di far valere il proprio peso.