Premessa
L’Inghilterra fu unificata sotto un unico scettro per merito di Giacomo I Stuart che aveva portato in dote al regno la corona di Scozia. Fu un discreto sovrano: professava la fede anglicana ma di educazione era cattolica e in quanto tale la sua concezione del potere era assolutistica. Questa situazione, in un paese in cui il Parlamento aveva preso coscienza delle proprie prerogative, aveva provocato dei contrasti che erano sempre stati soffocati a furia di compromessi.
Alla morte di Giacomo I, nel 1625, il regno passò al figlio Carlo I che ereditò oltre al trono anche il contrasto con il Parlamento. Timido, delicato e balbuziente il giovane sovrano nutriva una profonda ammirazione per il suo primo ministro, il Duca di Buckingham, che era stato il favorito di Giacomo I. Il Duca, spregiudicato e frivolo era coetaneo del giovane re e Carlo, cresciuto con lui, non era in grado di valutarne meriti e difetti; lo ammirava per la sua spavalderia e per la sua sicumera e ne era completamente soggiogato.
I primi contrasti con il Parlamento
Quando il Parlamento si permise di disapprovare la guerra contro la Spagna voluta da Buckingham, il re prese le difese del Duca: “Non permetto alla Camera di discutere i miei servitori e meno che mai quello che mi è più caro. " Quando il Parlamento chiese l’incriminazione del Primo Ministro, il re lo sciolse ma fu costretto a riconvocarlo perché non ottenne i fondi per gli armamenti. Alla prima seduta il re tornò ad avanzare le sue richieste, aggiungendo poi una frase malaccorta: “Non prendete le mie parole per una minaccia. Non mi abbasso a minacciare che i miei pari”, dichiarando, in questo modo, il suo disprezzo per i deputati.
Fra i deputati c’era un certo Oliver Cromwell, un piccolo nobile terriero di fede calvinista che riuscì con il suo carattere molto brillante a convinciere il Parlamento a dichiararsi disposto ad accordare i fondi, a patto che il re firmasse una “petizione di diritti” con cui si riconosceva alla Camera l’esclusiva di imporre tasse e tributi; un diritto sancito dalla Magna Charta nel 1215 e che i re d'Inghilterra non avevano quasi mai osservato.
Il Parlamento ne chiese il ripristino e rinnovò le sue richieste contro il Primo Ministro. Mentre se ne discuteva, Buchingham fu assassinato da un popolano che subito dopo si consegnò alle autorità. Il re, furibondo, sciolse di nuovo il Parlamento e per undici anni, fino al 1640, governò come un Sovrano assoluto. A spingere il re su questa strada fu anche l’influenza della moglie, la principessa francese Enrichetta Maria, figlia di Enrico IV e sorella di Luigi XIII.
Carlo non fu un cattivo sovrano: cercò di rimettere ordine nella dissestata macchina amministrativa e di instaurare un pò di giustizia sociale, perseguendo con tenacia la pace ma non capì il suo Paese e le sue aspirazioni. Dovette convocare un quarto Parlamento, di nuovo scioglierlo perché gli teneva testa e accettarne un altro che fu soprannominato “lungo Parlamento”. Quest’ultimo rifiutò di sciogliersi, mise sotto processo il Primo Ministro Strafford e lo fece giustiziare senza il consenso del re.
Cromwell alla ribalta: l’inizio della guerra civile
Fu in questa occasione che Cromwell venne alla ribalta. Egli intimò una serie di riforme, fra cui il diritto del Parlamento ad opporsi e bocciare le nomine del Re alle cariche più alte dello Stato e la direzione dell’esercito. Irruppe nella Camera alla testa di trecento soldati per arrestare i riottosi. Costoro si erano già dileguati mentre i loro colleghi li raggiunsero in un altro edificio. Cromwell nel frattempo era tornato nelle sue terre per raccogliervi un esercito: stava scoppiando la guerra civile. All’inizio la guerra fu dalla parte del Re anche perché molti capi parlamentari erano divisi e inesperti in fatto di armi.
Quando però Cromwell impose la sua autorità di capo supremo rivelando sul campo delle sorprendenti doti militari, le sorti cambiarono. Si mise alla testa di un corpo di cavalleria che aveva personalmente addestrato con ferrea disciplina, i famosi Ironsides, e sconfisse clamorosamente le truppe del Re che si arrese dopo aver messo in salvo in Francia la moglie incinta e il figlio erede al trono.
Il Parlamento a questo punto si sentì alla mercè di Cromwell e dei suoi soldati e cominciò a negoziare con Carlo ormai prigioniero. In tutto il Paese gli estremisti stavano prendendo il sopravvento e Cromwell era nei loro confronti a dir poco ambiguo. Quando però il Re fuggì dalla sua prigione e reclutò alcuni soldati tra gli scozzesi, il Parlamento si affidò di nuovo a Cromwell il quale sconfisse nuovamente Carlo.
Fino ad allora Cromwell non aveva, forse, ancora accarezzato propositi dittatoriali ma quando il Parlamento ricominciò ad avere trattative segrete con il Re, Cromwell fece arrestare i parlamentari e in nome del popolo fece arrestare il Re con l’accusa di tradimento.
Il regicidio
Spaventati dall’idea del regicidio alcuni luogotenenti di Cromwell offrirono a Carlo la salvezza e il mantenimento del trono. In cambio il Re avrebbe dovuto accettare una forma di monarchia costituzionale, cioè soggetta ai voleri del Parlamento. Il Re con coraggio preferì il processo dimostrandosi poco lungimirante. Lo affrontò con molta dignità, dichiarando che quel Parlamento, dominato da un esercito, era meno libero e più oppressivo del trono. Era il 1649.
Condannato con l’accusa di tradimento, Carlo fu acclamato dalla folla al grido di “Dio salvi il Re”. Affrontò la morte con coraggio, porgendo la testa al boia, imperturbabile; quattro nobili, per salvarlo, offersero la propria vita ma il Re rifiutò. Un testimone oculare lasciò scritto: “Fra gli astanti si levò un grido di orrore quale mai avevo udito e quale mi auguro di non udire mai più.”
Il “regno” di Cromwell
Firmando la condanna a morte del sovrano, Cromwell aveva dichiarato:“ D’ora in poi l’Inghilterra sarà governata come Stato libero dai rappresentanti del popolo in nome del popolo”. In realtà’Inghilterra la governò lui. Non gli importava di non avere dalla sua il popolo, convinto come era, da buon calvinista, di avere Dio dalla sua parte e Dio veniva prima del popolo. In nome di Dio ripristinò l’ordine in Irlanda con massacri sommari; con lo stesso pugno soffocò la rivolta scozzese. Alla fine, stanco delle critiche e delle opposizioni che il Parlamento seguitava a fargli, lo fece chiudere e fece affiggere sulla porta questa scritta: "Da affittare” e da allora in poi, 1653, con il titolo di Protettore governò da monarca assoluto sempre in nome di Dio e del popolo.
Fu un desposta ma non un satrapo: predicava e praticava una severa morale puritana, vestendo con semplicità, mangiando poco e senza vizi; rifiutò il titolo di Re ma si riservò il diritto di nominare il proprio successore, designando in punto di morte, nel 1658, il figlio Riccardo. Riccardo era un uomo civile e cortese ma non aveva la stoffa e la capacità di tenere in ordine un Paese così profondamente diviso. Ebbe il buon senso di dimettersi e si ritirò in Francia sotto un altro nome; tornò in Inghilterra venti anni più tardi per morirvi.
Il ritorno degli Stuart
Nonostante una serie di colpi di Stato da parte di vecchi luogotenenti di Cromwell non si trovò nessuno in grado di sostituirlo. Alla fine uno di loro, interpretando il generale desiderio di pace, prese contatti con il figlio di Carlo I. Anche lui si chiamava Carlo ed era vissuto esule in Francia in dignitosa povertà ed era emigrato nelle Fiandre quando Mazzarino si era alleato con Cromwell.
A Carlo fu offerto il trono, che gli spettava per eredità, a patto di limitazioni costituzionali. Egli accettò senza muovere obiezioni e rientrò a Londra dove il popolo lo aspettava inginocchiato e mentre le campane suonavano a festa.
Carlo II
Il nuovo re Carlo II aveva capito il desiderio che aveva spinto l’Inghiterra a richiamarlo e vi si adeguò con saggezza. Quando salì al potere aveva trent’anni e vi rimase per venticinque anni. Raccomandò al Parlamento di avere indulgenza per i regicidi ma il Parlamento ubbidì fino ad un certo punto: dei firmatari della condanna a morte del padre Carlo I, quindici furono impiccati e squartati, mentre il cadavere di Cromwell fu riesumato e attaccato ad un gancio.
I problemi da risolvere in Inghilterra erano gravi: quando fu presentato il bilancio al re, il tesoro dello Stato ammontava ad undici sterline, mentre il debito pubblico superava i due milioni; anche per questo motivo Carlo II fu ben felice che a governare fossero gli altri e se ne lavò le mani.
Nelle sue vene scorreva, oltre il sangue scozzese degli Stuart, il sangue franco-italiano della madre, figlia di Enrico IV e di Maria de' Medici, e ciò faceva di lui non un vizioso ma un libertino : ebbe una miriade di amanti e figli naturali e seguitò ad averne anche dopo il matrimonio con Caterina di Brabante che non riuscì a dargli un erede. Curiosamente, malgrado il Parlamento avesse autorizzato il re a divorziare, questi non accettò: fedele alla moglie no ma al matrimonio si. Tuttavia alla sua spensierattezza misero fine i problemi sia interni che esterni del Paese: l’Inghilterra reclamava una politica più decisa nei confronti dell’Olanda che con le sue potenti flotte stava creando un impero transoceanico che faceva concorrenza a quello inglese. Mentre Carlo II stava cercando un compromesso, l’ammiraglio olandese De Ruyter entrò di sorpresa nel Tamigi distruggendo quasi tutta la flotta inglese. Il colpo per Carlo fu terribile, anche perché non avendo figli aveva dovuto designare come suo successore il fratello Giacomo che era cattolico. In questo modo il problema religioso tornò a riaccendersi.
Questi avvenimenti avevano profondamente segnato Carlo che affrontò però i seri problemi del Paese con un carattere che nessuno gli avrebbe mai accreditato. Lottò contro il Parlamento che si rifiutava di accettare la designazione di Giacomo come erede al trono, rischiando la vita tra congiure ed una nuova minaccia di una guerra civile e alla fine la sua tenacia fu premiata.
Sul letto di morte, nel 1685, Carlo II chiese un prete cattolico, rivelando quale fosse la sua vera fede. Spirò guardando al futuro senza illusioni.
Il regno di Giacomo II
Giacomo II aveva cinquant’anni quando salì al trono. Coraggioso ed onesto non era certo privo di qualità ma era disposto a rinunciare a quelli che riteneva i suoi impegni supremi: restaurare la religione cattolica e l’assolutismo. Quando i puritani insorsero, Giacomo inflisse loro un castigo che fece inorridire persino Luigi XIV e lo stesso papa Innocenzo XI. Ricominciarono in questo modo i problemi con il Parlamento che regolarmente bocciava i decreti reali.
Giacomo aveva come erede solo una figlia, Maria, sposata al calvinista Guglielmo d’Orange ma nel 1688 nacque finalmente il sospirato erede che fu subito battezzato con rito cattolico.
La rivolta contro Giacomo scoppiò perché i dissidenti invitarono Guglielmo ad invadere l’Inghilterra.
L’esercito con il quale Guglielmo sbarcò in Inghilterra era piccolo ma fu subito ingrossato dalle truppe che avevano disertato Giacomo II. Gugliemo d’Orange era un grande capitano e sconfisse a più riprese il suocerò che catturò ma fece subito dopo fuggire. Era proprio quello che voleva Guglielmo per screditare Giacomo agli occhi dell’Inghilterra ed evitare in quel modo qualsiasi compromesso. Giacomo II fuggì in Francia con il figlioletto che anni dopo avrebbe tentato di riportare in Inghilterra il regno degli Stuart.
Guglielmo d’Orange
Guglielmo fu un abilissimo soldato e un valente politico di fede calvinista ma non pretese di imporre all’Inghilterra il suo credo, cercando invece di arrivare ad un compromesso tra le tre diverse religioni in un Paese che non tollerava l’intolleranza. Si contentò di dirigere dietro le quinte il Parlamento senza mai cercare di prevaricarlo.
Privo di qualsiasi calore umano, per nulla seduttore era anzi alle volte gelido e spietato, parlava male l’inglese e non nascondeva il suo disprezzo per i suoi sudditi. Si servì senza nasconderlo dell’Inghilterra per aiutare l’Olanda a difendersi dalla Francia; per contro gli inglesi glielo consentirono perché la Francia era un pericolo comune.
Fu questa condivisione di interessi che legò Guglielmo, un re straniero, agli inglesi che pretesero un governo sempre più indipendente dalla corona. Guglielmo lo concesse in cambio di una politica estera antifrancese che sfociò nel 1689 nella sua adesione alla “Grande Alleanza” e alla sua partecipazione alla prima coalizione contro la successione dei Borbone al trono di Spagna.