L'antefatto
Nel 1700 muore senza eredi il re di Spagna Carlo II d'Asburgo e le monarchie europee danno il via ad una complessa attività diplomatica, contendendosi la successione. La posta in gioco è altissima: il controllo della Spagna e dei sui vasti possedimenti in Europa e nel Nuovo Mondo.
I più interessati al trono vacante sono Luigi XIV, che accampa diritti in quanto marito di Maria Teresa, sorellastra del defunto sovrano, e l'Imperatore Leopoldo I, che aveva invece sposato una sorella diretta di Carlo, Margherita Teresa.
Prima della sua morte, Carlo II aveva interpellato il pontefice su come regolarsi rispetto l'assenza di eredi diretti: la Chiesa di Roma, per evitare che con l'annessione dei territori spagnoli a quelli imperiali si ripetesse la pericolosa e ingestibile situazione che si era creata con Carlo V, suggerì di designare come erede Filippo di Borbone, nipote di Luigi XIV.
Un' alleanza inaccettabile
All'apertura del testamento di Carlo lo scoppio di un conflitto divenne inevitabile: gli Asburgo, che giudicavano illegittima e minacciosa la nuova alleanza franco-spagnola, si schierarono con l'Inghilterra, il Portogallo, la Danimarca e l'Olanda che avevano tutte interesse ad indebolire la Francia di Luigi XIV.
Il re Sole quasi impose al duca Vittorio Amedeo II l'alleanza dei Savoia con i franco-spagnoli, essendo il suo ducato in una posizione strategica di collegamento tra la Francia e la Milano spagnola.
Vittorio Amedeo temeva che in caso di vittoria sarebbe stato quasi impossibile mantenere il ducato indipendente dal potere di Luigi XIV e sostenuto dal cugino Eugenio di Sassonia-Carignano, generale delle truppe imperiali, si alleò con gli Asburgo siglando il trattato di Torino del 1703.
In cambio di questa “insubordinazione” al vicino francese, l'Imperatore promise ai Savoia l'annessione del Monferrato, parte della Lomellina e della Val Sesia, nonché le provincie di Vigevano e Novara.
Questa scelta rischiosa ma quantomai oculata costò al ducato le ire di Luigi XIV che convogliò tutta la sua potenza bellica contro il Piemonte e Torino in particolare.
Torino sotto assedio
Nel 1704 Luigi XIV aveva inviato le sue truppe nel ducato di Savoia per vendicare l'alleanza stretta da Vittorio Amedeo con l'impero. Stretto tra gli attacchi francesi da una parte e ispanico-milanesi dall'altra, le terre sabaude furono circondate: Susa, Chivasso, Ivrea e Nizza furono conquistate e la resistenza savoiarda si concentrò tutta nella cittadella fortificata di Torino.
La cittadella, edificata 150 anni prima dal duca Emanuele Filiberto, era attrezzata per poter resistere anche per lunghi periodi, essendo munita di un grande pozzo di acqua potabile e di numerose gallerie e cunicoli in cui nascondersi.
In città la popolazione si organizzò per resistere, razionando i viveri che arrivavano dalle cascine delle pianure torinesi fino a quando i francesi non intercettarono e bloccarono questi approvvigionamenti.
La situazione divenne allora molto dura per la popolazione civile e spesso fu necessario l'impiego della forza pubblica per mantenere l'ordine in città. Tuttavia i torinesi resistettero ancora per tutto il 1705 e parte del 1706, tempo in cui l'assenza di attacchi da parte dei francesi diede modo ai sabaudi di fortificare ulteriormente la cittadella.
Un cattivo presagio
Il 14 maggio 1706 ci fu un eclissi totale di sole, che fu interpretata come foriera di sconfitta per le armate di Luigi XIV, il cui simbolo del sole campeggiava ovunque.
Il duca Vittorio Amedeo aveva intanto lasciato Torino per guidare nel resto del Piemonte operazioni militari che avevano lo scopo di distogliere l'attenzione dei francesi ed alleggerire la pressione sulla cittadella, dove cominciava a scarseggiare cibo e polvere da sparo, nell'attesa dei rinforzi chiesti al cugino Eugenio.
I francesi, guidati da La Fuillade, pur disattendendo il progetto d'assedio messo a punto dal Maresciallo di Francia Vauban, seguirono i suoi insegnamenti sulla guerra sotterranea e tentarono più volte di penetrare nella cittadella tramite cunicoli e gallerie, ma sempre senza successo.
Memorabile fu l'episodio in cui uno di questi tentativi fu sventato da Pietro Micca, che rimase coinvolto nell'esplosione di una mina piazzata per arginare l'avanzata francese.
La battaglia
Quando il Principe Eugenio arrivò con le sue truppe e si ricongiunse al cugino, dopo esser salito sulla collina di Superga per avere la miglior visuale del campo di battaglia, mise a punto la strategia di sfondare l'ala destra francese impiegando le infallibili fanterie prussiane del principe Leopoldo I che aveva al suo seguito.
Intanto, tramite l'aiuto di Maria Bricca che era riuscita ad intercettare rifornimenti di munizioni ai francesi presso il castello di Pianezza, le truppe di Luigi XIV erano state costrette a razionare i colpi e a limitare l'uso dell'artiglieria.
L'attacco dei prussiani, iniziato alle 10:00 del 7 settembre 1706, ebbe dopo alcune incertezze esito positivo e tutti i tentativi seguenti di controffensiva francese furono respinti. All'ultimo attacco prese parte anche il duca Vittorio Amedeo, che mise in fuga i francesi. Molti soldati, allo sbando, si gettarono nel fiume Dora, annegando, altri corsero verso i fiumi di Po, ma furono incalzati e uccisi. In pochi sopravvissuti ripiegarono verso Pinerolo, per una successiva ritirata in suolo francese.
I due cugini reali entrarono trionfanti a Torino da Porta Palazzo, accolti dalla popolazione esultante, e fecero celebrare immediatamente un Te Deum di ringraziamento in Duomo.
La città di Torino, assediata per 117 giorni, era di nuovo libera.
Come ringraziamento alla Vergine Maria per la vittoria, Vittorio Amedeo II erigerà una imponenete basilica sul colle di Superga, commissionandone il progetto a Filippo Juvarra nel 1711.