Quadraturismo e spazio dipinto in età barocca
Scritto da alessio. Pubblicato in architettura barocca
Il termine quadraturismo, come “quadraturista” e “quadratura”, deriva probabilmente dall'espressione “lavoro di quadro” usata dal Vasari con riferimento a tutto ciò per cui “si adopera la squadra e le seste” e, a cominciare dal Seicento, con riferimento alla rappresentazione di elementi e spazi architettonici.
Sebbene la cosiddetta pittura di architettura abbia origini molto antiche - già ne troviamo esempi nella pittura romana - essa emerge come una vera e propria specializzazione durante i primi anni del Cinquecento, parallelamente allo sviluppo degli studi di prospettiva. Ma è nei primi decenni del Seicento che il quadraturismo si afferma come genere pittorico autonomo, che ha come oggetto la rappresentazione di finte architetture in prospettiva, allo scopo di superare e modificare i limiti dell’ambiente reale, ingannando l’occhio, “sfondando” pareti e moltiplicando illusionisticamente gli spazi. La nascita ed il repentino successo di questo genere pittorico, in cui pittura ed architettura interagiscono realizzando suggestivi effetti illusionistici,si spiega all’interno di un clima culturale, in cui il mondo viene percepito come apparenza e mutamento, ed in cui predomina un clima di edonismo, che porta alla ricerca del sorprendente e del meraviglioso.
A partire dagli inizi del Seicento si affermarono dunque artisti specializzati, chiamati “pittori di quadratura” o “pittori di architettura”, la cui formazione comprendeva, oltre le basi della pittura, anche la prospettiva e l’architettura.Essi operavano in collaborazione con i pittori di figura nella realizzazione di grandi cicli decorativi, in cui l'architettura dipinta fungeva da collegamento tra lo spazio dell’ambiente reale in cui si collocava, e quello immaginario nel quale si situava la scena figurativa.
Il quadraturismo si manifesterà a partire dagli inizi del Seicento con il contributo di artisti come i bolognesi Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli, ed in seguito con l’opera del gesuita Andrea Pozzo, per poi, attraverso apporti di ambito scenografico come quello sulla prospettiva per angolo dei Bibiena, proseguire fino alla fine del Settecento.
a destra: Angelo Michele Colonna, Agostino Mitelli, Sala dell’Udienza Privata, Firenze, palazzo Pitti, 1640
Bologna
Girolamo Curti, detto il Dentone (Bologna 1570-1631), può essere considerato come il primo grande maestro nell’arte della quadratura prospettica. Studiati i trattati del Vignola e del Serlio, Curti introdusse in pittura la quadratura prospettica rigorosa, facendo uso di metodi scientifici. L’artista ebbe numerosi collaboratori, tra i quali Angelo Michele Colonna (Cernobbio 1604–Bologna 1687), prima sua allievo, poi collaboratore privilegiato ed infine suo inseparabile amico fino alla morte. Dopo la morte di Curti, Colonna diede inizio ad una lunga collaborazione con Agostino Mitelli (Sasso Marconi 1609–Madrid 1660). Essi divennero i maggiori esponenti della quadratura in Italia, infatti le opere da loro realizzate diverranno i modelli, a cui i quadraturisti successivi guarderanno.
Sulla scia di questo successo, a Bologna si formerà una vera e propria scuola di quadratura, a cui appartennero importanti personalità, tra cui Mauro Aldovrandini, Marcantonio Chiarini, Stefano Orlandi, Gioacchino Pizzoli, Francesco e Luigi Quaini, Giuseppe Rolli.
L’interesse per le novità e per l’aggiornamento dell’ambiente artistico fiorentino al nuovo modo di fare pittura maturato in ambito emiliano portarono il granduca Ferdinando II a chiamare a Firenze, Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli per realizzare, tra il 1637 ed il 1641, la decorazione delle tre sale di rappresentanza del quartiere estivo di palazzo Pitti, oggi sede del Museo degli Argenti.
Sempre con Mitelli, Colonna lavorò nel palazzo degli Este a Sassuolo presso Modena, l'antico castello sassolese trasformato in "Delizia" estiva della corte estense per volontà di Francesco I d'Este, salito al potere nel 1629. Qui vediamo il Mitelli ed il Colonna riproporre un repertorio decorativo simile a quello di palazzo Pitti, in cui si conferma la lezione di Girolamo Curti, nella rappresentazione di un’architettura illusionistica che deve essere il più vicino possibile a quella reale, nel colore dei materiali, del finto marmo, dello stucco, delle dorature.
Firenze
Dalla metà del Seicento il quadraturismo assume un’importanza particolare e un’ampia diffusione anche in Toscana. Jacopo Chiavistelli (Firenze 1621-1698) fu la figura chiave di questo rinnovamento. Egli studiò e copiò le realizzazioni del Colonna e del Mitelli, portando a compimento le decorazioni degli ambienti terreni di palazzo Pitti, e dando avvio ad una vera propria scuola quadraturistica fiorentina. Rinaldo Botti (Firenze 1658-1740), allievo del Chiavistelli e Lorenzo del Moro(Firenze 1677-1735) riproporranno soluzioni di derivazione bolognese come per esempio nelle decorazioni del salone dipalazzo Incontri a Firenze con il tema del colonnato alle pareti, l’utilizzo di colori chiari a fingere i materiali dell’architettura reale, l’introduzione della finta statuaria negli intercolumni.
La committenza
Il quadraturismo ebbe grande successo non solo nelle corti di principi e granduchi., ma anche presso le famiglie dell’aristocrazia, le quali diedero avvio al rinnovamento dei loro palazzi cittadini, avvalendosi dell’opera degli stessi artisti. Il quadraturismo fu utilizzato anche nelle residenze di campagna delle famiglie nobili. Un esempio straordinario è la villa Bellavista a Borgo a Buggiano, in provincia di Pistoia, in cui è sopravvissuta fino ad oggi la decorazione, che investiva tutti gli ambienti dell’edificio. In opere di questa complessità, i lavori venivano realizzati da équipe di artisti, composte da architetti, pittori di figura, pittori di architettura, scultori e stuccatori, che spesso portavano avanti insieme collaborazioni in più cantieri.
Andrea Pozzo
Anche le congregazioni religiose furono determinanti per la diffusione del quadraturismo. Ne è un esempio l’ordine dei gesuiti, a cui apparteneva Andrea Pozzo(Trento 1642-Vienna 1709), architetto, colto teorico della prospettiva e di anamorfosi. Egli si forma a Milano con un indirizzo di illusionismo scenografico, che risulta evidente in quello che è considerato il suo capolavoro: la decorazione dell’interno della chiesa di Sant’Ignazio a Roma. Qui egli mette in luce la sua spettacolare abilità prospettica realizzando una serrata prospettiva architettonica, che sfonda la volta della navata e permette di inserire le figure entro una vertiginosa successione di piani fino alla gloria del santo, il quale è sospinto verso l’alto dei cieli attraverso un effetto a cannocchiale. Andrea Pozzo scrisse il celebre trattato Perspectiva Pictorum et Architectorum, pubblicato a Roma tra il 1693 ed il 1700, in due tomi, il cui splendido corredo iconografico fornì modelli per la pittura di architettura anche a livello internazionale, poiché il trattato fu tradotto nel giro di pochi decenni nelle più importanti lingue, tra cui la cinese.
Il Settecento e la dinastia dei Galli Bibiena
La quadratura si mantenne ben viva anche nel Settecento, periodo in cui si afferma la prestigiosa dinastia dei Galli Bibiena. I Bibiena si distinguono per un’attività incredibilmente feconda e celebratissima di architetti, scenografi e progettisti di apparati effimeri.
Con i Bibiena, e dunque sempre dall’Emilia, si avvia un processo di progressivo sovvertimento degli schemi barocchi. La tradizionale impostazione prospettica, che prevedeva un punto di fuga su un asse centrale, non appagava più l’immaginazione dello spettatore. A Ferdinando Bibiena (Bologna 1657–1743) spetta dunque l’invenzione della veduta per angolo, che sancisce il superamento dei consueti schemi compositivi ad asse centrale, ricorrendo ad un sistema, in cui al centro della parete o della scena è collocato un edificio per angolo, da cui partono rette che convergono verso fuochi prospettici esterni alla scena.
Ferdinando Bibiena insieme al fratello Francesco diressero per lungo tempo la scuola di Architettura, all’interno dell’Accademia Clementina di Bologna, tanto che il loro influsso ed i loro insegnamenti formarono generazioni di artisti. L’attenzione che Ferdinando Bibiena rivolge alla didattica orienta decisamente secondo modalità nuove ed originali il percorso degli studi, dotando gli studenti di nuovi strumenti di lavoro attraverso importanti opere quali L’Architettura Civile preparata su la Geometria e ridotta alle Prospettive, edita a Parma nel 1711 e la Direzione a’ Giovani Studenti nel Disegno dell’Architettura Civile, edita a Bologna 1725.
La veduta per angolo ebbe grande applicazione soprattutto in ambito scenografico, in cui i Bibiena si distinsero per il carattere sontuoso e fantasmagorico, per la fantasia esuberante, ma anche per il rigoroso impianto geometrico: atrii immensi, scale che si rincorrono e si perdono, colonne a coppie e a fasci, scaloni digradanti, carceri e segrete, porti e vascelli, giardini e fontane. Fra i teatri più famosi realizzati dai Bibiena spiccano l’Opernhaus di Bayreuth (1748), opera di Giuseppe, e il teatro scientifico di Mantova, costruito da Antonio, cui spetta anche il progetto del teatro comunale di Bologna.
Altri importanti centri del quadraturismo
In Veneto il quadraturismo vide la sua grande fioritura sulla scia di una tradizione locale che annovererà tra i suoi protagonisti nel Seicento, Giovanni Antonio Fumiani, e nel Settecento, Gerolamo Mengozzi Colonna, fedele collaboratore del Tiepolo.
A Genova furono attivi Angelo Michele Colonna, Agostino Mitelli e Andrea Seghizzi con il figurista Valerio Castello per la committenza dei Balbi. Una altro bolognese, Paolo Brozzi, collaborò con Giovan Battista Carlone e Domenico Piola per le dimore dei Balbi e degli Spinola e per numerosi edifici religiosi. Un filo continuo legherà Bologna con Genova nella grande decorazione dello spazio dipinto con l’opera di Gio Enrico Haffner, Antonio Haffner, Tommaso Aldovrandini e Francesco Costa.
Parma e Piacenza furono pure importanti centri del quadraturismo con la presenza di Ferdinando e Francesco Galli Bibiena e di Francesco e Giovan Battista Natali.
A Napoli, Viviano Codazzi in pieno Seicento dette l'avvio alla scuola locale, collaborando con quadrature estrose e di tecnica abilissima con Giovanni Lanfranco a Michelangelo Cerquozzi.
In Sicilia fino alla prima metà del Settecento furono in genere architetti locali a ideare e a realizzare scenari illusionistici, come per esempio Paolo Amato, Gaetano Lazzaro, Nicolò Troisi e Giovan Battista Cascione.
La diffusione in Europa
Grazie al contributo della scuola bolognese, il quadraturismo assunse i caratteri di un genere autonomo di pittura, dando vita ad un fenomeno di carattere internazionale, che promosse la circolazione di temi, soluzioni e artisti italiani in tutta Europa.
La volontà di dilatare illusionisticamente l'invaso architettonico verso una spazialità illimitata trovò larga adesione nell'Europa centrale, confortata dal gradimento dei monarchi e degli ordini religiosi committenti. Ne sono un esempio l’attività di Colonna e Mitelli nella prima metà del Seicento in Spagna alla corte di Filippo IV, o la feconda attività di Ferdinando Bibiena a Vienna e di Antonio Bibiena in Ungheria. Importante fu anche permanenza a Vienna di Andrea Pozzo durante gli ultimi sette anni della sua vita, che influenzerà l’intera Europa centrale. A divulgare il suo insegnamento contribuì di certo anche la fama del suo trattato Perspectiva pictorum et architectorum, pubblicato ad Augusta nel 1706 e nel 1719, con testo tedesco a fianco di quello latino.
Questo tipo di realizzazioni, che avevano anche funzioni celebrative di conferma del prestigio dei monarchi, o della verità della Chiesa cattolica, si diffusero ben presto in tutta Europa, in particolare in Spagna, Portogallo, Austria, Germania, Ungheria, Polonia, Malta e perfino in Brasile.
Il segreto di un grande successo
La straordinaria progettazione dell’inganno, in cui realtà e finzione si mescolano enfatizzati dalla luce e dal mutare del colore in rapporto al punto di osservazione, suscita nello spettatore grande stupore e meraviglia, insiti nella poetica del Barocco. Il successo della quadratura fu dovuto in gran parte anche alla sua economicità, poiché essa si avvaleva di materiali come l’intonaco a fingere elementi architettonici e statuari, che, se reali, avrebbero reso necessario una profusione di marmi e di materiali molto costosi. La quadratura inoltre garantiva un sicuro effetto di spettacolarità, sontuosità e fasto, tanto che per perfezionare sempre di più la tecnica prospettica vennero prodotti diversi trattati, tra cui, oltre alle già citate opere di Andrea Pozzo e Ferdinando Bibiena, il fondamentale testo di Giulio Troili, Paradossi per pratticare la prospettiva senza saperla, edito nel 1683 a Bologna.
Il quadraturismo godette di ampio consenso dagli inizi del Seicento fino a circa gli anni ’60 del Settecento quando si impone in campo architettonico e scenografico una nuova tendenza che rifiuta le soluzioni prospettiche più macchinose ed esasperate. Testimonianze del pensiero dell’epoca sono rintracciabili in Francesco Milizia, inventore del termine “barocco” e critico degli eccessi di tale movimento e in Francesco Algarotti, teorico del razionalismo settecentesco. Incomincerà infatti in questo periodo a imporsi un nuovo repertorio figurativo con citazioni esotiche e riferimenti archeologici, derivante dal rinnovato interesse per l’antichità classica, che andarono a costituire l’ultima importante stagione del quadraturismo.